Stefano Lorenzetto, il Giornale 13/7/2014, 13 luglio 2014
IL CLONE DELLA MERKEL (16 ANNI) CHE TRATTA DI PIL CON SCHAUBLE
La sua prima moneta della grande Germania – 2 marchi coniati nel 1935, il profilo del presidente Paul von Hindenburg sul recto e l’aquila sul verso – la tiene appesa al collo con una catenina, al posto della Madonna che un tempo da queste parti faceva bella mostra sul giugulo delle donne. Per parte mia ho commesso l’imprudenza di sfiorare con un dito uno dei tre euro d’argento che le sono stati donati personalmente da Jens Weidmann, presidente della Deutsche Bundesbank. Al che la «kleine Kanzlerin», la piccola cancelliera (così la chiamano i compagni di scuola) che fra le molte passioni coltiva pure quella della numismatica, ha lanciato un monito da Obersturmführer: «No, fermo! Si rovina! È fondo specchio!».
Guai toccare la Germania, e tutto ciò che è della Germania, a «Die kleine “Merkelina”», la piccola Merkelina, come l’ha definita il compassato Die Welt. Maria Zanchetta, 16 anni, studentessa vicentina divenuta famosa per aver avviato un singolarissimo rapporto epistolare con la cancelliera Angela Merkel, è talmente innamorata del suo idolo non solo da avere adottato la stessa acconciatura a caschetto («per la verità il carré corto con frangetta lo porto fin da bambina, segno che era già dentro di me»), e da essersi comprata le stesse sgargianti giacchine strette in vita indossate da Frau Panzer («ne ho di colore fucsia, viola, rosso, ma anche bianco, nero e grigio»), ma addirittura da iscriversi alla Csu, l’Unione cristiano-sociale bavarese alleata della Cdu merkeliana («ho presentato domanda nella sezione di Schwabing, la tessera mi costerà 62 euro l’anno»).
Tutto il resto è venuto di conseguenza, a cominciare dalla visita alla Bundeskanzleramtsgebäude, il Palazzo Chigi di Berlino, accompagnata da mamma e papà, avvenuta lo scorso anno su invito della cancelliera teutonica. In quell’occasione la giovanissima Maria ha avuto un approfondito scambio d’idee con il ferrigno ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble: «Nonostante l’attentato del 1990 lo abbia condannato per sempre alla sedia a rotelle, non si piange addosso. Abbiamo discusso della crisi di Cipro». In tedesco, naturalmente, lingua che Fräulein Zanchetta parla fluentemente, al pari di inglese, francese e spagnolo. Un mese fa, dal 16 al 18 giugno, è stata ospite a Francoforte anche del presidente della Banca centrale tedesca. Si sono chiusi nel suo ufficio per 20 minuti, loro due da soli, a discutere di riforma delle pensioni in Germania: «Prima i tedeschi lasciavano il lavoro a 67 anni. Adesso ne bastano 63 con 45 di contributi. Una legge dissennata che l’Spd ha preteso a tutti i costi, mi ha spiegato Weidmann. Angela Merkel è stata costretta a subirla. L’ha definita “un compromesso doloroso”. Sono d’accordo». Ovviamente.
Due anni fa pure il nostro capo dello Stato s’era accorto del talento di Maria, tanto da insignirla del titolo di alfiere della Repubblica, attestato d’onore che Giorgio Napolitano ha istituito nel 2010 per premiare i minori meritevoli.
La «kleine Kanzlerin» abita vicino a Bassano del Grappa, dov’è nata, nella frazione San Zeno del Comune di Cassola, in mezzo ai campi, e frequenta il liceo linguistico New Cambridge a Romano d’Ezzelino. È figlia unica. Il padre Michele fa il muratore, la mamma Elena la casalinga. Dalla facciata della casa rossa, sorvegliata dai sette nani che ornano i giardini di molte villette venete, pende uno striscione con i colori del Bayern Monaco, la foto del centrocampista Bastian Schweinsteiger e la scritta «Drittes Tor», terzo gol. Che non c’entra nulla con i Mondiali: «È stata una sorpresa dei miei genitori per l’uscita del mio terzo libro, L’avventura della mummia Ötzi». Eh sì, perché la ragazza prodigio è pure scrittrice e s’è già autopubblicata anche un giallo e un volume di poesie, in attesa di trovare un editore vero cui inviare un altro thriller che tiene chiuso nel cassetto.
In un angolo del soggiorno, Maria ha allestito un altarino laico per i suoi penati, allineando i ritratti con dedica che le hanno regalato non solo la Merkel, Schäuble e Weidmann, ma anche Ursula von der Leyen, la prima tedesca divenuta ministro della Difesa, e Horst Seehofer, leader della Csu e presidente della Baviera. Sul tavolo di cucina una copia di Die Welt è aperta sul paginone centrale con il poster della Merkel fotografata negli spogliatoi fra i sudatissimi calciatori della sua nazionale dopo il 4-0 di Germania-Portogallo a Salvador de Bahia. Mamma Elena funge da capo del protocollo e ogni tanto mi mostra le missive dalle intestazioni aquiline e artigliate indirizzate a «Schülerin Zanchetta», titolo riservato alle studentesse delle superiori, tutte precedute da un affettuoso «Liebe Maria», cara Maria.
Com’è iniziato questo rapporto?
«Ho scritto alla Merkel esprimendole ammirazione per il suo operato. Dopo 18 giorni mi ha mandato una sua foto autografata: “Per Maria Zanchetta, con saluti di cuore”. Lo scambio epistolare è continuato con una ventina di lettere».
Però non è riuscita a incontrarla.
«Da lei dipendono le sorti del più forte Paese d’Europa. Ha da guidare un governo e un partito. E deve pure curare il collegio elettorale Vorpommern-Rügen e Vorpommern-Greifswald. Le pare che abbia tempo da perdere con me?».
Napolitano, che di tempo da perdere ne ha, l’ha invitata al Quirinale.
«Gli avevo scritto una lettera un po’ polemica. Per tutta risposta il segretario generale della presidenza, Donato Marra, ha telefonato alla scuola che frequento, pregando di formalizzare una segnalazione per l’onorificenza di alfiere della Repubblica. Così nella festa del 2 giugno ho avuto la possibilità di essere ospite con mamma e papà nei giardini del Quirinale. C’erano anche Donatella Versace, Carla Fracci e Renato Balestra».
Mi sa che ho fatto bene a rifiutare la nomina a cavaliere della Repubblica.
«Perché l’ha rifiutata?».
Ho sempre criticato Napolitano.
«Questa è coerenza».
Di che ha parlato con re Giorgio?
«Del mio giallo All’ultimo istante, basato su elementi di egittologia e antropologia. E della Pioggia nel pineto di Gabriele D’Annunzio. Era presente Mario Monti, al quale ho esposto alcune critiche su rigore e crescita. Non mi ha risposto. S’è limitato a congedarmi dicendo: “Mi fa piacere averti come cittadina”».
Ma lei è innamorata della Germania o della Merkel?
«Della Germania e della Cdu-Csu, ma non dell’Spd, che vorrebbe il salario minimo. La signora Merkel è un esempio di servizio al bene comune. Le mancavano solo 5 parlamentari per avere la maggioranza assoluta. Poteva costituire un governo di minoranza, invece ha preferito sacrificare il suo interesse personale alla Große Koalition con l’Spd, pur di garantire stabilità al popolo tedesco».
La linea del rigore che ci ha imposto è sbagliata, ha impoverito l’Italia.
«Se la medicina che cura una malattia viene somministrata dal medico, si chiami Mario Monti o Enrico Letta, nel modo sbagliato, chiaro che il paziente muore. Dovevano berla per primi i politici».
Si fida del medico Matteo Renzi?
«Tante belle parole. Attendo i fatti».
Che cosa le piace della Germania?
«La serietà. I tedeschi non fanno mai promesse che non possono mantenere e rispettano sempre la parola data. La visita alla Bundesbank era fissata fin da febbraio, ma solo a giugno ho saputo che Weidmann voleva incontrarmi: aveva preferito non dirmelo prima per evitare di deludermi nel caso d’impegni improvvisi».
Invece in Italia?
«A parte Napolitano, ho scritto a presidenti del Consiglio, ministri e leader di partito. Ma l’unica che s’è degnata di rispondermi è stata Elisabetta Gardini, europarlamentare di Forza Italia».
Ho letto che ha un fidanzato tedesco.
«Albert, 17 anni. Studia al liceo. Ci siamo conosciuti all’Allianz Arena, lo stadio della sua città, Monaco di Baviera».
Certo che è andato a cercarselo ben distante.
«Ho amici anche a Cassola. Esad, per esempio. Viene dal Kosovo, ha 25 anni. Condividiamo la passione politica. Io ho trovato la mia patria ideale nella Germania, lui nell’Italia».
I crucchi stanno sulle scatole a tutti, lo sa?
«Sì, l’astio è tanto. Invece la Germania ama molto l’Italia, me l’ha confermato Weidmann. Noi pensiamo che la loro attuale prosperità i tedeschi l’abbiano rubata. No, se la sono sudata. Nel 2005, mica cent’anni fa, il presidente Horst Köhler fece un discorso drammatico alla nazione. Il Paese era sull’orlo del crac: finanza pubblica disastrata, disoccupazione altissima. Eppure ne sono usciti con la tenacia. Parliamo della riunificazione? Nel 1990 fra Est e Ovest c’era un dislivello abissale, che continuerà a produrre i suoi effetti fino al 2019, e oltre. Ciononostante la loro economia oggi è fortissima. In Italia un quarto di secolo fa la situazione era discreta. E guardi a che disastro ci hanno portato il malgoverno e gli sprechi».
Pensa che i tedeschi si fidino degl’italiani, dopo che nel 1943 li tradimmo?
«Per riscattarci vanno fatte le riforme».
Mentre lei si fida dei tedeschi.
«Ciecamente».
Sa che cosa sosteneva il filosofo Theodor Adorno dei propri compatrioti? I tedeschi sono coloro che non riescono a dire una bugia senza crederci.
«Capita anche a me».
Non è che sotto sotto in loro covi un po’ di nostalgia per il nazismo?
«No davvero. Nelle ultime elezioni europee l’Npd, che s’ispira al nazionalsocialismo, ha avuto un risultato da prefisso telefonico, 1,03 per cento, ed è riuscito a eleggere un solo parlamentare».
Ha mai visitato un lager nazista?
«Non ancora, ma voglio farlo. Vedere con i propri occhi aiuta a capire. Comunque il primo campo di concentramento, quello di Dachau, è ancora lì. I tedeschi non hanno nascosto il loro passato».
Ha imparato al liceo linguistico a parlare e scrivere in tedesco?
«No, per conto mio. È una lingua che mi ha conquistato per la sua musicalità fin da quando avevo 3 anni e mio nonno Elio, autista, mi portava dalla Germania i marchi di metallo. A 13 ho cominciato a prendere lezioni private».
A scuola come se la cava?
«Ho finito la seconda liceo con la media del 10 in pagella. L’unica materia da 8 era la ginnastica, perché a pallavolo sono una schiappa, ma l’ho tirata su fino al 10 con una ricerca sulle Olimpiadi».
È vero che nei compiti in classe non tollera che i compagni copino da lei?
«Verissimo. Non lo trovo giusto. Se vogliono, li aiuto prima. Ma non si truccano le carte, non si vive a spese degli altri».
Quante ore studia al giorno?
«Sei-sette. A letto all’1, sveglia alle 6.30».
E aiuta in casa?
«Certo. Mi rifaccio il letto, sparecchio la tavola, asciugo i piatti».
Quali idoli hanno le sue compagne?
«Miley Cyrus, Justin Bieber, gli One direction».
Cantanti.
«Vanno quasi tutte in discoteca. Il lunedì mi sembrano un po’ rintronate. Raccontano storie d’ogni tipo: nottate in bianco, sbornie, ragazzi...». (Interviene la mamma: «Non si sa se siano vere»).
Storie di sesso.
«Spero di no. Baci, amori da soap opera».
Lei ci va in discoteca?
«Mai. È un ambiente troppo caotico. Preferisco il bar, dove ho amici dai 15 ai 70 anni, tutti tifosi di calcio come me».
E a messa ci va?
«Quasi sempre. In un anno diciamo 40 domeniche su 52, perché capita che mio padre debba lavorare. Però ho scritto a monsignor Georg Gänswein, che mi ha fatto incontrare Papa Francesco durante un’udienza in piazza San Pietro».
Ma scrive proprio a tutti.
«Tiro molti rigori. Qualcuno entra».
Quanto le danno i suoi di paghetta?
«Niente. Sono già troppi i 3.500 euro di retta annua del liceo privato. Riesco a risparmiare le mance che mi allungano i nonni».
Le mette su un conto alla Deutsche bank?
«Su un libretto postale cointestato con i miei. Non pago la Tobin tax».
Quando il cellulare ha bisogno della ricarica come fa?
«Ce l’ho in comune con la mamma».
Se non spende, immagino che scarichi musica e film piratati dalla Rete.
«Assolutamente no. È reato».
Non ha l’impressione che i suoi coetanei vadano in una direzione opposta a quella che sta percorrendo lei?
«A volte sì, a volte no. Verrà anche per loro il tempo di crescere, di tirare fuori il talento, di concentrarsi sulla concretezza. Mi fanno arrabbiare quando mi dicono che in Italia, per combinare qualcosa, devi o avere i soldi, o la raccomandazione giusta, o essere “figlio di”. Non è vero, e io ne sono prova vivente. Basta la forza di volontà».
(710. Continua)