Pedro Armocida, Il Giornale 3/8/2014, 3 agosto 2014
DODICI ANNI SUL SRT PER CATTURARE TUTTA LA GIOVINEZZA
È il film che avrebbe fatto impazzire (d’invidia) François Truffaut perché l’avrebbe voluto dirigere lui. È il film che ti fa piangere al primo sguardo, solo con il trailer. È il film che racconta di tutti noi, della nostra età più decisiva, dunque è impossibile non immedesimarsi. È Boyhood di Richard Linklater. Che sta per «fanciullezza» e poi «adolescenza», insomma «giovinezza», quel periodo della vita così particolare dove tutto succede per la prima volta e su cui Truffaut, appunto, aveva costruito un ciclo di cinque film facendo interpretare allo stesso attore, Jean-Pierre Léaud, il personaggio lungo 20 anni di Antoine Doinel. Ma in questo senso Boyhood, uscito lo scorso 11 luglio negli Stati Uniti e atteso sui nostri schermi il 23 ottobre, è molto più radicale e unico. Richard Linklater, il regista di School of Rock ma anche della lunga trilogia iniziata con Prima dell’alba sulla coppia di amanti interpretata dagli attori Ethan Hawke e Julie Delpy, ha deciso di mettere in scena la vita di una famiglia riprendendola per 12 anni (come sarebbe dovuto essere il titolo originale prima dell’uscita di Dodici anni schiavo di Steve McQueen). Girato per brevi periodi - anche tre o quattro giorni - tra il 2002 e il 2013, Boyhood si sofferma sulla storia di Mason (interpretato da Ellar Coltrane), a partire da quando era un bambino di 6 anni che, assieme alla sorella Samantha (Lorelei Linklater, figlia del regista), vive un viaggio esistenziale, dall’infanzia all’età adulta, dal primo anno delle elementari fino all’ultimo anno delle superiori. Ecco i matrimoni che traballano con le nuove nozze dei genitori (il padre è interpretato da Ethan Hawke, attore feticcio del regista, e la mamma da Patricia Arquette), i conseguenti cambi di scuola, i primi amori con le altrettante delusioni sentimentali, la prima sbronza, e poi le gioie, i dolori. «Quando sono stato scelto a sei anni - ha spiegato l’attore Ellar Coltrane che a fine agosto ne compirà 20 - mi era davvero impossibile immaginare un progetto che sarebbe durato due volte la mia età. Solo diverso tempo dopo ho cominciato realmente a capire la vera essenza del film».
Un flusso di emozioni registrato in presa diretta sulla pelle degli stessi attori che hanno seguito per anni il sogno di un regista sempre alla ricerca dell’innovazione nel linguaggio cinematografico. «È stato un grande atto di fede verso il futuro - ha dichiarato Linklater nelle note di produzione - ma sono stato sempre attento a rimanere fedele all’idea originale del progetto».
Naturalmente il romanzo di formazione di un piccolo uomo che diventa un uomo grande ha anche un aspetto storico, così il film di 165 minuti, apprezzatissimo dalla critica, addirittura avvicinato sul Guardian al Giovane Holden di Salinger, riesce a raccontare, a partire da un gruppo di famiglia in un interno con tutti i suoi guai individuali e ordinari, la grande storia con l’intervento statunitense in Afghanistan oppure l’elezione di Obama. Decisiva anche la scelta delle musiche: «Di solito - dice il regista - includo nei miei film le canzoni che sono significative per me, ma in questo caso ho considerato quelle importanti per Mason. Per rispecchiare la cultura del momento ma anche per ottenere un effetto del tipo “quella canzone l’ho sentita alla radio in macchina quando mi ero appena lasciato con la mia ragazza e mi ha fatto pensare che sarebbe andato tutto bene”». È questo il caso di Hero dei Family of the Year mentre, dal 2000, risuonano i brani dei Weezer e dei Coldplay fino a oggi con gli Arcade Fire e i Daft Punk. Ma ci sono anche Cat Power, Bob Dylan, Wilco, The Black Keys insieme a una compilation dei componenti dei Beatles da solisti che il papà assembla per il compleanno del figlio, con il titolo The black album, insieme a una bellissima lettera sulla falsariga di quanto fatto nella realtà dall’attore Ethan Hawke per la figlia Maya. Perché, naturalmente, arte e vita in un progetto del genere si confondono - lo stesso Hawke ha divorziato durante le riprese - con una naturalezza nelle interpretazioni che, dice l’attore, «Stanislavskij si sarebbe esaltato».
Vintage come la vita stessa, come il 35 mm che il regista ha deciso di utilizzare e che oggi è scomparso, Boyhood è la metafora del futuro che non puoi conoscere. Come quando alla fine del film Mason, al suo primo giorno di college, si dirige da solo verso le montagne. «In quel momento il sole stava tramontando e c’era un’atmosfera incredibile» - ricorda Linklater - «è stata la scena finale di un’esperienza durata 12 anni, una sensazione indescrivibile e irripetibile».