Marco Missiroli, Corriere della Sera - La Lettura 3/8/2014, 3 agosto 2014
QUEL TEMPO PERDUTO A LEGGERE PROUST PER CERCARE DI FARE COLPO SULLE RAGAZZE
La colpa fu di Roberto Martinelli, il mio compagno di università a Bologna, che il primo anno di corsi girava con uno dei Proust della Recherche nello zaino come antidoto all’ignoranza. Dopo nove mesi il segnalibro era ancora a pagina 26 e la copertina un cencio. Passata l’estate lo sostituì con il secondo volume, lo tirava fuori prima delle lezioni e lo sfogliava tutto concentrato, se c’era qualche ragazza si metteva a sottolinearlo con righello e matita. «Di cosa parla stavolta?», chiedevo. Martinelli alzava un sopracciglio: «Della memoria e cose così». Poi successe il fattaccio, si fidanzò con quella delle ultime file, una morettina di San Giovanni in Persiceto che piaceva a tutti noi e che tutti noi ritenevamo troppo per chiunque. Così andai alla Feltrinelli e chiesi il libro che credevo avrebbe risolto i miei crucci di incontinente amoroso. All’epoca avevo letto Il teatro di Sabbath di Philip Roth e qualche altro romanzo perentorio, quando il libraio mi portò la Recherche capii che ci sarebbe voluta l’impresa. Arrivai a casa e cominciai a leggere Dalla parte di Swann , mi fermai a pagina 20 per incomprensione e terrore. Ecco, fu questo: la paura di sentirmi inferiore a Martinelli, a chiunque giurasse che il segreto del mondo era in quei sette volumi, alle ragazze che non mi avrebbero voluto per ignoranza proustiana. Qui cominciò la sfida che mi porto ancora dietro. Per dodici anni, il massimo risultato sono stati metà di Swann, qualche assaggio degli altri, tutto Albertine scomparsa . Anche dopo che iniziai a pubblicare romanzi ebbi la tentazione di farlo, non di leggerli, ma di barare. Di dire: sì, l’ho letto, è un’opera fondamentale che cambia la percezione umana, che ti fa scoprire la memoria del tempo perduto. Invece fu la noia, e soltanto tempo perduto.