Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 3/8/2014, 3 agosto 2014
SE LA GIUSTIZIA (LENTA) CANCELLA UNA FABBRICA
«Siete troppo lenti. Andiamo a mettere i nostri soldi da un’altra parte. Addio». La lettera della Alps South Llc è una coltellata per tutti quelli che amano questo Paese. La multinazionale americana ce l’ha soprattutto con la giustizia civile: in caso di furto di brevetti e tecnologie dovrebbe rassegnarsi a processi che durano anni e anni? No, grazie. Le 400 assunzioni previste, ossigeno per l’asmatica economia italiana, le farà altrove. La sberla al nostro pachidermico sistema di regole burocratiche, amministrative e giudiziarie non colpisce Vibo Valentia, Caserta, Trapani o qualche realtà del Sud più profondo, sgangherato e disperato. La sberla prende in faccia quel Nordest che anni fa si era illuso di poter essere una delle regioni di punta europee.
La sberla fa ancora più male perché schiocca sulla guancia della pedemontana vicentina, che del Veneto era e resta una delle aree produttive più vivaci. A Bassano del Grappa.
È qui che la «Alps South», la quale ha sede a St. Petersburg, in Florida, e possiede più di cinquanta brevetti in particolare nei prodotti in gel per la medicina, aveva in mente di aprire uno stabilimento e assumere, come dicevamo, quattrocento tecnici, operai, magazzinieri, funzionari. Spiega una amareggiata nota di Confindustria Vicenza, la terza d’Italia per numero di addetti, che loro e il Comune di Bassano avevano «fatto sistema per presentare all’investitore straniero le opportunità e i punti di forza del territorio vicentino e nordestino, con l’obiettivo di favorire una valutazione positiva di insediamento da parte di un gruppo industriale Usa con filiali in tutto il mondo». Ma «anche se il “sistema territorio” si muove unito e mostra le sue carte migliori» (nel primo trimestre di quest’anno +2,3% nella produzione e +4,2% nell’export extraeuropeo), tutti gli sforzi sono stati «resi vani da un’analisi che penalizza l’Italia per le sue inefficienze e inaffidabilità».
Perché? L’azienda risponde con una lettera che dovrebbe essere letta riga per riga da tutti coloro che hanno responsabilità di governo. E che dovrebbero arrossire di imbarazzo: «Pur consapevoli delle criticità legate alla fiscalità a carico delle aziende e alle lungaggini burocratiche, abbiamo ritenuto che valesse la pena valutare il Veneto (peraltro unica regione italiana che abbiamo preso in considerazione). Bassano del Grappa aveva il potenziale di rispondere positivamente alle caratteristiche elencate...».
Avevano preso in considerazione tutto: «qualità del bacino dei lavoratori, qualità delle scuole non solo delle università ma anche delle scuole superiori tecniche», «flessibilità dei contratti di affitto e facilità di espansione dello stabilimento», «stipendi e flessibilità dell’orario lavorativo», «energia elettrica, affitto capannone industriale, agevolazioni ed incentivi locali, regionali, nazionali, europei». Ma soprattutto il tema delle litanie burocratiche e della «tutela della proprietà intellettuale e del know-how aziendale».
Ed è lì che è andata a schiantarsi la prospettiva di investire nel Bassanese: «Abbiamo avuto conferma di quanto lungo e complicato possa essere l’iter per la costruzione e realizzazione dello stabilimento ex novo». Peggio: «Il fatto che non ci siano strumenti efficaci per evitare che un dipendente vada a lavorare per un concorrente portando con sé il know-how aziendale rende prioritario per l’azienda potersi tutelare in modo rapido nel caso in cui il concorrente utilizzi tali informazioni. I lunghi tempi della giustizia italiana non danno la garanzia di poterci proteggere in tal senso».
La prova? «Alps South» tira in ballo l’ultimo rapporto doingbusiness.org. Dove nella classifica dei Paesi dove la giustizia meglio tutela le imprese, l’Italia è al 103º posto al mondo: ci surclassano non solo tutti ma proprio tutti i paesi più importanti ma perfino la Grecia o l’Ecuador, il Portorico o il Paraguay. Ovvio, la soluzione di una controversia si porta via mediamente 1.185 giorni: molto più del doppio dei 467 della Gran Bretagna, il triplo dei 394 della Germania e dei 395 della Francia, il quadruplo dei 280 della Norvegia. Per non dire dei costi della causa giudiziaria (avvocati, pratiche, spese processuali...) in rapporto alla somma da recuperare: in Lussemburgo è il 9,7%, in Germania il 14,4%, in Francia il 17,4%, da noi il 23%. Insomma: fare causa a un socio disonesto o a un dipendente infedele e traditore può comportare, in Italia, spese e tempi infiniti. Che gli stranieri, potendo scegliere, non hanno alcuna voglia di affrontare: «I nostri consulenti legali», spiega la multinazionale Usa che ha scartato Bassano, «stanno facendo ricerche su quali sono i Paesi in cui il know-how aziendale è protetto maggiormente».
«Quello della lentezza della giustizia e della mancanza di certezza del diritto è il problema numero uno in Italia e fa sì che le aziende straniere si tengano lontane dal nostro paese. Perdiamo occasioni di crescita, di occupazione e di sviluppo», accusa il presidente degli industriali vicentini, Giuseppe Zigliotto. «Paghiamo l’inefficienza, la lentezza, la complicazione sempre crescente. Troppe cose in Italia finiscono negli ingranaggi della giustizia, buona parte delle controversie potrebbero essere risolte benissimo ad altri livelli, nelle Camere di Commercio ad esempio. Troppe questioni improprie intasano i Tribunali».
«È colpa anche della soppressione del tribunale di Bassano che dopo l’accorpamento con Vicenza ha provocato un ulteriore rallentamento», denuncia Giovanni Cunico, assessore bassanese alle attività economiche. Vero? Falso? Certo la bocciatura è stata presa malissimo: se dall’estero non investono neanche in Veneto...
«Ci sono 1.400 miliardi di dollari che ogni anno volano sul mondo per investimenti diretti esteri in cerca di un luogo su cui atterrare», ha spiegato tempo fa la presidenza del comitato investitori esteri di Confindustria. E quanti ne arrivano in Italia, il secondo Paese manifatturiero europeo? Lo 0,6%. Che sia anche perché la Giustizia fa aspettare fino a 22 anni un fallimento mentre si attarda in processi come quello durato sei anni a Bruna Teresa Meitre, una contadina piemontese di 74 anni, assolta in appello dall’accusa di aver rubato a una vicina «una zappa con un dente mancante»?