Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 3/8/2014, 3 agosto 2014
FALSE RESIDENZE E PARADISI FISCALI, LA MAPPA DELL’EVASIONE LA FINANZA SCOPRE 3,8 MILIARDI
ROMA — Vanno alle Isole Vergini e alle Bermuda, ma passano anche per l’Olanda e il Delaware. Ovunque, pur di non pagare. È inarrestabile il flusso di capitali occultati all’estero che ha fatto scattare l’entità dell’evasione a livelli impressionanti: un miliardo e 400 milioni di tasse non pagate in appena diciotto mesi. Soldi nascosti al Fisco attraverso operazioni di «esterovestizione» grazie al trasferimento di residenze e sedi di società in quei «paradisi» europei e sudamericani ormai diventati mete preferite di piccoli imprenditori e liberi professionisti. È l’ultima frontiera di chi tenta di sottrarsi ai controlli, ma non è l’unica. Altro versante «caldo» è quelle delle operazioni immobiliari e delle ristrutturazioni che ha consentito di accertare un mancato versamento delle imposte pari a quasi 700 milioni di euro. Sommato alle altre verifiche «mirate» compiute dagli specialisti della Guardia di Finanza dal primo gennaio 2013 al 30 giugno scorso si tocca la cifra record di 3 miliardi e 800 milioni di euro già contestati dall’Agenzia delle Entrate. Un «buco» nei conti dello Stato che si sta cercando di sanare anche tenendo conto che la correzione complessiva dei conti sul 2015 dovrebbe essere di circa 16 miliardi tra tagli di spesa e recupero dei soldi non versati dai contribuenti. Ci sono già state 270 proposte di sequestro di beni per un totale di 700 milioni di euro. Il rapporto delle Fiamme Gialle elenca sistemi e luoghi dove finiscono i fondi evidenziando i metodi apparentemente semplici utilizzati da 1.900 evasori totali e altre migliaia di cittadini che hanno versato soltanto una minima quota dei propri guadagni.
Residenze all’estero
e «treaty shopping»
Sono 19 i progetti di interventi mirati effettuati nell’ultimo anno e mezzo dai finanzieri per combattere l’evasione fiscale, seguendo la direttiva del comandante generale Saverio Capolupo che impone «un’analisi di rischio basata sull’incrocio delle informazioni nelle banche dati all’attività di intelligence svolta sul territorio». Il risultato ha fatto concentrare le verifiche del Nucleo Speciale Entrate sulle operazioni effettuate all’estero. «Il progetto “Planet” — è scritto nel dossier — esamina in particolare i principali sistemi di evasione». Sono sei i metodi utilizzati: «L’”esterovestizione” della residenza fiscale di persone fisiche oppure delle società; la stabile organizzazione occulta di tipo personale e materiale; il cosiddetto treaty shopping con l’abuso delle agevolazioni previste dalle direttive comunitarie; gli acquisti effettuati presso operatori situati in Paesi o territori a fiscalità privilegiata; la delocalizzazione dei redditi in Paesi a fiscalità privilegiata attraverso società collegate o controllate; l’utilizzo dei “trust”».
Vergini e Bermuda
passando per l’Olanda
Mete preferite per le operazioni di «esterovestizione» e la stabile organizzazione sono il Lussemburgo e Olanda; stesse destinazioni vengono scelte per chi effettua il treaty shopping , anche se le Isole Bermuda e le Isole Vergini britanniche, sono risultati gli Stati dove è stato rintracciato il maggior numero di «azionisti di riferimento e quindi destinatari ultimi dei flussi di passive income ». Nell’elenco dei finanzieri un posto di rilievo lo occupano anche il Delaware e il Costa Rica dove sono state scoperte numerose operazioni illegali. «Numerosi cittadini italiani — sottolinea il rapporto — si sono cancellati dall’anagrafe della popolazione residente in Italia per emigrare in Paesi a fiscalità privilegiata. In realtà avevano mantenuto la titolarità della partita Iva, la rappresentanza legale di società aventi sede in Italia, la presenza del nucleo familiare e la disponibilità di immobili e utenze» e ciò ha consentito di far scattare la denuncia per il recupero delle tasse non pagate. Accertamento simile è scattato nei confronti di quelle società che risultavano «non residenti» ma in realtà «controllavano oppure erano controllate da società italiane; erano amministrate da un Cda composto in prevalenza da consiglieri residenti in Italia».
Grandi marchi
e piccole imprese
Tra le imprese finite sotto osservazione e poi segnalate all’Agenzia, c’è chi ha «fittiziamente localizzato la residenza fiscale di alcune società all’estero e poi rimpatriate in Italia». Altri metodi sono quello del transfer pricing, il trasferimento di beni e servizi tra imprese di uno stesso Gruppo residenti in Stati diversi, oppure «gli interessi corrisposti, in regime di esenzione, ad una consociata comunitaria ma con un beneficiario che in realtà era localizzato in un paradiso fiscale». Sono metodi applicati in passato da grandi marchi ma l’attività svolta dalla Guardia di Finanza dimostra come lo stesso sistema sia stato utilizzato da centinaia di imprese più piccole con effetti gravi per l’economia italiana: 103 sono gli evasori totali individuati in un anno e mezzo, per un’elusione fiscale che sfiora il miliardo e mezzo di euro. Molti hanno effettuato operazioni illecite all’interno dell’Unione Europea utilizzando due sistemi che portano a società residenti in uno Stato membro con fiscalità agevolata. Il primo prevede «il versamento dei dividendi a società controllanti che sono all’estero», il secondo passa invece per il «pagamento degli interessi e dei canoni a consociate sempre che abbiano la sede fuori dall’Italia».
Case comprate e
ristrutturate «in nero»
Un intero capitolo del rapporto è dedicato al «settore delle compravendite immobiliari, delle connesse intermediazioni nonché delle ristrutturazioni e riqualificazioni energetiche del patrimonio edilizio». L’indagine si è concentrata sia sugli acquisti compiuti dai titolari di partita Iva, sia sui bonifici bancari e postali effettuati dai committenti. I risultati «confrontati con le risultanze delle dichiarazioni all’Anagrafe Tributaria, hanno fatto emergere attività d’impresa totalmente sconosciute al Fisco e altre che hanno dichiarato redditi inferiori al reale». Sono 1.304 gli evasori totali, cioè che non hanno versato neanche un euro di tasse pur avendo effettuato decine di interventi. Tra loro anche numerosi mediatori immobiliari che hanno percepito «in nero» il compenso per la trattativa tra acquirente e venditore. E poi ci sono coloro che hanno dichiarato cifre molto più basse di quelle realmente spese per acquisire appartamenti, ville, interi stabili o terreni. Ma soprattutto hanno denunciato soltanto una minima parte degli importi versati per i lavori di ammodernamento. All’opposto c’è chi ha dichiarato costi superiori a quelli effettivamente sostenuti per ottenere gli sgravi fiscali previsti per utilizza materiali poco inquinanti o comunque energie alternative. In totale è stata accertata un’evasione da 615 milioni di euro in appena diciotto mesi e sono già scattati sequestri di beni per 181 milioni di euro. Il caso più eclatante citato nel dossier è quello di una società con sede in Lombardia «evasore totale» nonostante «abbia ceduto e locato vari immobili per un giro d’affari di svariati milioni di euro, è risultata amministrata di fatto da un prestanome peraltro già sottoposto a misura restrittiva per reati di criminalità organizzata, ed è emigrata successivamente nel Regno Unito». La contestazione riguarda 15 milioni di euro di ricavi e quasi 2 milioni di euro di evasione dell’Imposta sul valore aggiunto.