Leonardo Iannacci, Libero 2/8/2014, 2 agosto 2014
«IO, VASCO, KEITH RICHARDS E LE MIE LITI COI PINK FLOYD»
[Intervista a Patty Pravo] –
Mette le mani avanti: «C’è un aereo che sta rullando e avrei un po’ fretta». È tutta la vita che Nicoletta Strambelli ha fretta. Fretta di ghermire il presente e il futuro, di fuggire via dalle convenzioni, di essere libera. Studia l’interlocutore, si accende una sigaretta e poi decide che fare. L’aereo la attende vero ma noi cerchiamo di prolungare la cosa, di rendere intrigante l’incontro e, alla fine, lei ci sta al gioco. Perché a questa ragazzina di 66 anni il gioco piace, eccome. Patty Pravo, da Venezia, è un’artista e una donna unica ed è vero che, con lei, non ci si annoia mai. L’aereo rulla, vero. Ma lei lo fa attendere.
Signorina Strambelli...
«Alt, stop, iniziamo male... Dammi del tu e chiamami Patty».
Ok, Patty: la vita inizia a 66 anni. Un’immonda sciocchezze?
«Ma no. Mi sento davvero la stessa di 50 anni fa. Pensare che nel 2016 festeggerò il mezzo secolo di carriera mi fa sorridere».
L’età non passa per davvero?
«Un corpo giovane è meglio di un corpo segnato dalle rughe e dalle ferite della vita. Ma io non ne ho poi molte. Gli anni che passano non mi turbano affatto».
E l’amore come va?
«Diciamo che sto cercando un porto giusto dove attraccare la mia nave, ah ah».
Lei vanta molte storie d’amore (con Riccardo Fogli quella epocale) e un soprannome che arriva direttamente da un verso della Divina Commedia dantesca («guai a voi anime prave»). Come dire, non ci siamo fatti mancare nulla.
«Non doveva darmi del “tu”? Boh... Con gli amori finiti consiglio di mantenere un’amicizia speciale. Chi ti conosce meglio di loro? Pravo, invece, nacque al Piper, stavamo leggiucchiando la Divina Commedia e il nome fu un omaggio al Poeta, non fu puro snobismo».
Dei suoi vizi si è detto molto.
«Ah, vizi e virtù... In realtà mi sono fatta sempre molte risate. Meno quando mi hanno trovato un po’ di erba e mi sono fatta tre giorni di isolamento a Rebibbia».
Come la prese?
«Che dovevo fare? Ho cantato Ragazzo triste per le altre detenute, poi sono tornata a casa».
L’hanno demonizzata spesso: Patty, la cantante tutta droga, sesso e Piper. La sacerdotessa del proibito... Non le ha mai dato fastidio questo cliché?
«E perché mai? La libertà è anche questo. Negli anni ‘80 feci un servizio nuda su Playboy e mi divertii molto. Mi chiedevo, però: che simbolo sexy posso essere con quelle tettine?».
Storica una sequenza nella Rai anni ‘70 con Patty Pravo praticamente in topless e un imbarazzato Pippo Baudo che la copre con una giacca...
«Altri tempi. Non ho mai portato il reggiseno e in quell’occasione mostrai i capezzoli all’Italia che stava entrando negli anni anni di piombo. Beh, che male c’era?».
A proposito di anni di piombo, ci racconta di quel giorno in via Caetani?
«Era il 9 maggio 1978. Stavo portando in studio il provino di una canzone che ho poi riesumato qualche tempo fa, si intitola Miss Italia. Passai in auto vicino a via Caetani dove c’era un casino terribile, tutto bloccato: polizia, fotografi, curiosi... Io non avevo capito assolutamente quello che stava succedendo. Pensavo soltanto alla mia canzone, i discografici non volevano inserirla nell’album. Avevano trovato il corpo di Aldo Moro».
Oggi ha ancora voglia di incidere dischi?
«Una voglia pazza! Sto registrando tra l’Italia e Los Angeles un album fantastico. Incido tra un concerto e l’altro visto che la mia tournée sembra quella di Bob Dylan, infinita. Ho un pezzo da paura che ha scritto Giuliano Sangiorgi. E poi sto vagliando canzoni della Nannini, di Tiziano Ferro, di Curreri e di Vasco».
Vasco chi è? Un fratello? Un amico? Un confidente?
«Lui mi dice sempre: Patty, tu sei la mia versione al femminile».
Vasco e Curreri le hanno allungato la carriera quando scrissero ... e dimmi che non vuoi morire?
«Mi hanno regalato una grande canzone. Anzi due: La luna è altrettanto profonda, emozionale. La registrai con Vasco a Bologna e lui incise nel disco la parola “bellezza” con la esse giusta perché io, da veneziana, non riuscivo a cantarla con la esse emiliana».
Vero che era amica di “festini” dei Rolling Stones?
«La verità è assai più semplice: ero amica intima di una delle fidanzate di Keith Richards e, per questo, li frequentavo. Conobbi gli Stones nel 1966 a casa di Mario Schifano. Erano ancora un po’ timidoni. Poi pubblicarono Satisfatcion e tutto cambiò».
Tra Richards e Jagger, quello genuino è il primo?
«Keith è fantastico. Lo adoro. Mi hanno detto che la sua autobiografia è spaziale, dice cose divertentissime di Jagger: la devo leggere».
E Mick Jagger? L’uomo che ha amato 7000 donne?
«Una primadonna molto attaccata al denaro».
Una come lei non poteva frequentare i Beatles: troppo bravi ragazzi?
«Tanto bravi ragazzi non erano neppure loro, eh... Vi svelo un fatto: nel 1968 venni contatta da McCartney e Lennon per essere messa sotto contratto dalla loro casa di produzione, la Apple. Avevo altri impegni e declinai, chiedendomi però: non faccio la più grande cazzata della mia vita? Beh, due anni dopo la Apple chiuse i battenti».
La vacanza che ha amato di più?
«In Cina. Ci sono stata mesi. E poi quella nel deserto del Sinai. Ma questa è roba privata. Se la racconto mi toglie le emozioni del ricordo».
La soddisfazione più grande da artista?
«Quando la rivista Rolling Stone Usa inserì l’album Patty Pravo tra i 100 dischi più importanti di sempre».
Visti da vicino: partiamo da Adriano Celentano.
«La più bella voce maschile in assoluto».
Luigi Tenco.
«Era mio amico. Tenero ma scuro e tormentato. Impossibile giudicare il suo gesto».
Caetano Veloso.
«Con lui ho cantato un duetto fantastico: Samba preludio. Ma di Vinicius mi ricordo un fatto curioso: comprai una casa a Bahia, in Brasile.
Ma non ci andavo mai, quasi mi scordai di averla. Un bel giorno me la espropriarono perché non mi recai mai in Brasile. Tutte le volte che incontro Vinicius me lo ricorda. Gli rispondo: pazienza, un’altra delle mie case sparita nel nulla».
Loredana Bertè.
«Mi divertì quando disse: “Patty, con Ragazzo Triste hai consegnato le chiavi di casa ai giovani”».
Mina. Di lei sentenziò una volta: «Ritirandosi dalle scene, mi ha tradito e deluso».
«No. Fui capita male dai giornalisti... Mi deluse il fatto che non avrei più sentito la sua voce dal vivo. È una grande donna».
A 66 anni non le suona stonato essere ancora definita «la ragazza del Piper»?
«La mia storia è nata lì, tra le mure di quel tempio».
Oggi sembra un locale come tanti altri...
«Eh no. Negli anni ‘60 era magico: alle pareti c’erano dipinti di Andy Warhol e Schifano. E alla sera potevi imbatterti nei Pink Floyd. Con loro ricordo una litigata furibonda».
Prego, racconti...
«Erano grandi musicisti ma gente strana. Con Beppe Farnetti, dj del Piper, inventammo piastrine che, messe davanti a un proiettore, creavano colori psichedelici. Loro cominciarono a urlare dicendo che avevamo copiato le loro luci psichedeliche».
La Bambola ha venduto 40 milioni di copie: ma in concerto, non è un po’ stanca di cantarla?
«No. Anche perché cambio arrangiamento e interpretazione. Sul palco si diventa più belli e fantasiosi. E se la gente vuole i miei classici, perché negarglieli?».