Mario Sensini, Corriere della Sera 2/8/2014, 2 agosto 2014
TUTTO PIÙ DIFFICILE CON LA MINI CRESCITA I TAGLI E LA RICERCA DI 3,5 MILIARDI
ROMA — Retromarcia. Le norme sul pensionamento degli insegnanti in deroga alla legge Fornero (quota 96), molto probabilmente, salteranno. Oppure bisognerà studiare qualche altro taglio di spesa per finanziare le uscite dei 4 mila docenti rimasti in bilico tra il vecchio ed il nuovo regime. In ogni caso, così com’è stata approvata dalla Camera, benché il testo sia stato messo a punto dal governo e votato con la fiducia, quella norma nel decreto sulla Pubblica amministrazione non va bene. Costa soldi che non ci sono, e dopo lo sfogo del Commissario alla revisione della spesa, Carlo Cottarelli, che si scervella sui tagli mentre il conto aumenta, e i «no» della Ragioneria, il governo ha deciso di metterci una toppa. Si modificheranno le norme o le coperture e il decreto tornerà alla Camera per una terza lettura, sfidando i tempi per la conversione (23 agosto).
Il problema è che l’economia non riparte, il bilancio pubblico non ha margini, e trovare le risorse per i grandi progetti di rilancio immaginati appena qualche settimana fa si sta rivelando più difficile del previsto. «Non c’è nessuna stangata in arrivo» assicura il premier Matteo Renzi, anche se ammette che «la crescita non sta dando i risultati attesi».
Mercoledì prossimo arriveranno i dati dell’Istat sul prodotto interno lordo e dopo tanti segni meno, l’ultimo nel primo trimestre di quest’anno (-0,1%), si aspettava un rimbalzino. Un paio di decimali, ma forse non ci saranno neanche quelli. Renzi sembra mettere le mani avanti. «Anche se fosse qualcosa in meno, o in più, non cambia: dobbiamo impegnarci al massimo per il rilancio dell’economia» dice mentre presenta il piano «sblocca Italia».
Il rilancio dell’edilizia, lo snellimento delle procedure per gli investimenti, la conferma dell’ecobonus sulle ristrutturazioni, che in gran parte si ripaga da sé, tutte misure a costo zero. «Una grande leva di sviluppo, che potrà produrre risultati anche prima del previsto, ma senza uso addizionale di risorse pubbliche» dice il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, quasi a sottolineare che di più, in questo momento, non si può fare.
La prudenza torna parola d’obbligo. Entro due o tre settimane la legge di Stabilità del 2015 dovrà essere definita nelle sue linee essenziali, ed al momento i margini di manovra sono strettissimi, tanto che il governo non se la sente di garantire l’estensione del bonus di 80 euro al mese, oggi limitato ai lavoratori dipendenti a basso reddito, agli incapienti, ai pensionati e alle partite Iva. «Ci proveremo» si limita a dire Renzi, che non nasconde qualche problema anche sul fronte dei tagli di spesa, confermando i 15 miliardi previsti dalla spending review per il 2015, ma glissando sui 3,5 messi in bilancio quest’anno, ed evitando ogni polemica con il Commissario.
I segnali sull’economia reale, per giunta, rimangono contrastanti. La fiducia delle imprese cresce, come sembrano ripartire gli investimenti esteri, ma la propensione ai consumi delle famiglie non risale, nonostante gli sgravi e l’aumento del tasso di risparmio. L’occupazione aumenta, ma la disoccupazione tra i giovani non cala. Di positivo c’è che la spesa per gli interessi continua a mantenersi inferiore al previsto. I conti pubblici per il momento tengono bene, nei primi sette mesi il fabbisogno è stato di 43 miliardi, contro i 34,2 dello stesso periodo dell’anno scorso, e a luglio c’è stato un disavanzo di appena 1,6 miliardi contro un passivo di 8,6 di un anno fa, anche se hanno giocato in positivo parecchi fattori straordinari.