Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  agosto 03 Domenica calendario

NEGAZIONI DOPPIE E TRIPLE

Lui. Stavo riguardando questi bellissimi disegni di Saul Steinberg. Hai presente? La serie Ombre e immagini riflesse. Prendi questo: c’è un fulmine che si rispecchia nell’acqua. Siccome il fulmine è a zigzag, e i riflessi in uno specchio d’acqua sono a loro volta a zigzag, il riflesso tremolante del fulmine cancella il tremolio e ci restituisce un improbabile fulmine dritto. Anche l’abete si riflette in un cono dai lati rettilinei. Come dire: il zigzag dell’oggetto e quello del riflesso si annullano a vicenda, come in una doppia negazione (mentre l’asta della bandiera, che è perfettamente dritta, si riflette in un zigzag). Non lo trovi straordinario?
Lei. Sì, Steinberg era un maestro in queste cose. E non mancano le imitazioni. La copertina di Rapture of the Deep, l’album dei Deep Purple, ha un disegno di questo tipo.
Lui. L’idea che i riflessi obbediscano alla legge della doppia negazione è interessante. Anche uno specchio piano funziona così. Le immagini che ci restituisce sono invertite, ma se guardi il loro riflesso in un altro specchio, si invertono nuovamente e tornano come nell’originale.
Lei. E quello che vale per le immagini vale per i suoni. Prendi un disco di Maurizio Maestrini, il pianista umbro noto per eseguire celebri brani musicali al contrario, leggendo lo spartito dall’ultima nota alla prima. Se suoni a ritroso la sua incisione di Per Elisa (per esempio) ottieni una versione normale.
Lei. Beh, non proprio. Ci sono delle sfumature dell’originale che si perdono nella sua versione a ritroso, come ci sono sfumature che appartengono solo a quella, e quando inverti nuovamente queste differenze si sentono.
Lui. Hai ragione. Ma è così anche con il linguaggio, no? A rigor di termini una doppia negazione non è uguale all’originale; è equivalente. C’è pur sempre una differenza tra «È possibile» e «Non è impossibile»: una differenza sintattica, ancorché nulla sul piano semantico.
Lei. E non sempre una doppia negazione è equivalente all’originale. C’è una vera e propria differenza di significato tra «Sono d’accordo» e «Non è che non sia d’accordo».
Lui. Per non parlare di quei casi dove la doppia negazione equivale a una negazione semplice, come in «Non parli mai» (che non significa certo che a volte parli) o «Non ho fatto nulla» (che non equivale certo a confessare di aver fatto qualcosa).
Lei. Quelle non sono doppie negazioni: sono negazioni doppie, cioè doppiamente forti, come un doppio whiskey o una birra al doppio malto.
Lui. In certi casi si può anche triplicare: «Non compro mai nulla».
Lei. O quadruplicare: «Non mi dice mai niente nessuno».
Lui. Che è equivalente a: «Nessuno mi dice mai niente».
Lei. Che è un rafforzativo di «Nessuno mi dice niente».
Lui. Ovvero: «Non c’è una singola persona che mi dica qualcosa».
Lei. Queste cose sono complicate. Mi verrebbe da dire che in un lago, o in uno specchio, i riflessi sono un’operazione puramente semantica. Nel linguaggio invece la negazione si porta appresso un carico pragmatico che non può essere ignorato, in italiano come nelle altre lingue. Del resto è così anche con le affermazioni. Immagino tu conosca la battuta di Sydney Morgenbesser.
Lui. Il filosofo famoso per aver accusato il pragmatismo di funzionare soltanto in teoria?
Lei. Proprio lui. Durante una conferenza a Columbia University, il filosofo inglese John Austin sottolineò che benché l’equivalenza tra una doppia negazione e l’affermazione corrispondente valga pressoché in tutte le lingue (con le dovute qualifiche, come abbiamo visto), non ci sono lingue per le quali una doppia affermazione equivalga a una negazione.
Lui. È vero! Non ci avevo mai pensato.
Lei. Se non fosse che Morgenbesser, che sedeva in ultima fila, confutò la tesi di Austin semplicemente borbottando, in tono scettico, «Sì, sì, ...».
Roberto Casati e Achille Varzi, Il Sole 24 Ore 3/8/2014