Luigi Grassia, La Stampa 2/8/2014, 2 agosto 2014
ARGENTINA, IL DEFAULT ORA È UNA REALTA’
Il nuovo crac dell’Argentina è ufficiale e questo provoca (fra le varie conseguenze) anche il pagamento dei cosiddetti «credit default swap», cioè delle coperture che gli investitori comprano per proteggersi dall’eventuale fallimento di un emittente di bond. Questo significa che sta per passare di mano circa un miliardo di dollari.
A decretare l’evento è stato ieri l’International Swaps and Derivatives Association (Isda), un’istituzione composta da banchieri, trader e gestori di fondi (e di cui fa parte, curiosamente, anche Elliott Management, uno degli hedge fund con cui Buenos Aires non ha trovato un accordo sul debito). Tecnicamente, l’Isda ha sentenziato ieri che si è verificato il cosiddetto «credit event» che certifica il crac. L’istituto definisce questa circostanza come «l’incapacità del soggetto che ha emesso bond di effetturare, quando e dove è previsto, qualsiasi pagamento in un ammontare aggregato non inferiore al pagamento richiesto in base a uno o più obblighi».
I contratti cds sul debito argentino ammontano a 20,7 miliardi di dollari, ma la sentenza dell’Isda riguarda solo 1,04 miliardi di dollari di contratti. Buenos Aires diventa il primo paese dopo la Grecia nel 2012 a far scattare i cds.
Lo scorso 30 luglio, in mancanza di un’intesa con gli hedge fund, l’Argentina non ha potuto onorare i propri impegni con alcuni creditori, finendo appunto in default.
Il crac avrà infinite conseguenze legali. Ieri a New York c’è stato un botta e risposta fra il giudice Thomas Griesa e l’Argentina. Griesa bacchetta Buenos Aires per le asserite «affermazioni fuorvianti» e chiede al Paese fallito di collaborare con il mediatore. La risposta di Buenos Aires: «Siamo aperti al processo di dialogo ma non abbiamo più fiducia nel mediatore Daniel Pollack». Il giudice americano ascolta ma respinge le lamentele argentine: Pollack resta, non sarà sostituito.
Secondo il giudice, Buenos Aires «deve smettere di raccontare mezze verità», e incalza: «Le affermazioni dell’Argentina sul voler pagare i suoi debiti si riferiscono solo ai titolari di bond che hanno aderito al concambio».
Il nuovo crac dell’Argentina è ufficiale e questo provoca (fra le varie conseguenze) anche il pagamento dei cosiddetti «credit default swap», cioè delle coperture che gli investitori comprano per proteggersi dall’eventuale fallimento di un emittente di bond. Questo significa che sta per passare di mano circa un miliardo di dollari.
A decretare l’evento è stato ieri l’International Swaps and Derivatives Association (Isda), un’istituzione composta da banchieri, trader e gestori di fondi (e di cui fa parte, curiosamente, anche Elliott Management, uno degli hedge fund con cui Buenos Aires non ha trovato un accordo sul debito). Tecnicamente, l’Isda ha sentenziato ieri che si è verificato il cosiddetto «credit event» che certifica il crac. L’istituto definisce questa circostanza come «l’incapacità del soggetto che ha emesso bond di effetturare, quando e dove è previsto, qualsiasi pagamento in un ammontare aggregato non inferiore al pagamento richiesto in base a uno o più obblighi».
I contratti cds sul debito argentino ammontano a 20,7 miliardi di dollari, ma la sentenza dell’Isda riguarda solo 1,04 miliardi di dollari di contratti. Buenos Aires diventa il primo paese dopo la Grecia nel 2012 a far scattare i cds.
Lo scorso 30 luglio, in mancanza di un’intesa con gli hedge fund, l’Argentina non ha potuto onorare i propri impegni con alcuni creditori, finendo appunto in default.
Il crac avrà infinite conseguenze legali. Ieri a New York c’è stato un botta e risposta fra il giudice Thomas Griesa e l’Argentina. Griesa bacchetta Buenos Aires per le asserite «affermazioni fuorvianti» e chiede al Paese fallito di collaborare con il mediatore. La risposta di Buenos Aires: «Siamo aperti al processo di dialogo ma non abbiamo più fiducia nel mediatore Daniel Pollack». Il giudice americano ascolta ma respinge le lamentele argentine: Pollack resta, non sarà sostituito.
Secondo il giudice, Buenos Aires «deve smettere di raccontare mezze verità», e incalza: «Le affermazioni dell’Argentina sul voler pagare i suoi debiti si riferiscono solo ai titolari di bond che hanno aderito al concambio».