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 2014  agosto 03 Domenica calendario

TONI: «VERONA, MI DIVERTO ANCORA»

«Dopo che ho fatto 20 gol era difficile smettere. Ne ho parlato in famiglia, ho capito che al Verona mi volevano ancora. E mi diverto». Come un bambino. Solo che ora Luca Toni, a 37 anni, di bambini ne ha due. E, oltre a fare il leader dell’Hellas, farà il papà. Il 20 giugno 2013 è nata Bianca, il 30 luglio 2014 Leonardo.
Com’è andata con Leo?
«È difficile da spiegare. Al parto non ho assistito, ho aspettato in una stanza. Quando è venuto a casa, Bianca ha pensato che fosse un bambolotto. So che fare il padre è il lavoro più difficile».
Bianca e Leonardo sono figli di un papà ricco che, però, è nato povero.
«Mi piacerebbe viziarli, ma con intelligenza. Io non regalo per regalare, se lo devono meritare».
Lei come si divertiva?
«Si beveva una birretta di nascosto. Si giocava all’aperto, si andava in bici. Era meglio una volta».
Lei è del 1977 e si allena con gente del ‘96. Come sono?
«Diversissimi. Io non sono sui social. Raramente metto mano alla playstation. Uso sul telefono i giochi di cani e gatti con Bianca. Amo il contatto, anche coi tifosi. Con i più giovani cerco di parlare, e cerco di essere un esempio».
Dorme da solo, da star?
«Divido la stanza con Donati. E ci sto bene. Con lui e con questo gruppo».
Che cos’è il calcio per lei?
«Un gioco bellissimo. Vorrei che la politica e i giochi di potere restassero fuori. Chi governa deve aver giocato. Per questo Albertini mi piace».
Ha visto il Mondiale?
«Sì. Ha meritato la Germania, la più forte: un progetto a lungo termine: stadi, settori giovanili. Ha vinto con l’Under, poi il Mondiale. Bravi a unire giovani ed esperti».
E l’Italia?
«Ha fatto un brutto Mondiale. Peccato. Non si è seguito un percorso dopo l’Europeo. E c’era gente con poca esperienza internazionale. Eppure non era difficile andare avanti».
Com’è messo il nostro calcio?
«Male. Rischiamo che altri tornei ci superino. Il modello Bayern è servito alla Germania. Rummenigge mi diceva che 7 giocatori su 11 devono essere tedeschi. Le nostre big devono puntare sugli italiani. La A cala vistosamente. Dobbiamo darci una sveglia».
Immobile, Donati, Caldirola sono in Germania, come fece lei. Immobile a Dortmund.
«Milan o Inter potevano puntare su di lui».
Lei è stato in 15 club. Verona che cosa ha di speciale?
«L’entusiasmo e i tifosi. Vicini nei momenti difficili. Mi ricordano quelli viola».
Le manca uno scudetto.
«In Germania l’ho vinto. Qui mi è sfuggito alla Roma, colpa della gara con la Samp».
Lei è un gran colpitore di testa: chi le ha fatto i migliori cross?
«Corini, al Palermo. Eugenio le metteva tese e forti».
E Iturbe?
«Un affare per la Roma. Lui è diverso da Eugenio, magari ne scartava 4 o 5 e te la metteva lì, come Ribery. E poi Iturbe ha un pregio: salta l’uomo. Da noi ha fatto la differenza, ora tutto dipende da lui».
Il rapporto con Mandorlini?
«Ottimo. Sincero. Ci diciamo le cose in faccia».
È vero che non vuole mai uscire?
«Sì. Quando Mandorlini mi tolse col Catania mi passò dopo la doccia. Sono felice di avere ancora questo spirito».
Chi l’ha già colpita?
«Obbadi sembra un buon giocatore, Valoti è un bell’acquisto. Mi piace Jankovic: vuole spaccare il mondo».
Riavvolgiamo il nastro: Cavasin la ignorava al Fiorenzuola, Preziosi al Genoa le diede 3 «come i gol segnati» e Conte la tagliò alla Juve.
«Da quelle brutte esperienze ho trovato il modo per togliermi soddisfazioni. Dopo Dubai sono stato male, ma la voglia di giocare mi ha salvato». Eh già, Toni è ancora qua...