Guia Soncini, la Repubblica 3/8/2014, 3 agosto 2014
CHI HA PAURA DEL VELO E DEL TANGA SUI BRONZI DI RIACE
Ammettetelo: nonostante l’esagitata richiesta di Sgarbi di spostarli all’Expo, dei Bronzi di Riace a stento vi ricordavate. Succede, con le opere d’arte, specie in un paese in cui non scarseggiano. Accade di considerarle solo delle anticaglie. La cosa migliore che può succedere, in questi casi, è che un’opera nuova dia a quella vecchia una botta di vita. E quindi, quando il fotografo Gerald Bruneau, invitato dalla regione Calabria proprio a questo scopo («Una campagna di promozione dei Bronzi»), propone alla soprintendente Simonetta Bonomi quello che da qui in poi definiremo il trattamento-Bruneau, lei è entusiasta. Lo racconta lei stessa: «Mi mostrò una foto di Paolina Borghese con un velo, mi piacque molto». Chissà se era lo stesso velo che ha messo ai Bronzi. Oltre a un tanga. Oltre a un boa.
«A mia insaputa», dice ora Bonomi, neanche si potessero scattare di nascosto fotografie — non con un cellulare ma con un lavoro preparatorio quanto a luci e costumi — a statue nella sala custodita di un museo. Neanche farlo di soppiatto fosse facile come regalare un attico con vista sul Colosseo (forse il gesto artistico finale è mettere un tanga al Colosseo, e alzare il livello d’inaudita gravità). A sostegno della propria versione, Bonomi racconta che i custodi hanno cercato di fermare Bruneau. Chissà se nel momento del tanga o in quello del boa. Chissà cos’è stato a far scattare nei custodi il sospetto che, ehi, va bene tutto, ma questi sono due maschi.
Perché insomma, è noiosissimo farne sempre una questione di generi sessuali, però perché la Paolina sì e i Bronzi no? Non sarà mica lesa virilità molto prima che lesa opera artistica?
Il dubbio viene perché non ci vuole uno storico dell’arte per sapere che l’alterazione dell’opera d’arte esistente che la renda un’opera d’arte nuova non è esattamente una trovata rivoluzionaria d’un fotografo teppista nel 2014. Dai baffi fatti da Duchamp alla Gioconda al Pont Neuf o a Porta Pinciana imballati da Christo e Jeanne-Claude: gli esempi sono parecchi e non esattamente di nicchia. Non ci vuole uno storico dell’arte, per capire l’intenzione del gesto, ma forse neanche una soprintendente ai beni artistici: basta qualcuno che alle scuole medie non fosse sempre in bagno nelle ore di storia dell’arte.
Certo, però, nessuna di queste opere includeva una svirilizzazione. Un accessorio effeminato su un soggetto d’opera maschio. Un costume da donna addosso a un uomo, come fossimo in un volgare e superficiale film di Billy Wilder invece che in un contesto serio e rispettabile e davvero artistico. E non dimentichiamo che le foto potrebbero vederle i bambini: poi chi glielo spiega, un uomo col boa?
Se avesse davvero fatto irruzione Lorena Bobbit, la donna che nel ‘93 diventò famosa per aver evirato il marito nel sonno, e avesse privato i Bronzi dei loro attributi, la sovrintendente non avrebbe potuto reagire peggio. Ieri però, ripresasi dall’inaudita gravità, esortava a non farne una tragedia: «È solo cattivo gusto ». Bronzi vestiti da donne. È questo che succede, a spostare il confine della tolleranza. Finché era un gesto artistico, tipo mettere le feci in scatola, se ne capiva l’intenzione. Ma così è troppo. Un tanga su delle chiappe maschili. Dove andremo
a finire.
Guia Soncini, la Repubblica 3/8/2014