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 2014  agosto 03 Domenica calendario

PANTANI, L’INDAGINE RIAPERTA E IL PERITO DEI “FAMOSI”

Oltre dieci anni dopo la morte di Marco Pantani, la procura di Rimini ha deciso di riaprire le indagini su quanto accaduto il 14 febbraio 2004 nel residence Le Rose di Rimini, dove venne ritrovato il cadavere del ciclista. Questa volta però – e questa è la novità – l’ipotesi di reato è omicidio volontario a carico di ignoti. Una decisione conseguente all’esposto presentato la scorsa settimana alla procura di Rimini dal legale della famiglia Pantani, Antonio De Rensis, e corroborato dalla perizia di Francesco Maria Avato, un decano della medicina legale il cui nome spunta spesso nei casi giudiziari ad altissima intensità mediatica.
La sua perizia evidenzia una serie di criticità di cui si è parlato e scritto molto in questi anni, anche perché la famiglia Pantani, con in testa la madre Tonina, non si è mai voluta rassegnare ad accettare la versione ufficiale: Marco è morto per overdose in una stanza d’albergo dov’era solo. Tanti, stando alla “controinchiesta” di De Rensis, gli elementi che contraddirebbero la tesi ufficiale. Anzitutto le escoriazioni sul corpo del ciclista: per gli inquirenti che indagarono nel 2004, erano frutto dello stato di delirio del ciclista dovuto alla cocaina, per la nuova perizia invece sarebbero le conseguenze di una colluttazione. Una scia di sangue sul pavimento e la coagulazione di sangue nei polmoni proverebbero che il corpo è stato spostato dopo il decesso. E poi la quantità di cocaina rinvenuta nel cadavere: diverse decine di grammi, troppi per essere assunti autonomamente. Stando a quanto riportato dalla stampa, Pantani sarebbe stato forzato a bere cocaina disciolta in una bottiglietta d’acqua, ma è lo stesso perito Avato a frenare: “Questa è solo un’interpretazione, ma la quantità di stupefacente rinvenuta nel cadavere è elevata”. Infine alcuni interrogativi sulla stanza del residence: i tre giacconi da montagna che nessuno ha visto Pantani portare dentro il Le Rose, il caos intorno al cadavere – “troppo ordinato per essere stato creato da un uomo in preda a un delirio”, insiste De Rensis – e perfino un gelato lasciato su un mobile che sarebbe stato portato da qualcuno all’interno della stanza priva di congelatore.
A rafforzare tesi già circolate e in larga misura raccolte nel libro Gli ultimi giorni di Marco Pantani di Philippe Brunel, sarebbe appunto la firma di Avato, ex preside della facoltà di medicina di Ferrara e attuale direttore dell’Istituto di medicina legale di Ferrara. Un professionista conosciuto non solo per i quarant’anni di esperienza sul campo e per le cene con delitto organizzate per il Rotary Club di San Marino , ma anche per i tanti casi famosi di cui si è occupato con alterne fortune. Il primo è stato quello della morte di Denis Bergamini, il calciatore del Cosenza – anche Avato è calabrese – morto il 18 novembre del 1989. La perizia evidenzia fratture e lesioni incompatibili con un incidente stradale, e che sembrano invece essere state provocate da un’aggressione. Per la procura però Bergamini è stato ucciso da un camion. Quando, nel 2012, il caso viene riaperto, è anche grazie all’antica perizia. Non va altrettanto bene con Federico Aldrovandi. Qui Avati gioca in casa (d’adozione), Ferrara. La sua perizia, richiesta dalla procura, sostiene che il ragazzo sia morto a causa del delirio provocato dalle droghe, mentre ignora l’asfissia e la pressione sul torace. “La nostra interpretazione non è stata accolta”, è il laconico commento che fa oggi, dopo che tre gradi di giudizio hanno stabilito che si trattò di omicidio.
Avati lavora come consulente anche sul caso Garlasco. A contattarlo è l’accusato, Alberto Stasi. Secondo il perito, le tracce di Dna di Chiara Poggi sui pedali della bicicletta di Stasi potrebbero non provenire dal sangue – e su questo ha ragione –, ma la sua perizia contribuisce a ritardare di molti anni il sequestro della bici nera cui qualcuno ha scambiato i pedali, un reperto chiave per accertare la verità. Nel 2011, per conto della Corte di Appello di Palermo, Ava-ti svolge una perizia per accertare se lo stato di salute di Bernardo Provenzano sia compatibile con la detenzione. È tra i primi medici legali a dire di no: il boss dei boss dovrebbe essere curato in ospedale. Una posizione su cui i legali e la famiglia di u’ tratturi insistono da anni e su cui si pronuncerà il prossimo ottobre il tribunale di Milano.
La decisione di riaprire l’indagine, un atto pressoché dovuto di fronte a un esposto, non coglie di sorpresa gli addetti ai lavori: non molti sono persuasi del fatto che Pantani sia stato ucciso, ma tutti concordano sul fatto che la prima indagine – durata solo 55 giorni – sia stata condotta superficialmente. Questa volta a condurre l’indagine sarà il giovane (33 anni) sostituto procuratore Elisa Milocco, da poco arrivata in Romagna dopo il tirocinio a Genova. “Siamo soddisfatti – sostiene il legale della famiglia –. Se non conosce i precedenti, affronterà le indagini con più freschezza”.
Alessio Schiesari, il Fatto Quotidiano 3/8/2014