Luca Gualtieri, MilanoFinanza 2/8/2014, 2 agosto 2014
I DUELLANTI DI SETTEMBRE
Di certo c’è solo che da un lato del tavolo siederà Alessandro Profumo, nuovo capo delegazione dell’Abi, e dall’altro lato lo affronteranno i segretari sindacali Lando Sileoni (Fabi), Giulio Romani (Fiba-Cisl), Agostino Megale (Fisac-Cgil), Massimo Masi (Uilca), Maurizio Arena (Dircredito), Pietro Pisani (Sinfub) e Fabio Verelli (Ugl Credito). La trattativa sul rinnovo del contratto nazionale dei bancari, un documento che in Italia interessa circa 310 mila lavoratori, entrerà nel vivo il prossimo 18 settembre. Fino a quella data è possibile soltanto ripercorrere i punti principali di un confronto che finora ha prodotto ben pochi risultati. Mesi di trattative informali e cinque riunioni operative non sono bastati per superare il muro contro muro su quasi ogni singolo punto. Gli esiti della partita potrebbero essere due: o una soluzione economica che conservi l’assetto attuale del sistema o un contratto innovativo che metta in campo un nuovo modello di banca. Le dichiarazioni arrivate nelle ultime settimane lasciano intendere che entrambi i fronti puntano alla seconda soluzione. Le banche per guadagnare la flessibilità necessaria a dare piena attuazione ai piani industriali, i sindacati per alzare dighe stabili a difesa dell’area contrattuale. Ecco quali sono i principali punti della contesa:
Aumenti contrattuali. I sindacati hanno chiesto un aumento di 175 euro medi a regime, cifra che, sostengono, garantirebbe il recupero dell’inflazione per gli anni scorsi e per il prossimo triennio. Tecnicamente quindi, precisano i sindacati, non si tratterebbe di un aumento, ma del mantenimento dell’attuale potere d’acquisto dei lavoratori. L’Abi ha risposto che, almeno per i prossimi due anni, non sarà possibile prendere in esame alcun aumento contrattuale. Per Palazzo Altieri, infatti, i margini di guadagno degli istituti sono ridotti all’osso e dunque una moratoria è inevitabile.
Occupazione. I sindacati chiedono di preservarla con politiche sia attive che difensive. Le prime consistono nella valorizzazione degli ammortizzatori sociali del settore, cioè del fondo di solidarietà (che gestisce gli esuberi) e del fondo per l’occupazione (che punta ad assumere giovani e disoccupati). Le politiche difensive, invece, si incardinano sulla difesa dell’area contrattuale, soprattutto nel caso di esternalizzazioni e delocalizzazioni. Su questo punto non c’è accordo con l’Abi, che invece vorrebbe introdurre elementi di maggiore flessibilità. Secondo Palazzo Altieri non può reggere una struttura sbilanciata verso l’alto, con i quadri che sono il 40% dei dipendenti, rigida nelle mansioni e nell’inquadramento, e con un’età media troppo elevata. Obiettivo delle banche, quindi, è spostare una quota considerevole del personale su nuove figure, ma soprattutto arrivare a una nuova classificazione delle professionalità.
Formazione e inquadramento. I sindacati insistono sulla necessità di riqualificare le professionalità ad alto valore aggiunto, attraverso corsi, formazione e affiancamenti forniti dall’azienda. L’Abi, invece, pensa a una riorganizzazione più radicale del lavoro introducendo nuovi inquadramenti, in cui una parte del salario sarà fissa e l’altra legata ai risultati. Si andrebbe così verso un modello affine a quello dei promotori a provvigione che per il momento incontra l’assoluta contrarietà dei sindacati. Le sigle temono infatti che Palazzo Altieri punti a scardinare il contratto nazionale, per concedere maggiori margini di manovra ai piani industriali delle singole banche.
Integrativo. L’Abi ha ribadito finora che non ci sono risorse economiche e normative per due contrattazioni, quella nazionale e quelle aziendali, ventilando l’intenzione di bloccare gli integrativi e fare ripartire da zero la loro contrattazione. Anche su questo punto le distanze sono notevoli e i sindacati ribadiscono che il secondo livello serve per lo più per recuperare i costi a livello aziendale. Tra i lavoratori c’è poi il timore che nelle singole aziende il contratto nazionale possa essere sostituito con quello di secondo livello.
Luca Gualtieri, MilanoFinanza 2/8/2014