Ernesto Assante, la Repubblica 2/8/2014, 2 agosto 2014
PIERO PELÙ: “ECCO COME HO EDUCATO TRE FIGLIE SENZA SOFFOCARE IL MIO SPIRITO RIBELLE”
[Intervista] –
Piero Pelù ha 52 anni, diversi tatuaggi, i capelli ancora molto lunghi e di mestiere fa l’artista, anzi, il rocker, da solo e con i Litfiba. Ma dal 1990 ha anche un altro mestiere, quello di padre, mestiere che cerca di conciliare con la sua anima elettrica, quella che ha da poco raccontato in un libro intitolato, non casualmente, “Identikit di un ribelle”. Equilibrio che le tre figlie femmine, Greta 24 anni, attualmente in Australia per uno stage, Linda 19 anni («ha una gran voce» dice il babbo), Zoe 10 anni («la più sveglia di tutte»), le sue “piccole streghe” lo hanno aiutato a trovare.
Pelù, mettiamola così: rocker si nasce, padri si diventa... «Ho tre figlie, e posso dire che questa consapevolezza la sto costruendo da 24 anni a questa parte, da quando è nata la prima. E la consapevolezza non basta, ho capito subito che era anche un dovere e che quando diventi padre non puoi restare con la stessa testa di quando eri un ventenne selvaggio. Ma al tempo stesso non è che io sia entrato in un loop paranoide del tipo “la vita mi è cambiata da un giorno all’altro” perché ero diventato padre, no, credo di essere sostanzialmente rimasto me stesso anche nei nuovi panni. Certo, la prima figlia ha sofferto un po’ di più il fatto che non fossi estremamente preparato, le altre meno, nel frattempo sono passati 24 anni e le “fiancate metallizzate”, i capelli bianchi sulla testa vogliono pur dire qualcosa. Voglio dire, insomma, che ho acquisito consapevolezza con gli anni, ma che questo non ha cambiato la mia natura anti autoritaria».
Beh, non deve essere stato semplice. «Semplice no. Però ero aiutato dal mio mestiere. È come il doppio ruolo quando sei cantante, autore, frontman, produttore e arrangiatore della tua musica. Scrivere le canzoni e stare su un palco sono i due momenti più belli del nostro lavoro, però poi con gli anni impari a conoscere il suono, costruisci il tuo studio, devi tirare fuori una certa razionalità, trasferire la tua attitudine, la tua scelta di vita, dalla pancia e dal cuore e portarla verso la testa, senza dover rinunciare a niente. Devi riuscire a vivere di pancia tenendo aperta la porta della razionalità e a fare anche il contrario. Anche in casa».
Quindi si può dire che lei sia una persona equilibrata? «Io credo di si, nel senso che è un equilibrio difficile, non dico precario, ma è praticabile. Diciamo la verità, la ricerca dell’equilibrio tra testa e pancia e cuore è una cosa antica, è una delle cose più naturali del mondo, ci proviamo tutti, più o meno. E poi io non posso rinunciare alla mia natura, quando l’ho fatto le cose non sono mai andate per il verso giusto, ma devo, posso farlo senza tirarmi indietro dalle mie responsabilità, anche con i figlioli».
Le è mai capitato di imporre alle figlie la sua “indiscutibile” autorità? «La classica risposta “è così perché lo dico io”? No, questa è proprio una delle risposte che mi sono imposto di non dare mai. Esercitare l’autorità fine a se stessa non genera mai niente di positivo. Mentre può essere positivo litigare su determinate scelte, motivando le tue, cercando di far capire perché è sbagliato fare certe cose. E quindi porre regole, fargli mangiare le verdure e la frutta quando sono piccole, oppure stabilire le ore della televisione o del gioco. Lì la grandezza di un genitore con le palle è quella di capire non solo quando la misura è colma ma soprattutto quella di stimolare l’interesse dei figli su qualcos’altro. Quindi se ti impunti sul non tenere accesa la tv devi essere in grado di proporre altro, cose creative anche per te magari. Imporre l’autorità è la via più comoda e stronza per ottenere quello che si vuole».
Come si fa ad essere antiautoritario e al tempo stesso credibile come genitore in casa? «Un rockettaro vero deve essere credibile sennò è un casinaro e basta. Distinguiamo una volta per tutte i casinari dai rocchettari, questi ultimi sanno di portare di portare una croce per tutta la vita, pensano di cambiare il mondo e non possono smettere, perché appena lo fanno diventano dei pantofolari. Attenzione, si può essere degli eccellenti pantofolari, anche come genitori, ma io preferisco stare a piedi nudi, o con gli stivaletti alla Beatles che ti sfasciano i piedi. Una sorta di autorevolezza è importante, te la devi ritagliare, conquistare sul campo, non te la danno. E lo devi fare giorno per giorno, cercando costantemente un’alternativa, una voce fuori dal coro, motivando tutto quello che fai. Costruire l’alternativa è una cosa che richiede un grandissimo impegno, un gran lavoro».
Anche andando alle giostre? «Alle giostre mi diverto sempre anche io. Meno con lo shopping, avendo tre figlie femmine. Ma sei costretto, ti portano nel loro mondo e devi interagire, a cominciare dalla Barbie che pian piano cominci ad apprezzare». Anche a lei è toccato andare ad attendere la figlia all’uscita della discoteca... «Potrei scrivere un libro in proposito. All’uscita alle 3 di notte ad aspettare in macchina ci sono stato più volte, ma non era un problema data la mia insonnia. Più singolare è stato camuffarmi per non rendermi riconoscibile e entrare in discoteca per vedere come andava...».
E per quello che riguarda le sigarette? «Sul fumo di sigarette mi oppongo sempre con forza, visti i danni certificati sul fisico. Sulle canne di marijuana, allevata in privato e non comprata da spacciatori, non mi posso opporre per onestà etica, ma suggerisco con forza la moderazione e l’uso ludico- creativo».
Lei, comunque, non è un genitore “normale”... «Io credo che nessuno sia un genitore “normale”, ognuno ha la sua vita, le sue certezze, il suo modo di vedere e fare le cose. E infatti il momento che mi ha colpito di più è stato quando hanno cominciato a frequentare la scuola, perché al di la del rapporto personale, familiare, intimo, che abbiamo con i figli, inizi a vedere tutto da un altro punto di vista quando ti confronti con gli altri. Ci sono le feste, i giochi, gli orari, gli appuntamenti, e gli altri genitori. Per me essendo un genitore separato è tutto un po’ più difficile, ti confronti con le famiglie unite, figli tutti della stessa coppia, non come me, e alle volte ti senti un po’ un pesce fuor d’acqua». Allora, Pelù, si può essere padre e ribelle? Lei può essere d’esempio per le sue figlie? «Ma si, anche se è un bel problema. Fa parte della natura dell‘uomo alle volte non voler affrontare i problemi, ma con i figli è impossibile evitarlo. Il periodo più a rischio è quello adolescenziale, e li chiaramente la cosa importante è come hai vissuto l’infanzia dei tuoi figlioli. Se li hai abituati a discutere, a dire in faccia quello che sentono senza il sotterfugio probabilmente ti sei preparato un buon terreno e puoi sperare che non facciano cazzate; se invece hai lasciato correre molte cose, per comodità, convenienza, pigrizia, resti fregato, a un certo punto ti troverai la realtà dei fatti in faccia. Non bisognerebbe mai arrivare a quel livello li, è sempre meglio raccontarsi, dire anche verità scomode”.
Sempre? «Beh, c’è una necessaria gradazione, magari per raccontare alcune cose è meglio aspettare che siano più grandi. Diciamo che c’è una scala, la birbonata, lo sbaglio, l’errore, fino ad arrivare alla cazzata, che magari è bene tenere per ultima...»
Ernesto Assante, la Repubblica 2/8/2014