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 2014  agosto 03 Domenica calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - BOMBA D’ACQUA NEL VENETO


REPUBBLICA.IT
TREVISO - Una valanga di fango improvvisa, un’onda di tre metri, violentissima, che ha seminato in un attimo morte e distruzione durante una festa paesana nel Trevigiano. "Come una lama, il turbine d’acqua ha spazzato via tutto - raccontano i testimoni - auto, persone, perfino un paio di container". C’erano quasi cento persone, arrivate per la "Festa degli Omeni", raccolte nell’area prospicente il Molinetto di Croda di Refrontolo (VIDEO). Ha cominciato a piovere e alle 22.30 il torrente Lierza è letteralmente ’esploso’. La gente ha cercato di salvarsi aggrappandosi a quello che trovava, muovendosi nel buio più profondo. "Una valanga di fango" raccontano i sopravvissuti, "quando l’onda d’urto dell’acqua è piombata sugli stand della sagra, molti si sono tenuti alle capriate di ferro del tendone principale", poi spinti dalla corrente all’esterno si sono attaccati alle macchine in sosta, fino a quando, sommerse anche quelle, sono saliti sugli alberi. Alla festa non c’erano bambini, o non si sarebbero salvati.
Pioveva, la bomba d’acqua si è abbattuta con tutta la sua potenza nella zona di Refrontolo poco prima di mezzanotte, facendo tracimare un piccolo torrente, il Lierza. Il bilancio è di quattro morti e una decina di feriti. Le vittime sono: Fabrizio Bortolin, 48 anni, di S. Lucia di Piave; Maurizio Lot, 52 anni di Farra di Soligo; Luciano Stella, 50 anni, gommista di Pieve di Soligo; Giannino Breda, 67 anni di Falzè di Piave. I ricoverati a Treviso sono due, e sono quelli in condizioni più gravi. Uno è in rianimazione l’altro è ancora sotto osservazione. Non presenterebbero particolari problemi invece i feriti ricoverati a Conegliano e Vittorio Veneto.
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha espresso la propria "commossa partecipazione al dolore delle famiglie delle vittime e l’augurio di pronta guarigione ai feriti", si legge in una nota del Quirinale che conclude: "Il Capo dello Stato manifesta vivo apprezzamento a quanti si sono impegnati nelle difficili operazioni di soccorso". Un messaggio di solidarietà arriva anche dalla presidenza del consiglio dei Ministri, che annuncia di "aver voltato pagina". "Basta inseguire e fare i ’notai delle emergenze - afferma Eramo D’Angelis, capo di #Italiasicura, la struttura di missione di Palazzo Chigi contro il dissesto idrogeologico -, adesso investiamo in opere di difesa, prevenzione e sicurezza. Al via anche i 570 cantieri anti dissesto".
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"La concausa evidente è che si è creata un’ostruzione del torrente che ha dato vita a una diga naturale, probabilmente creata dai rami e da tutto quello che scende nei torrenti durante i temporali, tra cui balle di fieno giganti. Quando la diga si è rotta ha liberato 3-4 metri di acqua di altezza, un piccolo Vajont" ha spiegato il presidente della Regione Veneto Luca Zaia. "C’è stata una devastazione di mezzi fino a 700-800 metri dal fiume, un disastro". La particolarità del territorio caratterizzato da colline coltivate a vigneti, si tratta infatti della zona del Prosecco, è quella di non offrire grande resistenza in caso di piogge incessanti come quelle che hanno imperversato in questo periodo, "di conseguenza aumenta il rischio di scivolamenti dei detriti nei torrenti e successivo pericolo di esondazione", evidenzia la Forestale. L’elicottero del Corpo ha sorvolato il territorio dei comuni di Cison di Val Marino e Tarzo (TV) per monitorare lo stato dei torrenti e del terreno anche con l’ausilio di esperti geologi, per predisporre in tempi utili eventuali piani di evacuazione o interventi.
Molinetto della Croda, il giorno dopo la bomba d’acqua: solo fango e devastazione
I soccorsi sono apparsi subito difficili, la zona sulle colline trevigiane è relativamente isolata e con una viabilità ristretta. Vigili del fuoco, soccorso alpino, sommozzatori di Vicenza, squadre Saf (speleo, alpino, fluviali) e cinofili sono arrivati da ogni parte del Veneto, così come squadre di volontari e hanno cercato i dispersi fino all’alba. Tre dei quattro corpi sono stati individuati prima, erano stati trascinati via dall’acqua, scaraventati in un fiume vicino al Mulino della Croda. Le auto sono finite nel fiume (VIDEO), i sommozzatori dei vigili del fuoco hanno completato l’ispezione solo alle prime luci dell’alba. Poi hanno potuto confermare di non aver trovato cadaveri, per cui il bilancio di quattro morti è ritenuto definitivo. "Siamo vicini al dolore dei familiari delle vittime e ai feriti e siamo in campo, con tutte le forze possibili e l’energia necessaria, perché i soccorsi siano efficaci e veloci, come la gravissima emergenza richiede", ha detto il ministro dell’Interno Angelino Alfano.
La festa e la tragedia, bomba d’acqua nel trevigiano: 4 morti
Il presidente del Veneto Luca Zaia si è recato sul luogo del disastro: "Ho già decretato lo stato di emergenza, chiederemo al governo di fare la sua parte per questa tragedia. È stata una bomba d’acqua senza precedenti".
LEGGI Stragi per il maltempo, i precedenti
Nella zona si sono abbattute altre sette frane che hanno isolato diversi agriturismo e ristoranti. In uno di questi, una cinquantina di persone sono rimaste bloccate. Altre sono rimaste isolate in case di campagna e sono in corso i tentativi di raggiungerle per liberarle. La situazione più grave in zona Cison di Valmarino dove uno smottamento ha travolto la strada provinciale che collega Follina a Cisone e al Molinetto della Croda impedendo il rientro a casa di 150 persone che rientravano dalla festa di Refrontolo. Alle 23 di ieri sera la frazione di Farrò di Cison si è ritrovata isolata e il sindaco ha lanciato l’allarme.
La procura apre un fascicolo. La procura di Treviso ha aperto un fascicolo per individuare eventuali responsabilità per l’esondazione di Refrontolo. Le colline dell’Alta Marca, tra incuria dei boschi e massicci sbancamenti per l’impianto intensivo di nuovi vigneti di prosecco, sono un territorio fragilissimo e complesso, che negli ultimi anni è stato segnato da smottamenti di strade, frane di terreni ed esondazioni di torrenti che hanno trovato il percorso bloccato da massi e terreno franato. Solo nel febbraio scorso, sempre a causa di piogge abbondanti, già il paese di Refrontolo era stato messo in allarme da tre frane, di cui due di grosse dimensioni, che incombevano proprio sulla zona del Molinetto della Croda e la caratteristica cascata alimentata dal torrente Lierza. Il torrente era esondato, fango e detriti avevano causato a febbraio la piena del torrente ed era intervenuto il Genio civile per liberare il corso.. Ma altri 500 metri cubi di terreno avevano poi tappato il Lierza a valle. Claudio Lucchet, allora assessore assicurava il continuo monitoraggio di tutte le zone "che possono essere a rischio".

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Morte e distruzione nella notte tra sabato e domenica nel Trevigiano, dove una «bomba d’acqua» si è abbattuta nella zona di Refrontolo, provocando l’esondazione di un piccolo torrente, il Lierza, che ha spazzato via in pochi istanti persone, strutture, automobili, durante una festa paesana affollata di gente.
Di quattro morti e diversi feriti (dei quali sei in ospedale, uno in rianimazione), l’ultimo bilancio reso noto, domenica, dall’assessore alla Protezione civile della Provincia di Treviso, Mirco Lorenzon. Le vittime sono state identificate. Si tratta di Maurizio Lot, 52 anni, di Farra di Soligo, Giannino Breda, 67, di Sernaglia della Battaglia, Luciano Stella, 50 anni, di Pieve di Soligo, e Fabrizio Bortolin, 48 anni, di Santa Lucia di Piave. Le quattro salme sono state portate nell’ospedale di Conegliano.
«Causato solo da una pioggia eccezionale»
Il disastro «ha un’unica causa: l’eccezionale quantità d’acqua caduta nella zona in un tempo brevissimo». Lo hanno spiegato all’agenzia Ansa il capo del Genio Civile di Treviso, Alvise Lucchetta, e il comandante provinciale della Forestale, Alberto Piccin, che hanno sorvolato e percorso a piedi l’area del disastro. Non risulterebbero quindi coinvolte alcune rotoballe di fieno che, secondo le prime ricostruzioni, avrebbero contribuito a bloccare il letto del Lierza creando un «tappo» poco a monte del Molino.
«L’acqua ha spazzato via tutto, come una lama»
Il disastro è iniziato poco dopo le 22.30 di sabato. La piccola località del Molinetto della Croda - luogo frequentato dai turisti, anche per il famoso e antico mulino ad acqua - è stata colta all’improvviso dalla potenza del temporale. Una pioggia battente che nel giro di qualche decina di minuti ha ingrossato a dismisura tutti i corsi d’acqua, tra cui il Lierza, vicino al quale era in corso la «Festa degli Omeni» con un centinaio di persone. Mentre tutti cercavano riparo c’è stata la tracimazione del torrente, che ha trasformato la strada in un fiume, portando via tende, stand, auto e persone. «Come una lama, il turbine d’acqua ha spazzato via tutto - raccontano i testimoni - compresi un paio di container». La violenza della corrente ha travolto persone, suppellettili, auto, provocando smottamenti del terreno e divellendo gli alberi. Cessata l’onda d’urto, il parcheggio vicino alla sagra era ancora sommerso da due metri e mezzo d’acqua, che a fatica sono defluiti nella notte. Decine di abitazioni, agriturismi e trattorie (numerose nella zona) sono state invase dall’acqua.
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Alluvione sulla festa nel Trevigiano, i soccorsi e la devastazione
«Un Vajont in miniatura»
Secondo l’assessore alla Protezione Civile della provincia di Treviso, Mirco Lorenzon, «è successo tutto in pochi minuti. Sembrava un Vajont in miniatura». L’assessore assicura che «tutte le procedure di soccorso sono scattate subito».
Procedure difficili, perché la zona sulle colline trevigiane è relativamente isolata e con una viabilità ristretta. Su Refrontolo sono state convogliate in breve squadre dei vigili del fuoco, carabinieri, medici e infermieri del Suem 118 con tutte le ambulanze disponibili, uomini del Soccorso alpino del Veneto. Il comandante dei vigili del fuoco Nicola Micele descrive uno «scenario di devastazione e fango» e parla di «una nottata intensa per recuperare i corpi e soccorrere i feriti». «Il luogo colpito è un simbolo della marca trevigiana - aggiunge nella mattinata ai microfoni di Antennatre Veneto-. Stiamo lavorando per rimuovere le carcasse delle auto e stiamo mettendo in sicurezza detriti e smottamenti, contiamo di farlo in fretta perché le previsioni non sono delle migliori». Già dal primo pomeriggio di domenica, infatti, nuovi temporali si sono abbattuti sul Veneto.
In conferenza stampa, il comandante dei vigili del fuoco ha anche sottolineato l’importanza della tutela del territorio, in modo tale che «eventi come questo accadano con meno frequenza».
Zaia: «L’alluvione più tragica dal ‘66»
Della «più tragica alluvione dal ‘66» parla il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, arrivato sul posto. Il governatore, che ha sorvolato in elicottero la zona interessata dal disastro, assicura che si è trattato di un fenomeno fortemente localizzato e assolutamente non prevedibile, durato circa un’ora e mezza. «L’uomo non può vincere sempre contro la natura», afferma rispondendo ai giornalisti che sollevavano dubbi sulla possibilità che l’alluvione potesse essere prevista. «Rispetto alla zona in cui sono stati i morti, inoltre - aggiunge -, il temporale era poco piu’ a nord, a circa 1,5 km».
«Per il Veneto quello di oggi è un giorno di lutto totale - aggiunge il governatore - e lo sarà anche la giornata dei funerali delle quattro vittime, quando pretenderò le bandiere a mezz’asta ovunque». Zaia rivolge infine un appello ai cittadini a «restare a casa». «Non venite a intralciare il traffico» raccomanda.
Il dolore di Napolitano
Dal Quirinale arriva una nota di Giorgio Napolitano: «Il presidente della Repubblica esprime la propria solidarietà alla comunità locale e la sua commossa partecipazione al dolore delle famiglie delle vittime e l’augurio di pronta guarigione ai feriti», esprimendo anche «vivo apprezzamento a quanti si sono impegnati nelle difficili operazioni di soccorso». Interviene pure il ministro dell’Interno Angelino Alfano: «Siamo vicini al dolore dei familiari delle vittime e ai feriti e siamo in campo, con tutte le forze possibili e l’energia necessaria, perché i soccorsi siano efficaci e veloci, come la gravissima emergenza richiede».
Realacci: «Monito sui cambiamenti climatici»
«La bomba d’acqua e le vittime nel Trevigiano confermano purtroppo tragicamente la necessità di contrastare i mutamenti climatici e gestire bene il territorio» lancia l’allarme Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente territorio e lavori pubblici della Camera. «Una politica utile e lungimirante - prosegue - deve dare priorità alla riduzione dei gas a effetto serra e considerare la manutenzione del territorio la prima grande opera che serve all’Italia. La nostra economia può ripartire anche da qui».
«Basta inseguire e fare i “notai” delle emergenze, adesso investiamo in opere di difesa, prevenzione e sicurezza. Al via anche i 570 cantieri anti dissesto» interviene infine con una nota Erasmo D’Angelis, capo di #italiasicura, la struttura di missione di Palazzo Chigi contro il dissesto idrogeologico e lo sviluppo delle infrastrutture idriche.
Codacons: esposto per concorso in strage
Il Codacons ha annunciato l’intenzione di presentare un esposto alla procura della Repubblica di Treviso «chiedendo di indagare alla luce della fattispecie di concorso in strage».

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LUCIANO FERRARO
Dopo i quattro morti per la bomba d’acqua su Refrontolo, nella zona del Prosecco, tra i vigneti che il poeta Andrea Zanzotto definiva la “campagna pettinata”, sono partite polemiche sul Prosecco. Troppe piante al posto dei boschi, coltivazioni intensive che riducono le difese della terra verso gli eventi eccezionali? Frane dovute all’assenza di alberi e arbusti sostituiti dalle viti? In realtà il torrente esondato è stato ostruito da alcune rotoballe di fieno, facendo uscire l’acqua. I danni e i soccorsi (Balanza/Afp) Secondo quanto sostiene oggi la Forestale, “la particolarità del territorio, caratterizzato da colline coltivate a vigneti è quella di non offrire grande resistenza in caso di piogge incessanti come quelle che hanno imperversato in questo periodo: di conseguenza aumenta il rischio di scivolamenti dei detriti nei torrenti, con successivo pericolo di esondazione». Ma per dimostrare che sono i vigneti a favorire gli smottamenti servirebbe uno studio geologico non ancora eseguito. Comunque la si pensi, chi conosce quelle colline sa che la maggioranza dei vigneti sono di coltivatori di dimensioni ridotte, custodi delle campagne. Non speculatori o grandi investitori. Il Lierza, il torrente esondato (Balanza/Afp) In ogni caso si torna a guardare in modo critico all’aumento, negli ultimi decenni, dei terreni destinati al vitigno Glera per il Prosecco. Un mondo vasto quello del Prosecco: 20 mila ettari totali, di cui 16.500 in Veneto e 3.500 in Friuli, con il blocco di aumento di superficie in vigore dal 2011 e rinnovato qualche giorno dalla Regione Veneto per altri 3 anni. A Refrontolo si fa il vino dal 1400, c’è traccia in una lettera di un doge che chiede botti della zona. Le aziende vitivinicole sono 14, gli ettari coltivati sono 2.500, il paese è famoso per il suo Marzemino. E l’esondazione nel torrente Lierza da cosa è stata provocata? Da questi vigneti? Si è parlato di un movimento franoso sul corso d’acqua. Ma poi si è scoperto che il torrente era ostruito dal fieno e da detriti questo ha generato l’esondazione. Tutti gli studi sulle frane in Italia indicano nello spopolamento (-33,3% degli abitanti nelle alture venete dal 1971, un veneto su tre ha abbandonato le zone considerate periferiche o ultra-periferiche, ossia superiori ai 600 metri d’altezza) e nella mancata cura delle campagne il vero pericolo italiano. Ecco quello che sostiene Giuseppe De Luca, segretario generale dell’Istituto Nazionale di Urbanistica: “L’abbandono delle aree collinari e montane è un fenomeno drammatico sia per la società che per l’equilibrio geologico del nostro Paese. Fino a vent’anni fa gli abitanti provvedevano alla manutenzione ordinaria del territorio, in alta collina e in montagna. C’erano le colture dei contadini i quali poi provvedevano a molte opere di manutenzione semplicemente perché amavano farlo, rientrava nella loro cultura. Aggiungiamoci il lavori dei consorzi di bonifica, e nel Mezzogiorno d’Italia la politica democristiana che portò a una forte forestazione. Tutto questo è finito, le aree collinari e montane si sono spopolate. Le aree non vengono più curate. Questa è la ragione di ciò che stiamo vedendo: l’aumento esponenziale dei disastri, appunto, in collina e montagna”. Gli smottamenti, dice l’esperto, sono provocati, da un mutamento epocale della società italiana, l’abbandono delle alture, dalla mancata manutenzione del territorio, e in altri casi dall’urbanizzazione. Come ha spiegato anche Alessandro Trigilia, responsabile dell’Inventario fenomeni franosi in Italia. Sembra l’identikit contrario delle colline della zona del Prosecco che sono tutt’altro che abbandonate e che non soffrono di invasione cementizia. Se il problema delle colline italiane fossero le viti, come spiegare il dato dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), secondo cui un milione di italiani vivono in zone a rischio frane? Sono tutti a ridosso di vigneti collinari? Eppure i boschi italiani sono aumentati, negli ultimi 20 anni, del 25-30%, come certificato l’Uncem, l’Unione dei comuni di montagna. Il problema è che sono boschi che occupano aree abbandonate, e sono tutt’altro che utili alla tutela del territorio, secondo gli esperti. Con questi dati, se per la tragedia di Refrontolo fosse davvero il Prosecco ad essere messo sotto accusa, la sentenza sarebbe di assoluzione. Tag: Glera, Marzemino, Prosecco, Refrontolo, Treviso ] opo i quattro morti per la bomba d’acqua su Refrontolo, nella zona del Prosecco, tra i vigneti che il poeta Andrea Zanzotto definiva la “campagna pettinata”, sono partite polemiche sul Prosecco. Troppe piante al posto dei boschi, coltivazioni intensive che riducono le difese della terra verso gli eventi eccezionali? Frane dovute all’assenza di alberi e arbusti sostituiti dalle viti? In realtà il torrente esondato è stato ostruito da alcune rotoballe di fieno, facendo uscire l’acqua.

I danni e i soccorsi (Balanza/Afp)

Secondo quanto sostiene oggi la Forestale, “la particolarità del territorio, caratterizzato da colline coltivate a vigneti è quella di non offrire grande resistenza in caso di piogge incessanti come quelle che hanno imperversato in questo periodo: di conseguenza aumenta il rischio di scivolamenti dei detriti nei torrenti, con successivo pericolo di esondazione».

Ma per dimostrare che sono i vigneti a favorire gli smottamenti servirebbe uno studio geologico non ancora eseguito. Comunque la si pensi, chi conosce quelle colline sa che la maggioranza dei vigneti sono di coltivatori di dimensioni ridotte, custodi delle campagne. Non speculatori o grandi investitori.

Il Lierza, il torrente esondato (Balanza/Afp)

In ogni caso si torna a guardare in modo critico all’aumento, negli ultimi decenni, dei terreni destinati al vitigno Glera per il Prosecco. Un mondo vasto quello del Prosecco: 20 mila ettari totali, di cui 16.500 in Veneto e 3.500 in Friuli, con il blocco di aumento di superficie in vigore dal 2011 e rinnovato qualche giorno dalla Regione Veneto per altri 3 anni. A Refrontolo si fa il vino dal 1400, c’è traccia in una lettera di un doge che chiede botti della zona. Le aziende vitivinicole sono 14, gli ettari coltivati sono 2.500, il paese è famoso per il suo Marzemino.

E l’esondazione nel torrente Lierza da cosa è stata provocata? Da questi vigneti? Si è parlato di un movimento franoso sul corso d’acqua. Ma poi si è scoperto che il torrente era ostruito dal fieno e da detriti questo ha generato l’esondazione.

Tutti gli studi sulle frane in Italia indicano nello spopolamento (-33,3% degli abitanti nelle alture venete dal 1971, un veneto su tre ha abbandonato le zone considerate periferiche o ultra-periferiche, ossia superiori ai 600 metri d’altezza) e nella mancata cura delle campagne il vero pericolo italiano. Ecco quello che sostiene Giuseppe De Luca, segretario generale dell’Istituto Nazionale di Urbanistica:

“L’abbandono delle aree collinari e montane è un fenomeno drammatico sia per la società che per l’equilibrio geologico del nostro Paese. Fino a vent’anni fa gli abitanti provvedevano alla manutenzione ordinaria del territorio, in alta collina e in montagna. C’erano le colture dei contadini i quali poi provvedevano a molte opere di manutenzione semplicemente perché amavano farlo, rientrava nella loro cultura. Aggiungiamoci il lavori dei consorzi di bonifica, e nel Mezzogiorno d’Italia la politica democristiana che portò a una forte forestazione. Tutto questo è finito, le aree collinari e montane si sono spopolate. Le aree non vengono più curate. Questa è la ragione di ciò che stiamo vedendo: l’aumento esponenziale dei disastri, appunto, in collina e montagna”.

Gli smottamenti, dice l’esperto, sono provocati, da un mutamento epocale della società italiana, l’abbandono delle alture, dalla mancata manutenzione del territorio, e in altri casi dall’urbanizzazione. Come ha spiegato anche Alessandro Trigilia, responsabile dell’Inventario fenomeni franosi in Italia. Sembra l’identikit contrario delle colline della zona del Prosecco che sono tutt’altro che abbandonate e che non soffrono di invasione cementizia. Se il problema delle colline italiane fossero le viti, come spiegare il dato dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), secondo cui un milione di italiani vivono in zone a rischio frane? Sono tutti a ridosso di vigneti collinari? Eppure i boschi italiani sono aumentati, negli ultimi 20 anni, del 25-30%, come certificato l’Uncem, l’Unione dei comuni di montagna. Il problema è che sono boschi che occupano aree abbandonate, e sono tutt’altro che utili alla tutela del territorio, secondo gli esperti.
Con questi dati, se per la tragedia di Refrontolo fosse davvero il Prosecco ad essere messo sotto accusa, la sentenza sarebbe di assoluzione.
Tag: Glera, Marzemino, Prosecco, Refrontolo, Treviso


CORRIERE.IT
Bisogna risalire al 1932 per trovare un mese di luglio più piovoso sull’Italia. Lo certificano le serie meteo dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Bologna che risalgono all’anno 1800. A livello nazionale, il luglio 2014 segna un +73% rispetto alle precipitazioni medie di luglio sul periodo 1971-2000 che viene convenzionalmente assunto quale periodo di riferimento. Il mese appena trascorso comunque è stato ben lontano del record, risultando il 27° mese di luglio più piovoso dal 1800 a oggi. Il record del mese luglio più piovoso venne registrato nel 1833 con il 232% sopra la media.
In Puglia, Sicilia e Sardegna è piovuto meno della media (Isac-Cnr)In Puglia, Sicilia e Sardegna è piovuto meno della media (Isac-Cnr)
Alta Toscana la più colpita
Maggiormente colpita risulta l’Italia centro-settentrionale: dalla Toscana in su, infatti, le precipitazioni cadute a luglio 2014 sono risultate essere oltre il doppio del normale (localmente, tra alta Toscana, levante ligure ed Emilia occidentale, anche il triplo), risultando per questa zona il tredicesimo mese di luglio più piovoso dal 1800 a oggi. Come tutte le statistiche, però, vanno interpretate. In alcune zone d’Italia il mese di luglio è risultato invece più secco della norma. In particolare in Puglia centro-meridionale (Salento in particolare), Sicilia centro occidentale e Sardegna centro-orientale è piovuto meno della metà della media di luglio.
Temperature di luglio 2014: nel Nord-Ovest fino a 2 gradi sotto la media (Isac-Cnr)Temperature di luglio 2014: nel Nord-Ovest fino a 2 gradi sotto la media (Isac-Cnr)
Freddo
Oltre alle abbondanti precipitazioni, il mese appena concluso ha fatto registrare anche temperature piuttosto fresche, chiudendo con un’anomalia di circa mezzo grado sotto la media del periodo 1971-2000 (88 mesi di luglio sono risultati più caldi dal 1800 a oggi). Per trovare anomalie più basse a luglio occorre andare indietro agli anni Novanta: i mesi di luglio 1996 e 1993 furono infatti più freddi di quello di quest’anno.

CRONOLOGIA DELLE ALLUVIONI
Un lungo elenco di tragedie. Legate al maltempo e soprattutto al dissesto idrogeologico del territorio. Prima della bomba d’acqua nel Trevigiano, l’Italia ha una drammatica consuetudine con le stragi provocate da piogge, frane, alluvioni. Ecco i principali disastri degli ultimi 15 anni.
Stragi per il maltempo, i precedenti in Italia
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9 settembre 2000. Alluvione a Soverato. L’ondata d’acqua arriva poco prima delle 5 e sorprende nel sonno tutto il campeggio de ’Le Giare’, dove insieme ai turisti c’erano tanti disabili organizzati in una specie di colonia. Il bilancio è di 12 morti. Il teatro della tragedia è il camping Le Giare, alle porte dei Soverato, una trentina di chilometri da Catanzaro.

3 luglio 2006. Ancora Calabria. Un violento nubifragio a Vibo Valentia: nel giro di pochi minuti la pioggia invade il centro e la zona marina. I morti sono quattro, tra cui un bambino di 15 mesi.

2 ottobre 2009. Scaletta Zanclea, Santo Stefano Briga, Giampilieri e Messina sud vengono ridotte in ginocchio da frane, crolli e allagamenti. Giampilieri viene devastata. Nel piccolo comune frana infatti un intero costone roccioso. Il bilancio delle vittime è pesantissimo: 37 morti, tantissimi i feriti, oltre mille sfollati.

25 ottobre 2011. Dodici vittime nell’alluvione che devasta lo spezzino e la lunigiana. Le Cinque terre vengono messe in ginocchio: tra i comuni più colpiti Monterosso al mare, Vernazza, Pignone, Rocchetta di Vara. In Toscana, danni pesanti ad Aulla, Pontremoli e Villafranca.

22 novembre 2011. Un’alluvione mette in ginoccio la provincia di Messina: Barcellona pozzo di Gotto, Meri e Saponara. Proprio a Saponara tre persone vengono inghiottite dal fiume di fango che si abbatte sulla frazione di Scarcelli. Il più piccolo delle vittime aveva appena dieci anni, Luca Vinci. Uccisi dalle tonnellate di fango anche Luigi Valla e Giuseppe Valla, padre e figlio, 55 e 28 anni.

1 novembre 2011. Forte alluvione a Massa e Carrara. Una persona muore colta da malore a causa dell’allagamento della sua abitazione.

12 novembre 2012. È di sei vittime il bilancio di un’alluvione in Toscana. La zona più colpita è quella di Grosseto, dove alcuni torrenti e il fiume Albegna straripano. Frane, sfollati e zone isolate anche in altre zone della Regione.

7 ottobre. Tragedia a Ginosa, nel tarantino, dove a causa del maltempo che si è abbattuto nella zona e in altre cittadine vicine, muoiono quattro persone travolte da acqua e fango. Grossi danni alle strutture e alle aziende.

3 maggio 2014. Un’alluvione colpisce le Marche, provocando due morti a Senigallia. Centinaia gli interventi per allagamenti, frane e smottamenti, evacuazioni di edifici pubblici e privati, soccorso ad automobilisti rimasti bloccati.