Avvenire 3/8/2014, 3 agosto 2014
CARCERI, QUANDO STRASBURGO CONDANNO’ L’ITALIA
Tutto comincia l’8 gennaio 2013 con la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo «Torregiani e altri contro Italia», che impone il rispetto di una proporzione minima tra numero dei detenuti e spazio vitale in carcere, misurato convenzionalmente dall’organo giudiziario del Consiglio d’Europa in 4 metri quadri a persona. La seconda sezione della Corte condanna dunque il nostro Paese a risarcire i sette ricorrenti che avevano subito trattamenti disumani nelle carceri di Busto Arsizio e Piacenza. In alcuni casi lo spazio disponibile era di meno di 3 metri quadri a testa. Come una crepa in una diga, la sentenza dà il via libera a un fiume di ricorsi analoghi, ben 6.829. A Strasburgo i magistrati emettono una sentenza pilota che impone al nostro Paese un anno per adottare provvedimenti correttivi del sovraffollamento penitenziario, con scadenza il 27 maggio 2014. Numerosi e accorati in questi mesi gli appelli dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Comincia così una corsa contro il tempo, avviata già in precedenza dal ministro della Giustizia Paola Severino (governo Monti), e portata avanti da Annamaria Cancellieri (Letta) e ora da Andrea Orlando (Renzi), per abbassare la pressione nelle carceri: meno custodia cautelare, più sconti per chi si avvicina a fine pena, più misure alternative. Provvedimenti apprezzati due mesi fa a Strasburgo: secondo i dati del Dap aggiornati al 31 luglio, oggi i reclusi sono 54.414 su una capienza regolamentare di 49.402. A maggio 2013 erano ancora circa 66mila.