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 2014  luglio 30 Mercoledì calendario

L’ULTIMO SPETTACOLO DEL VALLE

Tre giorni per chiudere un’avventura di tre anni. L’ultimatum del Comune di Roma agli occupanti del Teatro Valle è chiaro: andate via entro il 31 luglio e rimarrete tra i nostri interlocutori nella futura gestione di questo patrimonio della città. Altrimenti – il sottotesto nemmeno tanto implicito – arriveranno i lucchetti (e i manganelli), e allora l’esperienza del Valle occupato sarà cancellata da uno sgombero.
L’aut aut è stato già rispedito al mittente. Ieri pomeriggio le persone che hanno gestito il teatro negli ultimi tre anni hanno risposto con un’assemblea pubblica. La replica non è conciliante: “Noi non abbandoniamo questo spazio. Siamo disposti a mediare ma senza che venga agitato lo spettro di un intervento di polizia. Non chiudiamo le porte del Valle, ma da oggi le spalanchiamo e chiediamo aiuto a tutti: cittadini e artisti sono i benvenuti. Sgomberare 30 persone è un conto, cacciarne 200, 300 o 500 è un altra cosa”. Da oggi, ribadiscono, apre il “Grande Hotel Valle Occupato” e se qualcuno pensa di entrare con i manganelli, provi pure ad accomodarsi...
Non proprio un’apertura nei confronti della giunta Marino. La proposta del Comune era stata presentata lunedì sera dall’assessore alla Cultura appena insediata, Giovanna Marinelli, con la mediazione del Teatro di Roma e del suo presidente, Marino Sinibaldi. Il succo era questo: la gestione del Valle rimarrebbe pubblica – in seno appunto al Teatro di Roma – nel rispetto e nel riconoscimento della gestione di questi tre anni e con il coinvolgimento diretto della Fondazione Teatro Valle Bene Comune, nata proprio per trovare una forma al percorso iniziato con l’occupazione (conta già oltre 5mila soci). Soprattutto, verrebbe sventata ogni ipotesi di privatizzazione, una delle ragioni più urgenti per cui il Valle fu occupato nel 2011. Un’ottima base di partenza, apparentemente, per iniziare un percorso di collaborazione tra le istituzioni pubbliche e il movimento che è stato protagonista di una significativa stagione di sperimentazioni culturali e artistiche. Peccato che allegata alla proposta, c’era anche la data di scadenza: il Teatro Valle deve essere riconsegnato alla Soprintedenza dei Beni Culturali entro venerdì. Chi ha tenuto aperte le sue porte in questi tre anni se ne deve andare subito. Superato il limite del 31 luglio, l’ipotesi della “fusione” col Teatro di Roma cade. Cosa succederà il primo agosto nessuno lo dice, ma tutti lo immaginano.
Per gli occupanti del Valle, sono sospette – e inaccettabili – le ragioni che secondo il Comune di Roma richiederebbero un intervento così urgente, dopo tre anni di inerzia. La prima motivazione: la struttura ha bisogno urgente di lavori di restauro e messa in sicurezza. Curioso – replicano dal Valle – che all’improvviso si abbia tanta fretta di intervenire su un edificio che non viene restaurato dagli anni ’60. L’altra ragione che spiegherebbe la premura del Campidoglio, è l’intervento della Corte dei Conti: i magistrati contabili hanno aperto un’indagine sul presunto danno erariale causato dall’occupazione del teatro, e ha chiesto al sindaco Marino un’audizione per ascoltare le sue considerazioni sull’argomento.
Anche questa secondo gli inquilini del Valle, è un’argomentazione risibile: a fronte delle utenze e delle “bollette” di cui il Comune ha continuato a farsi carico (“poche decine di migliaia di euro”, secondo la Fondazione), c’è un risparmio più consistente: un milione e 200 mila euro stanziati per il teatro nel 2011, prima dell’occupazione, e poi ovviamente mai versati. Il Teatro Valle – rivendicano gli occupanti – è riuscito comunque a garantire un palinsesto all’altezza, ad aprire corsi e laboratori, a collaborare con artisti e collettivi italiani e internazionali, a tenere vivo un punto di riferimento per la cultura della città, in un periodo di decadenza e crisi lacerante: tutto senza chiedere un euro.
La mediazione con le istituzioni è necessaria – riconoscono gli occupanti – ma sulla base delle loro proposte: “una direzione artistica a chiamata pubblica su progetto, la salvaguardia dei princìpi che hanno animato i tre anni della nostra esperienza, la tutela dei lavoratori, rapporti di lavoro basati sull’equilibrio tra paghe minime e massime, una politica dei prezzi che garantisca l’accesso a tutti.”
Ieri all’assemblea pubblica ha preso la parola Marino Sinibaldi, per ribadire la proposta del Teatro di Roma e dell’assessore Marinelli: “Il Comune – ha detto – mi ha dato mandato per risolvere questa situazione. Vi diamo la garanzia che il Valle rimarrebbe uno spazio pubblico. Apparterrebbe alla città. Sarebbe un teatro partecipato, come chiedete voi. Siamo pronti a una convenzione con la Fondazione Teatro Valle Bene Comune. Ma sottolineo che il mio mandato scade venerdì”. “Tutto bello – ha replicato Ilenia Caleo, una delle leader dell’occupazione – ma abbiamo bisogno di un impegno formale. Vogliamo capire il motivo della ‘tagliola’ del 31 luglio e un incontro pubblico con l’assessore il 1 agosto”. Sinibaldi ha alzato le spalle: “Questo dovete chiederlo a chi amministra la città”.