Adriana Marmiroli, La Stampa 1/8/2014, 1 agosto 2014
“DA CATTIVA DELLA TV AL CINEMA DEI VANZINA”
[Intervista a Giulia Michelini] –
Si può dire che a Mediaset Giulia Michelini è cresciuta: aveva 17 anni al debutto in Distretto di polizia. Oggi, alla vigilia dei 30, è la star delle produzioni che Taodue realizza per Canale 5: dal 1° settembre per la sesta volta nei panni della cattivissima Rosy Abate in Squadra Antimafia.
E subito dopo protagonista della miniserie Il bosco, diretta da Eros Puglielli. «Rosy è personaggio entrato in punta di piedi in Squadra, ma alla lunga ha mangiato il terreno a tutti. Spietata e senza scrupoli ha conquistato l’Italia», spiega.
Un punto debole però l’ha anche lei: il figlio, e gliel’hanno ucciso.
«La troviamo in un ospedale psichiatrico giudiziario: non è impazzita, ma si è estraniata dalla realtà per via del grande dolore provato. In tutta questa stagione la vedremo abbastanza distaccata e ai margini del conflitto. Anche se per fare un favore al vicequestore Calcaterra farà scelte pericolose che la rimettono in gioco. Anche con il redivivo Da Silva - uno dei punti di forza della stagione - vivrà momenti decisivi…»
Si era detto che lei voleva lasciare.
«E lo confermo. Avevo chiesto che in questa stagione Rosy fosse messa un po’ da parte: sono stata accontentata. Mi pare che come personaggio abbia detto tutto. E poi ho una famiglia cui dedicarmi (madre single, ha un bambino di 9 anni, ndr). Vorrei sospendere per un po’ con i ritmi forsennati della lunga serialità».
Dopo «Squadra Antimafia» è riuscita a interpretare «Il bosco».
«Si è trattato di poche puntate. Ed era bello cambiare. Puglielli è bravissimo a costruire storie dalle atmosfere un po’ mystery. Il mio personaggio, Nina, è ragazza poco stabile, che ha ottenuto la cattedra di psicologia nella cittadina natale che aveva lasciato molti anni prima. Presente e passato (l’inspiegabile abbandono della madre, che torna in flashback) ma anche immaginario si mescolano…».
Già la immaginiamo in un seguito.
«Me lo auguro per i miei compagni di lavoro, Claudio Gioè, Andrea Sartoretti, Gianmarco Tognazzi, e per Puglielli. Ma non per me».
Ha appena finito di girare «Torno indietro e cambio vita»: un cambio di vita vero, dai drammoni - ancorché in giallo - della tv al cinema light dei Vanzina Bros.
«Un gruppo di trentenni - Bova, Memphis, io… - è riportato indietro nel tempo e rivive i propri 17 anni, ha una seconda chance, ma restando adulto nel corpo. Alcuni ne hanno coscienza, ma non io. La serialità è stato un marchio a fuoco che mi ha segnata per un po’ di tempo. Ora mi pare di essere uscita da quella dimensione unica. E poiché mi piace sorprendere, punto sulla commedia. Anche se sto ancora cercando di capire la mia vena comica».
Non dovrebbe essere difficile avendo lavorato con Zalone e «i soliti idioti» Biggio e Mandelli.
«Sono stati casi fortuiti…? Però è vero, sono stata coinvolta in casi abbastanza estremi e istruttivi».
Lei ha cominciato a 17 anni, era ancora al liceo.
«E dopo il liceo mi ero anche iscritta all’università. L’ho lasciata non per recitare ma perché ero incinta. Facevo fatica a entrare nei banchi…».
E poi si è trovata a fare solo l’attrice. Nessun fuoco sacro?
«Il lavoro andava bene. Ma il fuoco sacro non l’ho mai avuto. Neppure adesso. Definirmi attrice mi riesce difficile. Recitare è ancora un gioco». Fatto molto molto seriamente.
Adriana Marmiroli, La Stampa 1/8/2014