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 2014  agosto 01 Venerdì calendario

SCARICATO COTTARELLI CRESCONO I TIMORI PER LO STALLO SULLA SPESA

Scena numero uno, Matteo Renzi alla direzione del Pd: «Rispetto e stimo Carlo Cottarelli. Farà quel che crede. Ma non è lui il punto fondamentale: la revisione della spesa la faremo anche se va via, dicendo con chiarezza che i numeri sono quelli». Scena numero due, Graziano Delrio ai cronisti: «Dietro alla questione di Cottarelli ci sono vicende di vario tipo, anche personali». Scena numero tre, Carlo Cottarelli al telefono, a precisa domanda di un solo cronista a proposito di supposte ragioni personali che lo spingerebbero a lasciare: «Da queste battute non mi faccio toccare, vado avanti. Non ho presentato alcuna lettera di dimissioni». A 24 ore dalle voci che vogliono l’ex funzionario del Fondo monetario in uscita dal suo ufficio al Tesoro, il clima è surreale. Dalle parole del premier e del suo sottosegretario è evidente che lascerà. Non oggi, non domani, ma presto. Il ministro Padoan gli ha chiesto di restare per un po’, a finire di predisporre le ipotesi di tagli che in autunno, con lui o senza di lui, il governo dovrà introdurre nella legge di Stabilità. Se così non fosse, e a meno di non introdurre nuove tasse, la conferma del bonus da ottanta euro non ci sarà. Una ipotesi che Renzi non prende nemmeno in considerazione. Che è successo dunque? Se davvero il lavoro di Cottarelli servirà comunque come base per i provvedimenti del governo, come mai queste mezze dimissioni in piena estate?
Che Renzi e Cottarelli non si amassero era cosa nota. Due storie diverse, due ruoli troppo lontani. Il primo, politico a tutto tondo, impegnato a destare gli italiani dal torpore della crisi. L’altro, altissimo funzionario del Fondo monetario, che negli ultimi 25 anni non si è occupato d’altro che di crudi numeri. Suo malgrado, agli occhi di Renzi Cottarelli rappresentava l’ultima pedina ancora da rimuovere del governo Letta. Eppure nessuno si aspettava uno showdown improvviso. La miccia è stata il post con il quale, l’altro ieri, Cottarelli ha criticato sul suo blog la norma che ha detto sì alla pensione anticipata per circa quattromila insegnanti. Una norma che - dicono al Tesoro - rischia di costare ben 400 milioni di euro in tre anni e non - come dicevano le prime stime - in cinque. Una uscita che a Palazzo Chigi non è piaciuta per nulla, ma l’occasione giusta per lasciar trapelare a mezzo stampa una decisione che sarebbe comunque arrivata. Dopo la pubblicazione del post, mercoledì sera, Cottarelli è stato anche cercato al telefono, ma dall’altra parte non ha risposto nessuno. Secondo alcuni amici per lui è stata in fondo l’occasione di marcare la distanza, stufo di vivere sotto assedio in una stanza d’angolo al Tesoro, con la famiglia lontana (a Washington) e nel dubbio se la nuova norma che vieta il cumulo fra incarico pubblico e pensione (quella che riceve dal Fondo monetario) e prevista dal decreto Madia, si applicasse anche a lui. Insomma, quella che si sta consumando è una separazione quasi consensuale. Dopo l’estate il suo lavoro passerà ad una squadra di fedelissimi del premier guidati dal deputato Yoram Gutgeld. Resta solo da capire come la prenderanno all’estero. Renzi non è preoccupato, il rappresentante delle banche estere in Italia, Guido Rosa, teme una fuga dei capitali dall’Italia per le «continue delusioni» sul fronte dei risparmi di spesa. Il sei agosto Piercarlo Padoan dirà la sua pubblicamente alla Camera. Secondo alcune voci sarebbe stufo quanto Cottarelli. Però in questo caso si tratta davvero solo di voci.
Twitter@alexbarbera
Alessandro Barbera, La Stampa 1/8/2014