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 2014  agosto 01 Venerdì calendario

MANCINI E LO SCUDETTO “JUVE E ROMA ATTENTE L’INTER PUÒ SORPRENDERE”

[Intervista a Roberto Mancini] –
Mancini, domenica scorsa a Budapest, in occasione dell’amichevole tra il Galatasaray e la Honved, dove gioca suo figlio Andrea, lei ha incontrato Prandelli. L’ex ct si è ripreso dalla batosta mondiale?
«Sì, ormai il Mondiale è il passato, è già immerso nella nuova avventura a Istanbul: anche per lui sarà un’esperienza molto interessante».
Che poi il materiale umano a sua disposizione non era granché, diciamolo.
«Non è proprio così, venivamo da un secondo posto agli Europei, la delusione ci sta. Il Mondiale però è un torneo breve, gli episodi sono determinanti: l’Olanda è arrivata in fondo, ma agli ottavi contro il Messico a 5 minuti dalla fine era fuori».
L’Italia ora dovrebbe seguire il modello tedesco?
«No, così come non doveva copiare gli spagnoli dopo i loro successi. Noi siamo l’Italia, abbiamo vinto quattro mondiali e potevamo vincerne di più, dobbiamo seguire la nostra strada, puntare sulle nostre risorse e tradizioni. Giusto documentarsi e studiare gli altri, ma il calcio italiano ha una sua identità e non deve perderla».
Ecco perché Zeman la vede come ct azzurro ideale.
«Mi fa piacere che lo pensi, ma chissà come andrà a finire questa vicenda. Nessuno mi ha chiamato e non conosco nessuno di quelli che devono decidere».
Beh, il candidato Albertini lo conosce eccome, e sembra avercela con lei. In un’intervista disse “Mancini non mi ha rispettato”.
«Non so perché si sia espresso così, non capisco. Nel 2003 lo portai io alla Lazio, era a fine carriera quindi qualche volta giocava e qualche volta no, forse è quello, ma parliamo di più di 10 anni fa. Di sicuro io ho sempre rispettato tutti».
Per Tavecchio invece lei “è quello delle Marche”.
«Non lo conosco, so solo che è uno dei due candidati alla presidenza federale».
Sulla famosa gaffe che idea si è fatto?
«Il razzismo è un argomento delicato e lui ha espresso molto male quel concetto, con parole sbagliate. Ma, anche se ognuno è libero di esprimere la propria opinione, non mi piace quando tutti si scagliano contro una sola persona: non siamo perfetti, si può commettere un errore. Certo, ripeto, il tema è centrale».
Lei ha detto di sentirsi pronto a lavorare da ct.
«Sono molto sereno: se arriverà una proposta, la valuterò. Stesso discorso per l’eventuale chiamata di un club, è il mio lavoro».
Magari è difficile che un ex interista per esempio venga chiamato dal Milan.
«Io sono un professionista. Prendete Capello: ha allenato Roma, Juve e Milan. Normale. Ma questo è un discorso generale, il Milan ha un allenatore giovane al quale darà fiducia».
Con Galliani a suo tempo ci furono tensioni.
«Sarà passato un secolo, eravamo giovani (ride, ndr). Ormai siamo amici. Ma ripeto, il problema non si pone».
Allegri rischia di finire come Benitez dopo Mourinho?
«Anche con Conte in panchina, difficile vincere il quarto scudetto consecutivo. Ma la rosa è fortissima, la Juve resta la favorita».
Sorpreso dall’addio di Conte?
«Sorpreso dai tempi: dopo due giorni di ritiro è stata una scelta spiazzante».
È così difficile restare più di tre anni nello stesso club?
«In Italia, con le pressioni e gli eccessi che si vivono, è quasi impossibile andare oltre i cinque anni. E i presidenti hanno fretta».
Cioè?
«È il limite del nostro calcio: a loro interessano solo i risultati, a un allenatore non si dà il tempo necessario per inserire un giovane, provare qualcosa di diverso, costruire una squadra. In questo sì, dobbiamo imparare dall’Inghilterra: anche lì i tecnici vengono esonerati, ma non dopo 10 giornate».
Di sicuro i campioni ormai sono altrove.
«Ma non dobbiamo piangerci addosso. Questione di cicli: per tanto tempo i migliori giocatori erano nel nostro campionato, ci siamo divertiti, ora tocca agli altri. Prendiamo il positivo: i giovani avranno più spazio».
A proposito di giovani: mica male James Rodriguez.
«Già nel Porto dava spettacolo. Ma per Ancelotti sarà complicato replicare il successo in Champions».
La sua favorita?
«Vedo bene il City: punta sui giocatori che hanno vinto con me, aggiungendo Mangala e Fernando. Può essere l’anno buono».
E in Italia può essere l’anno buono per la Roma?
«Sì, si è rafforzata parecchio. Iturbe è stato il colpo del mercato, Uçan lo conosco bene perché era nel Fenerbahçe: ha fisico e tecnica, è pronto per la serie A. Ma ripeto, per me la Juve al momento è in pole position. Subito dopo Roma e Napoli, appaiate; in terza fila Inter, Milan e Fiorentina».
La “sua” Inter non ha fatto grandi acquisti.
«Ma se parte bene, può sorprendere come la Roma lo scorso anno: lottare per il titolo è nel dna dei nerazzurri».
Stupito dalla mossa di Van Gaal, quella del portiere pararigori?
«Ha avuto coraggio, ma sapeva bene che la scelta sarebbe stata vincente. La sua Olanda avrebbe meritato di più».
Curioso di vedere Luis Enrique sulla panchina del Barcellona?
«Secondo me non sarà facile far coesistere Messi, Suarez, due centravanti, e Neymar. Tre fuoriclasse, sia chiaro, ma il tridente non mi sembra ben assortito. Forse solo la mentalità del Barça può riuscire nell’impresa».
Giulio Cardone, la Repubblica 1/8/2014