Corrado Zunino, la Repubblica 1/8/2014, 1 agosto 2014
ROMA, LADY 1.243 CASE FA LA PACE CON IL FISCO “PAGHERÒ 50 MILIONI”
ROMA.
Anche Angiola Armellini, ultima dei vip in contenzioso, sceglie l’accordo con l’Agenzia delle Entrate. Erede di un impero immobiliare costruito dal padre nella capitale, passata alla recente storia fiscale come l’evasore più ardito d’Italia — due miliardi di euro portati in Lussemburgo, Ici e Imu non pagati per 1.243 appartamenti —, in queste ore l’immobiliarista romana con residenza a Roma sta chiudendo una transazione con il Fisco. Le costerà 37 milioni di euro, a cui andranno aggiunti i 10 milioni da versare al Campidoglio per le tasse locali non pagate.
L’accordo potrebbe essere chiuso alla fine della prossima settimana: l’avvocato storico della Armellini, Alba Torrese, sta definendo con due funzionari dell’Agenzia gli ultimi dettagli. Come tutte le storie fiscali, anche quella di una delle tre figlie di Renato Armellini — lui sì palazzinaro in nero degli Anni Sessanta, amico di avvocati, commercialisti e giudici che hanno attraversato da imputati le più importanti inchieste della Prima Repubblica — è complessa. I legali dell’indagata (per evasione fiscale) a lungo hanno coltivato l’idea di andare allo scontro con l’Agenzia, che si è servita di accertamenti della guardia di finanza. Angiola Armellini, assicurano, non ha evaso due miliardi di lire, come rimbalzato a fine gennaio 2014, ma quella è la cifra che avrebbe dovuto certificare in dieci anni di dichiarazione dei redditi. Il patrimonio di Angiola Armellini — 1.200 tra appartamenti, magazzini e negozi soltanto a Ostia, litorale di Roma, tra cui l’ex Bronx di via Fasan, altri all’Eur, al Tuscolano, al Laurentino, alcuni palazzi in zone centrali che ospitano gli uffici di aziende imponenti, i tre alberghi Aran — è stato valutato pari a 300 milioni.
Dal 2004, consigliata dal vecchio commercialista del padre, la rentier ha trasferito in Lussemburgo le sue venti società (Lemon Green, Mhm, Chameron, Chabron) con cui gestiva l’immobiliare. «Ho sempre pagato le tasse sul reddito delle mie società e l’imposta Irap in Italia», sostiene la Armellini, che presto si accorse che l’esterovestizione delle proprietà non produceva guadagni. «Sono stata mal consigliata». Nel 2008, governo Berlusconi, l’immobiliarista scelse di aderire allo scudo fiscale tremontiano e versò 6,3 milioni per far rientrare in Italia le società all’estero. Le intestò a un trust, mentre le sorelle Francesca e Alessandra usarono lo scudo fiscale per le loro aziende con nome e cognome (senza conseguenze). L’inchiesta su Angiola Armellini nasce nel 2009 a proposito della sua lunga residenza nel Principato di Monaco. Successivamente, anche a causa di un fallimento dell’ex marito, prende la piega lussemburghese. I finanzieri si sono accorti che in due società l’Armellini risulta consulente a 200 mila euro l’anno: tornano a fascicolo le memorie delle evasioni del padre, i conti correnti aperti dalla figlia in paesi esoticamente off shore. Così, lo scorso gennaio arriva la contestazione monstre: due miliardi non dichiarati. Saliranno addirittura a tre. La donna risiede in un appartamento romano — attico e superattico nel rinascimentale Palazzo Alberini — non registrato come abitazione, solo come ufficio.
Stretta tra la fama di famiglia e l’ammanco indiscutibile sull’imposta sulle case romane, la Armellini evita lo scontro sulla legittimità del trust in Lussemburgo e lascia che l’avvocato Torrese ingaggi la transazione. L’Agenzia delle entrate, considerando il Lussemburgo nella black list dei paesi a regime fiscale privilegiato, pretende subito 300 milioni (il valore dell’intero patrimonio) per la “mancata dichiarazione” decennale. I legali ricordano che 6,3 milioni erano già stati dati allo Stato attraverso dieci scudi fiscali. Dopo quattro mesi l’accordo si sta chiudendo a queste condizioni: 26-27 milioni di euro da restituire allo Stato per la mancata dichiarazione e un’altra decina per episodi di evasione. Si discute ancora sull’eventuale rateazione del debito. Sul fronte comunale, i 3,6 milioni di Ici-Imu non pagati tra il 2008 e il 2009 a un’analisi più larga sono cresciuti esponenzialmente. «Vantiamo crediti dal Comune di Roma per 16 milioni», dice la Armellini. Tolte le compensazioni, alla fine darà al Comune di Ignazio Marino 10 milioni.
L’accordo con l’Agenzia delle Entrate dovrebbe servire ai penalisti di Angiola Armellini per presentare alla procura, a settembre, un’istanza di patteggiamento della pena.
Corrado Zunino, la Repubblica 1/8/2014