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 2014  agosto 01 Venerdì calendario

COTTARELLI È USCITO DAL SEMINATO, MA NON VA USATO COME PARAVENTO

Il caso Cottarelli è esploso. Il commissario alla spending review contesta la destinazione dei tagli a nuove spese che così impedisce l’abbassamento delle tasse, prendendo spunto dal pensionamento, la famosa quota 96, di 4 mila insegnanti rimasti intrappolati nelle maglie della legge Fornero, e lascia intendere che in autunno potrebbe dimettersi. Ma poi ha precisato che il suo lavoro continua e che non v’è nulla da segnalare. Le cronache informano che addirittura il premier lo avrebbe di fatto già sostituito affidandosi ai consulenti che si accinge a nominare per Palazzo Chigi e, in particolare, all’onorevole Yoram Gutgeld, un suo fedelissimo. Finora non si conosce in dettaglio il lavoro, che sarebbe ponderoso, compiuto dal commissario in termini di analisi e proposte, delle quali non sarebbe stata ancora autorizzata la pubblicazione da parte del governo. Non è chiaro neppure a chi Cottarelli ha rivolto le contestazioni: se all’Esecutivo o al Parlamento. Dal Tesoro si tende a sminuire la vicenda. Certamente gli spazi per l’azione del commissario, inizialmente avvolta da propositi forse velleitari, appaiono ristretti, tra ministero dell’Economia, presidenza del Consiglio con lo staff di esperti di imminente insediamento, Ufficio parlamentare del Bilancio. E le sue attribuzioni non sono parificabili, per esempio, a quelle del commissario anticorruzione, diverse e molto più incisive, ma anche più legate all’oggettività: è differente una funzione preventiva e repressiva di illeciti rispetto a una scelta d’intervento sulla spesa pubblica, che non può essere slegata da valutazioni politiche. Detto ciò, va tenuto fermo che una funzione come quella di Cottarelli deve essere esplicata ma non può essere ritenuta decisionale; essa resta nell’ambito dell’alta consulenza, abilitati a decidere essendo il Governo e il Parlamento. Allora è importante che le proposte da lui presentate siano vagliate dall’esecutivo e, se rigettate, ciò avvenga con adeguata motivazione; si può anche convenire che il tutto sia poi pubblicizzato. Ma non si può andare oltre con una eventuale pretesa di Cottarelli di avere sempre e comunque l’adesione al suo lavoro da parte del governo e addirittura di lasciare la carica qualora l’esecutivo non accolga le sue indicazioni. In questo caso saremmo in presenza di una distorsione istituzionale, basata su una patologica visione della funzione del commissario. Da questo punto di vista Renzi ha ragione se circoscrive correttamente l’ambito delle attribuzioni dell’ex funzionario del Fmi. È evidente che ora le opposizioni cercheranno di usare Cottarelli contro il governo ma semmai è il merito delle proposte del commissario che va discusso. Piuttosto, muovendo dal ricordo delle illusioni che la faciloneria di alcuni aveva fatto balenare sulla rapida razionalizzazione della spesa a opera di un personaggio che, per aver lavorato all’Fmi, avrebbe avuto la bacchetta magica per mettere tutto a posto, ci si deve chiedere perché una vicenda del genere, quando viene resa nota, deflagri così intensamente. La risposta sta nel fatto che, in particolare in queste settimane, i programmi di politica economica e di finanza pubblica sono del tutto trascurati; che ci stiamo avvicinando a passaggi difficili, a cominciare dal 6 agosto quando verrà rilasciato il dato sul pil nel secondo semestre, senza che appaiano una forte concentrazione e un risoluto impegno del governo; che tace il ministero dell’Economia anche se ci si avvede, come accaduto ieri nell’incontro tra Padoan e il ministro francese Sapin, della straordinarietà degli sforzi da compiere per la crescita. Nel vuoto, le contestazioni di Cottarelli risaltano ancora di più. Se ne prenderà finalmente atto e si appresteranno le necessarie correzioni che implicano scelte politiche tempestive, non una proliferazione di ruoli di esperti, dietro i quali magari nascondersi, salvo poi scaricarli quando non dovessero apparire allineati.
Angelo De Mattia, MilanoFinanza 1/8/2014