Marco Rogari, Il Sole 24 Ore 1/8/2014, 1 agosto 2014
PRIMA FRATTURA SULLA COPERTURA DEL BONUS 80 EURO
ROMA
La dote per il bonus Irpef, gli interventi proposti e poi cassati su pensioni, sicurezza e sanità, il dossier partecipate. Non mancano certo i temi che hanno creato attriti fra il supercommissario alla spending review e Palazzo Chigi. Ma proprio da quello che il governo in carica considera il suo asso nella manica, il bonus 80 euro, si innesca la prima frizione tra lo staff di Matteo Renzi e Carlo Cottarelli. Incaricato nell’autunno del 2013 dall’esecutivo Letta su indicazione dell’allora ministro dell’Economia Maurizio Saccomanni di usare le forbici con decisione sulla giungla delle spesa pubblica italiana, Cottarelli lascia il Fondo monetario internazionale e a novembre si mette subito al lavoro. Con l’obiettivo di presentare nella primavera del 2014 un primo dossier sui risparmi realizzabili quest’anno. E Renzi fa molto affidamento sui sul dossier Cottarelli per coprire con la spending review gran parte degli oltre 6 miliardi necessari per il bonus Irpef nella seconda parte del 2014.
Ma proprio nel giorno dell’annuncio da parte del premier dell’arrivo del bonus emerge la prima differenza di valutazioni. Cottarelli nel corso di un’audizione parlamentare afferma che nella seconda parte del 2014 sono da considerare realizzabili non più di 3,5-4 miliardi di tagli selettivi alla spesa. Renzi apprende questo dato quasi con sorpresa e indica in 6-7 miliardi la dote utilizzabile, ovvero l’obiettivo massimo indicato da Cottarelli nel suo dossier per l’intero 2014 nel caso di interventi attuati fin da gennaio. Ma anche lo stesso dossier diventa oggetto di una chiara diversità di vedute.
Cottarelli propone già per quest’anno un massiccio intervento sulle pensioni (prelievo su assegni alte con uso ancora più esteso del contributivo, giro di vite su invalidità e via dicendo) e spinge per una stretta sulla sanità. Il tutto per recuperare subito 2-2,5 miliardi e spianare la strada alla sua spending. Ma dal premier arriva pubblicamente un no secco a misure sul welfare. Alla fine, la riduzione della spesa realizzata con il decreto Irpef si attesta attorno ai 3,5 miliardi. E complessivamente il giro di vite per il 2014 con la cura Cottarelli non raggiunge i 4 miliardi come indicato nelle settimane precedenti dal commissario per la spending.
Le voci di tensioni cominciano a susseguirsi con maggiore insistenza. Ma a gettare acqua sul fuoco ci pensa il ministro Pier Carlo Padoan che a più riprese fa sapere che il rapporto con Cottarelli sono solidi e i contatti sono quotidiani. Ma si apre subito la partita per rendere strutturale il bonus Irpef dal 2015: servono più di 10 miliardi, al netto del taglio dell’Irap, che diventano 12-13 miliardi nel caso di estensione di 80 euro a nuclei mono-reddito con più figli, pensionati e incapienti (come promesso dal governo). Il Def indica un obiettivo dalla spending per il 2015 di 17 miliardi (e 32 nel 2016). E Renzi stesso affida alla spending il compito di rendere strutturale il bonus. Cottarelli conta di realizzarne 14 in aggiunta agli oltre 3 strutturali già previsto dal decreto Irpef, ma solo con la collaborazione delle amministrazioni e con interventi "invasivi" come quelli sulle partecipate, sulla sicurezza (e probabilmente sul welfare).
«Le scelte sono politiche», ripete spesso il commissario alla spending facendo capire che le sorti della spending non sono appese solo al suo operato. Scelte che riguardano anche un grande nodo che resta da sciogliere: le clausole di garanzia per ben 4,4 miliardi ereditate dall’esecutivo Letta per evitare che scattino automaticamente nuovi aumenti di tasse o tagli lineari. Clausole che insieme al rifinanziamento delle cosiddette spese indifferibili (Cig, missioni di pace ecc.) di fatto hanno già ipotecato quasi del tutto la fase 2 della spending. Il governo non ha ancora chiarito che cosa intende fare. E intanto ha fatto salire l’asticella della spesa lasciando anche la strada aperta al ricorso a tagli lineari per attuare la riforma della Pa. Una decisione su cui Palazzo Chigi e il commissario alla spending sembrano ancora una volta avere le stesse idee.
Marco Rogari, Il Sole 24 Ore 1/8/2014