Paolo Baroni, La Stampa 1/8/2014, 1 agosto 2014
Un piano da sette miliardi in 32 mosse ma i risparmi sono stati boicottati Paolo Baroni Della spending review si sono perse le tracce? Il Giavazzi di turno, come il capo dei deputati di Forza Italia Brunetta non hanno tutti i torti
Un piano da sette miliardi in 32 mosse ma i risparmi sono stati boicottati Paolo Baroni Della spending review si sono perse le tracce? Il Giavazzi di turno, come il capo dei deputati di Forza Italia Brunetta non hanno tutti i torti. La revisione della spesa doveva essere la panacea di tutti i mali (di bilancio) e fino ad ora si è rivelata poca cosa. E anche quel poco che si è provato a fare è stato poi smontato, una volta da un ministero, un’altra volta dal Parlamento, altre volte dallo stesso governo. Basta ricordare che il primo piano «in 32 mosse» del Commissario Cottarelli prevedeva di risparmiare già da quest’anno 7 miliardi, che poi sarebbero saliti a 18,1 nel 2015 e addirittura a 33,9 nel 2016. Al primo test, però, quando si trattava di individuare le coperture per il bonus da 80 euro (6,5 miliardi quest’anno, 10 il prossimo), s’è subito capito che la spending, anche per ragioni di tempo, non poteva rendere granché. E così da 7 miliardi l’obiettivo è stato portato a 4,5. E per le coperture del bonus sono stati indicati in pratica dei tagli lineari, in tutto 2,1 miliardi da spartire tra governo, regioni e comuni. In poche settimane si sono infatti persi... per strada 400 milioni su 2,2 miliardi di risparmi su acquisti e stipendi, un miliardo su due di tagli ai trasferimenti ed un altro miliardo su due alla voce «Settori», perché nel frattempo dal menù erano sparite le pensioni, che da sole, tra prelievi straordinari e blocco delle indicizzazioni, avrebbe fruttato 1,8 miliari quest’anno, 2,4 nel 2015 e 3,4 nel 2016. Ma sul capitolo pensioni è arrivato subito il no di Renzi: la previdenza non si tocca. E dunque calcoli da rifare, ovviamente al ribasso. A parte questo primo «incidente», per il resto sino ad oggi il governo non ha cambiato di molto le previsioni per i prossimi due anni, le ha solo limate un poco fissando come obiettivo 17 miliardi per l’anno prossimo (ieri però Renzi ha parlato di 16) e 32 per quello successivo. Si partiva da un totale di 59 miliardi in tre anni e si è arrivati a 53,5 miliardi (o forse 52,5). Poi però sono ripresi gli intoppi e con la sanità si è in pratica ripetuta la stessa storia delle pensioni. «Mr. Spending review» voleva incamerare 3,1 miliardi grazie all’introduzione dei costi standard e al nuovo Patto della salute, ma il ministro Lorenzin e le Regioni si sono accordati per tenere tutti i risparmi all’interno del comparto Sanità. E la riforma della Pa? Anche qui zero risparmi, per la gioia del ministro Madia e soprattutto dei sindacati. Anzi, è previsto che questo decreto in fase d’avvio produca nuovi costi. Anche perché, dopo settimane di can can, la vicenda dei compensi dei dirigenti si è risolta in una burletta. Fissato un tetto massimo di 240 mila euro per tutti i grand commis, radio-governo si era spinta a ipotizzare interventi a cascata su tutte le fasce inferiori della dirigenza, introducendo addirittura nuove griglie di stipendio a 190, 120 e 80 mila euro. Non se ne è fatto nulla, anzi nel frattempo il Senato ha esentato dal tetto i manager delle società controllate. Scelta che ora potrebbe venir ribaltata alla Camera. Intanto, però, Cottarelli ha dovuto tirare una bella riga su altri 1500 milioni di risparmi. L’ultimo affondo è stato tentato sugli acquisti: da 34 mila centrali si doveva passare a 35-40, in maniera da risparmiare subito 800 milioni che salivano a 5,2 miliardi nel 2015 e a 12,1 nel 2016. Anche Renzi sembrava d’accordo. Poi però, 20 giorni fa, il governo ha fatto un mezzo dietrofront concordando coi Comuni un rinvio al 2015. «Il commissario propone, poi è il governo che decide» continua a ripetere il premier. Che da tempo tratta Cottarelli alla stregua di un semplice consulente. Non è un caso dunque se i 25 dossier «settoriali» fatti preparare da 25 differenti gruppi di lavoro siano rimasti «top secret». Da marzo. Anche questi troppo scomodi per Renzi? @paoloxbaroni Della spending review si sono perse le tracce? Il Giavazzi di turno, come il capo dei deputati di Forza Italia Brunetta non hanno tutti i torti. La revisione della spesa doveva essere la panacea di tutti i mali (di bilancio) e fino ad ora si è rivelata poca cosa. E anche quel poco che si è provato a fare è stato poi smontato, una volta da un ministero, un’altra volta dal Parlamento, altre volte dallo stesso governo. Basta ricordare che il primo piano «in 32 mosse» del Commissario Cottarelli prevedeva di risparmiare già da quest’anno 7 miliardi, che poi sarebbero saliti a 18,1 nel 2015 e addirittura a 33,9 nel 2016. Al primo test, però, quando si trattava di individuare le coperture per il bonus da 80 euro (6,5 miliardi quest’anno, 10 il prossimo), s’è subito capito che la spending, anche per ragioni di tempo, non poteva rendere granché. E così da 7 miliardi l’obiettivo è stato portato a 4,5. E per le coperture del bonus sono stati indicati in pratica dei tagli lineari, in tutto 2,1 miliardi da spartire tra governo, regioni e comuni. In poche settimane si sono infatti persi... per strada 400 milioni su 2,2 miliardi di risparmi su acquisti e stipendi, un miliardo su due di tagli ai trasferimenti ed un altro miliardo su due alla voce «Settori», perché nel frattempo dal menù erano sparite le pensioni, che da sole, tra prelievi straordinari e blocco delle indicizzazioni, avrebbe fruttato 1,8 miliari quest’anno, 2,4 nel 2015 e 3,4 nel 2016. Ma sul capitolo pensioni è arrivato subito il no di Renzi: la previdenza non si tocca. E dunque calcoli da rifare, ovviamente al ribasso. A parte questo primo «incidente», per il resto sino ad oggi il governo non ha cambiato di molto le previsioni per i prossimi due anni, le ha solo limate un poco fissando come obiettivo 17 miliardi per l’anno prossimo (ieri però Renzi ha parlato di 16) e 32 per quello successivo. Si partiva da un totale di 59 miliardi in tre anni e si è arrivati a 53,5 miliardi (o forse 52,5). Poi però sono ripresi gli intoppi e con la sanità si è in pratica ripetuta la stessa storia delle pensioni. «Mr. Spending review» voleva incamerare 3,1 miliardi grazie all’introduzione dei costi standard e al nuovo Patto della salute, ma il ministro Lorenzin e le Regioni si sono accordati per tenere tutti i risparmi all’interno del comparto Sanità. E la riforma della Pa? Anche qui zero risparmi, per la gioia del ministro Madia e soprattutto dei sindacati. Anzi, è previsto che questo decreto in fase d’avvio produca nuovi costi. Anche perché, dopo settimane di can can, la vicenda dei compensi dei dirigenti si è risolta in una burletta. Fissato un tetto massimo di 240 mila euro per tutti i grand commis, radio-governo si era spinta a ipotizzare interventi a cascata su tutte le fasce inferiori della dirigenza, introducendo addirittura nuove griglie di stipendio a 190, 120 e 80 mila euro. Non se ne è fatto nulla, anzi nel frattempo il Senato ha esentato dal tetto i manager delle società controllate. Scelta che ora potrebbe venir ribaltata alla Camera. Intanto, però, Cottarelli ha dovuto tirare una bella riga su altri 1500 milioni di risparmi. L’ultimo affondo è stato tentato sugli acquisti: da 34 mila centrali si doveva passare a 35-40, in maniera da risparmiare subito 800 milioni che salivano a 5,2 miliardi nel 2015 e a 12,1 nel 2016. Anche Renzi sembrava d’accordo. Poi però, 20 giorni fa, il governo ha fatto un mezzo dietrofront concordando coi Comuni un rinvio al 2015. «Il commissario propone, poi è il governo che decide» continua a ripetere il premier. Che da tempo tratta Cottarelli alla stregua di un semplice consulente. Non è un caso dunque se i 25 dossier «settoriali» fatti preparare da 25 differenti gruppi di lavoro siano rimasti «top secret». Da marzo. Anche questi troppo scomodi per Renzi? @paoloxbaroni Della spending review si sono perse le tracce? Il Giavazzi di turno, come il capo dei deputati di Forza Italia Brunetta non hanno tutti i torti. La revisione della spesa doveva essere la panacea di tutti i mali (di bilancio) e fino ad ora si è rivelata poca cosa. E anche quel poco che si è provato a fare è stato poi smontato, una volta da un ministero, un’altra volta dal Parlamento, altre volte dallo stesso governo. Basta ricordare che il primo piano «in 32 mosse» del Commissario Cottarelli prevedeva di risparmiare già da quest’anno 7 miliardi, che poi sarebbero saliti a 18,1 nel 2015 e addirittura a 33,9 nel 2016. Al primo test, però, quando si trattava di individuare le coperture per il bonus da 80 euro (6,5 miliardi quest’anno, 10 il prossimo), s’è subito capito che la spending, anche per ragioni di tempo, non poteva rendere granché. E così da 7 miliardi l’obiettivo è stato portato a 4,5. E per le coperture del bonus sono stati indicati in pratica dei tagli lineari, in tutto 2,1 miliardi da spartire tra governo, regioni e comuni. In poche settimane si sono infatti persi... per strada 400 milioni su 2,2 miliardi di risparmi su acquisti e stipendi, un miliardo su due di tagli ai trasferimenti ed un altro miliardo su due alla voce «Settori», perché nel frattempo dal menù erano sparite le pensioni, che da sole, tra prelievi straordinari e blocco delle indicizzazioni, avrebbe fruttato 1,8 miliari quest’anno, 2,4 nel 2015 e 3,4 nel 2016. Ma sul capitolo pensioni è arrivato subito il no di Renzi: la previdenza non si tocca. E dunque calcoli da rifare, ovviamente al ribasso. A parte questo primo «incidente», per il resto sino ad oggi il governo non ha cambiato di molto le previsioni per i prossimi due anni, le ha solo limate un poco fissando come obiettivo 17 miliardi per l’anno prossimo (ieri però Renzi ha parlato di 16) e 32 per quello successivo. Si partiva da un totale di 59 miliardi in tre anni e si è arrivati a 53,5 miliardi (o forse 52,5). Poi però sono ripresi gli intoppi e con la sanità si è in pratica ripetuta la stessa storia delle pensioni. «Mr. Spending review» voleva incamerare 3,1 miliardi grazie all’introduzione dei costi standard e al nuovo Patto della salute, ma il ministro Lorenzin e le Regioni si sono accordati per tenere tutti i risparmi all’interno del comparto Sanità. E la riforma della Pa? Anche qui zero risparmi, per la gioia del ministro Madia e soprattutto dei sindacati. Anzi, è previsto che questo decreto in fase d’avvio produca nuovi costi. Anche perché, dopo settimane di can can, la vicenda dei compensi dei dirigenti si è risolta in una burletta. Fissato un tetto massimo di 240 mila euro per tutti i grand commis, radio-governo si era spinta a ipotizzare interventi a cascata su tutte le fasce inferiori della dirigenza, introducendo addirittura nuove griglie di stipendio a 190, 120 e 80 mila euro. Non se ne è fatto nulla, anzi nel frattempo il Senato ha esentato dal tetto i manager delle società controllate. Scelta che ora potrebbe venir ribaltata alla Camera. Intanto, però, Cottarelli ha dovuto tirare una bella riga su altri 1500 milioni di risparmi. L’ultimo affondo è stato tentato sugli acquisti: da 34 mila centrali si doveva passare a 35-40, in maniera da risparmiare subito 800 milioni che salivano a 5,2 miliardi nel 2015 e a 12,1 nel 2016. Anche Renzi sembrava d’accordo. Poi però, 20 giorni fa, il governo ha fatto un mezzo dietrofront concordando coi Comuni un rinvio al 2015. «Il commissario propone, poi è il governo che decide» continua a ripetere il premier. Che da tempo tratta Cottarelli alla stregua di un semplice consulente. Non è un caso dunque se i 25 dossier «settoriali» fatti preparare da 25 differenti gruppi di lavoro siano rimasti «top secret». Da marzo. Anche questi troppo scomodi per Renzi? @paoloxbaroni Della spending review si sono perse le tracce? Il Giavazzi di turno, come il capo dei deputati di Forza Italia Brunetta non hanno tutti i torti. La revisione della spesa doveva essere la panacea di tutti i mali (di bilancio) e fino ad ora si è rivelata poca cosa. E anche quel poco che si è provato a fare è stato poi smontato, una volta da un ministero, un’altra volta dal Parlamento, altre volte dallo stesso governo. Basta ricordare che il primo piano «in 32 mosse» del Commissario Cottarelli prevedeva di risparmiare già da quest’anno 7 miliardi, che poi sarebbero saliti a 18,1 nel 2015 e addirittura a 33,9 nel 2016. Al primo test, però, quando si trattava di individuare le coperture per il bonus da 80 euro (6,5 miliardi quest’anno, 10 il prossimo), s’è subito capito che la spending, anche per ragioni di tempo, non poteva rendere granché. E così da 7 miliardi l’obiettivo è stato portato a 4,5. E per le coperture del bonus sono stati indicati in pratica dei tagli lineari, in tutto 2,1 miliardi da spartire tra governo, regioni e comuni. In poche settimane si sono infatti persi... per strada 400 milioni su 2,2 miliardi di risparmi su acquisti e stipendi, un miliardo su due di tagli ai trasferimenti ed un altro miliardo su due alla voce «Settori», perché nel frattempo dal menù erano sparite le pensioni, che da sole, tra prelievi straordinari e blocco delle indicizzazioni, avrebbe fruttato 1,8 miliari quest’anno, 2,4 nel 2015 e 3,4 nel 2016. Ma sul capitolo pensioni è arrivato subito il no di Renzi: la previdenza non si tocca. E dunque calcoli da rifare, ovviamente al ribasso. A parte questo primo «incidente», per il resto sino ad oggi il governo non ha cambiato di molto le previsioni per i prossimi due anni, le ha solo limate un poco fissando come obiettivo 17 miliardi per l’anno prossimo (ieri però Renzi ha parlato di 16) e 32 per quello successivo. Si partiva da un totale di 59 miliardi in tre anni e si è arrivati a 53,5 miliardi (o forse 52,5). Poi però sono ripresi gli intoppi e con la sanità si è in pratica ripetuta la stessa storia delle pensioni. «Mr. Spending review» voleva incamerare 3,1 miliardi grazie all’introduzione dei costi standard e al nuovo Patto della salute, ma il ministro Lorenzin e le Regioni si sono accordati per tenere tutti i risparmi all’interno del comparto Sanità. E la riforma della Pa? Anche qui zero risparmi, per la gioia del ministro Madia e soprattutto dei sindacati. Anzi, è previsto che questo decreto in fase d’avvio produca nuovi costi. Anche perché, dopo settimane di can can, la vicenda dei compensi dei dirigenti si è risolta in una burletta. Fissato un tetto massimo di 240 mila euro per tutti i grand commis, radio-governo si era spinta a ipotizzare interventi a cascata su tutte le fasce inferiori della dirigenza, introducendo addirittura nuove griglie di stipendio a 190, 120 e 80 mila euro. Non se ne è fatto nulla, anzi nel frattempo il Senato ha esentato dal tetto i manager delle società controllate. Scelta che ora potrebbe venir ribaltata alla Camera. Intanto, però, Cottarelli ha dovuto tirare una bella riga su altri 1500 milioni di risparmi. L’ultimo affondo è stato tentato sugli acquisti: da 34 mila centrali si doveva passare a 35-40, in maniera da risparmiare subito 800 milioni che salivano a 5,2 miliardi nel 2015 e a 12,1 nel 2016. Anche Renzi sembrava d’accordo. Poi però, 20 giorni fa, il governo ha fatto un mezzo dietrofront concordando coi Comuni un rinvio al 2015. «Il commissario propone, poi è il governo che decide» continua a ripetere il premier. Che da tempo tratta Cottarelli alla stregua di un semplice consulente. Non è un caso dunque se i 25 dossier «settoriali» fatti preparare da 25 differenti gruppi di lavoro siano rimasti «top secret». Da marzo. Anche questi troppo scomodi per Renzi? @paoloxbaroni Della spending review si sono perse le tracce? Il Giavazzi di turno, come il capo dei deputati di Forza Italia Brunetta non hanno tutti i torti. La revisione della spesa doveva essere la panacea di tutti i mali (di bilancio) e fino ad ora si è rivelata poca cosa. E anche quel poco che si è provato a fare è stato poi smontato, una volta da un ministero, un’altra volta dal Parlamento, altre volte dallo stesso governo. Basta ricordare che il primo piano «in 32 mosse» del Commissario Cottarelli prevedeva di risparmiare già da quest’anno 7 miliardi, che poi sarebbero saliti a 18,1 nel 2015 e addirittura a 33,9 nel 2016. Al primo test, però, quando si trattava di individuare le coperture per il bonus da 80 euro (6,5 miliardi quest’anno, 10 il prossimo), s’è subito capito che la spending, anche per ragioni di tempo, non poteva rendere granché. E così da 7 miliardi l’obiettivo è stato portato a 4,5. E per le coperture del bonus sono stati indicati in pratica dei tagli lineari, in tutto 2,1 miliardi da spartire tra governo, regioni e comuni. In poche settimane si sono infatti persi... per strada 400 milioni su 2,2 miliardi di risparmi su acquisti e stipendi, un miliardo su due di tagli ai trasferimenti ed un altro miliardo su due alla voce «Settori», perché nel frattempo dal menù erano sparite le pensioni, che da sole, tra prelievi straordinari e blocco delle indicizzazioni, avrebbe fruttato 1,8 miliari quest’anno, 2,4 nel 2015 e 3,4 nel 2016. Ma sul capitolo pensioni è arrivato subito il no di Renzi: la previdenza non si tocca. E dunque calcoli da rifare, ovviamente al ribasso. A parte questo primo «incidente», per il resto sino ad oggi il governo non ha cambiato di molto le previsioni per i prossimi due anni, le ha solo limate un poco fissando come obiettivo 17 miliardi per l’anno prossimo (ieri però Renzi ha parlato di 16) e 32 per quello successivo. Si partiva da un totale di 59 miliardi in tre anni e si è arrivati a 53,5 miliardi (o forse 52,5). Poi però sono ripresi gli intoppi e con la sanità si è in pratica ripetuta la stessa storia delle pensioni. «Mr. Spending review» voleva incamerare 3,1 miliardi grazie all’introduzione dei costi standard e al nuovo Patto della salute, ma il ministro Lorenzin e le Regioni si sono accordati per tenere tutti i risparmi all’interno del comparto Sanità. E la riforma della Pa? Anche qui zero risparmi, per la gioia del ministro Madia e soprattutto dei sindacati. Anzi, è previsto che questo decreto in fase d’avvio produca nuovi costi. Anche perché, dopo settimane di can can, la vicenda dei compensi dei dirigenti si è risolta in una burletta. Fissato un tetto massimo di 240 mila euro per tutti i grand commis, radio-governo si era spinta a ipotizzare interventi a cascata su tutte le fasce inferiori della dirigenza, introducendo addirittura nuove griglie di stipendio a 190, 120 e 80 mila euro. Non se ne è fatto nulla, anzi nel frattempo il Senato ha esentato dal tetto i manager delle società controllate. Scelta che ora potrebbe venir ribaltata alla Camera. Intanto, però, Cottarelli ha dovuto tirare una bella riga su altri 1500 milioni di risparmi. L’ultimo affondo è stato tentato sugli acquisti: da 34 mila centrali si doveva passare a 35-40, in maniera da risparmiare subito 800 milioni che salivano a 5,2 miliardi nel 2015 e a 12,1 nel 2016. Anche Renzi sembrava d’accordo. Poi però, 20 giorni fa, il governo ha fatto un mezzo dietrofront concordando coi Comuni un rinvio al 2015. «Il commissario propone, poi è il governo che decide» continua a ripetere il premier. Che da tempo tratta Cottarelli alla stregua di un semplice consulente. Non è un caso dunque se i 25 dossier «settoriali» fatti preparare da 25 differenti gruppi di lavoro siano rimasti «top secret». Da marzo. Anche questi troppo scomodi per Renzi? @paoloxbaroni Della spending review si sono perse le tracce? Il Giavazzi di turno, come il capo dei deputati di Forza Italia Brunetta non hanno tutti i torti. La revisione della spesa doveva essere la panacea di tutti i mali (di bilancio) e fino ad ora si è rivelata poca cosa. E anche quel poco che si è provato a fare è stato poi smontato, una volta da un ministero, un’altra volta dal Parlamento, altre volte dallo stesso governo. Basta ricordare che il primo piano «in 32 mosse» del Commissario Cottarelli prevedeva di risparmiare già da quest’anno 7 miliardi, che poi sarebbero saliti a 18,1 nel 2015 e addirittura a 33,9 nel 2016. Al primo test, però, quando si trattava di individuare le coperture per il bonus da 80 euro (6,5 miliardi quest’anno, 10 il prossimo), s’è subito capito che la spending, anche per ragioni di tempo, non poteva rendere granché. E così da 7 miliardi l’obiettivo è stato portato a 4,5. E per le coperture del bonus sono stati indicati in pratica dei tagli lineari, in tutto 2,1 miliardi da spartire tra governo, regioni e comuni. In poche settimane si sono infatti persi... per strada 400 milioni su 2,2 miliardi di risparmi su acquisti e stipendi, un miliardo su due di tagli ai trasferimenti ed un altro miliardo su due alla voce «Settori», perché nel frattempo dal menù erano sparite le pensioni, che da sole, tra prelievi straordinari e blocco delle indicizzazioni, avrebbe fruttato 1,8 miliari quest’anno, 2,4 nel 2015 e 3,4 nel 2016. Ma sul capitolo pensioni è arrivato subito il no di Renzi: la previdenza non si tocca. E dunque calcoli da rifare, ovviamente al ribasso. A parte questo primo «incidente», per il resto sino ad oggi il governo non ha cambiato di molto le previsioni per i prossimi due anni, le ha solo limate un poco fissando come obiettivo 17 miliardi per l’anno prossimo (ieri però Renzi ha parlato di 16) e 32 per quello successivo. Si partiva da un totale di 59 miliardi in tre anni e si è arrivati a 53,5 miliardi (o forse 52,5). Poi però sono ripresi gli intoppi e con la sanità si è in pratica ripetuta la stessa storia delle pensioni. «Mr. Spending review» voleva incamerare 3,1 miliardi grazie all’introduzione dei costi standard e al nuovo Patto della salute, ma il ministro Lorenzin e le Regioni si sono accordati per tenere tutti i risparmi all’interno del comparto Sanità. E la riforma della Pa? Anche qui zero risparmi, per la gioia del ministro Madia e soprattutto dei sindacati. Anzi, è previsto che questo decreto in fase d’avvio produca nuovi costi. Anche perché, dopo settimane di can can, la vicenda dei compensi dei dirigenti si è risolta in una burletta. Fissato un tetto massimo di 240 mila euro per tutti i grand commis, radio-governo si era spinta a ipotizzare interventi a cascata su tutte le fasce inferiori della dirigenza, introducendo addirittura nuove griglie di stipendio a 190, 120 e 80 mila euro. Non se ne è fatto nulla, anzi nel frattempo il Senato ha esentato dal tetto i manager delle società controllate. Scelta che ora potrebbe venir ribaltata alla Camera. Intanto, però, Cottarelli ha dovuto tirare una bella riga su altri 1500 milioni di risparmi. L’ultimo affondo è stato tentato sugli acquisti: da 34 mila centrali si doveva passare a 35-40, in maniera da risparmiare subito 800 milioni che salivano a 5,2 miliardi nel 2015 e a 12,1 nel 2016. Anche Renzi sembrava d’accordo. Poi però, 20 giorni fa, il governo ha fatto un mezzo dietrofront concordando coi Comuni un rinvio al 2015. «Il commissario propone, poi è il governo che decide» continua a ripetere il premier. Che da tempo tratta Cottarelli alla stregua di un semplice consulente. Non è un caso dunque se i 25 dossier «settoriali» fatti preparare da 25 differenti gruppi di lavoro siano rimasti «top secret». Da marzo. Anche questi troppo scomodi per Renzi? @paoloxbaroni pag. 2 di 2