Paolo Bracalini, Il Giornale 1/8/2014, 1 agosto 2014
SOLDI, TESSERE E INVIDIE NELLA LEGA DI SALVINI ORA SI AFFILANO I COLTELLI
Mentre la Lega in Piemonte porta in Procura le «firme false» che avrebbero fatto vincere «col trucco» le regionali al renziano Sergio Chiamparino, con l’obiettivo di farlo decadere, Roberto Maroni si felicita col governatore Pd appena eletto presidente alla conferenza Stato-Regioni e gli augura buon lavoro: «Al suo fianco se saprà difendere specificità regioni del Nord». Voci opposte dallo stesso partito, normale? Cosa (ri)succede nel Carroccio? Dopo il terremoto del 2012, che per poco non ha raso al suolo il partito, dopo il ripulisti, la fine del ventennio di Umberto Bossi, la successione Maroni-Salvini alla segreteria e il mezzo miracolo alle Europee, il Carroccio resuscitato è però di nuovo inquieto. Non tutto funziona tra il segretario Matteo Salvini e Maroni, né tra Flavio Tosi e Salvini, né tra Salvini e il movimento, quella delle sezioni, il vero motore della Lega. Tra i corridoi di via Bellerio si rimprovera a Maroni un distacco dal movimento, un suo profilo troppo istituzionale e poco leghista (e tanti ti ricordano di nuovo che Maroni in Consiglio non è iscritto al gruppo Lega Nord, ma a quello civico suo...), l’essersi circondato da staff e dirigenti regionali esterni alla Lega (e molto chiacchierati dentro la Lega...), tanto che qualche leghista ti butta lì persino: «In Lombardia la Lega contava di più con Formigoni». E poi di mettere poco la faccia sulle battaglie che invece impegnano 24h su 24h l’instancabile Salvini, che - in base ad una direttiva precisa - è il volto della Lega in tv, gli altri ci vanno se non può lui. «Quando Maroni ha lasciato la segreteria a Salvini forse si aspettava che sarebbe morta, e invece...» azzarda un dirigente che conosce bene le cose interne. «Lui aveva in mente un movimento politico nuovo, slegato dalla Lega, più vicino al mondo degli imprenditori, al Nord produttivo, a Passera, a quegli ambienti lì». Invece Salvini, con la bandiera dell’anti euro (un’idea, per la verità, lanciata per primo da Maroni) e della lotta all’«invasione degli immigrati», l’ha riportata ad un inaspettato 6,15%. Un mezzo miracolo, appunto.
Che però nasconde sotto il tappeto un po’ di polvere. Salvini, che in cuor suo aspira a fare il sindaco di Milano e invece si è ritrovato segretario federale della Lega e persino candidato possibile a leader del centrodestra, è un fuoriclasse - al pari di Renzi - della comunicazione politica, quella che strappa il voto d’opinione, ma gestire il partito è altra cosa. E qui arrivano i problemi. «Negli ultimi tempi c’è stato un crollo del tesseramento, soprattutto quello dei militanti, che sono la spina dorsale della Lega» ti racconta un deputato di lungo corso. «In certe sezioni dove i militanti si sono dimezzati. Significa che alla prima botta mediatica il voto d’opinione si sgonfia, e se non c’è più la base dei militanti a tenerti in piedi sono dolori veri». Salvini fatica a guidare il movimento, i suoi fedeli - presi dai Giovani Padani, sua falange - spesso sono inadeguati a gestire sezioni e realtà con più storia di loro, e anche quelli dalla sua si aspettano che faccia veramente il capo e che si imponga, cosa che spesso non succede.
Poi c’è Tosi, fischiato dai «Salvini boys» al congresso di Padova, in conflitto con Salvini su più fronti. In primis la battaglia contro l’euro, considerata una sparata populista dal sindaco di Verona (che in Veneto, alle Europee, ha preso più preferenze di Salvini...). Poi la questione della leadership del centrodestra, a cui Tosi lavora da tempo, con una sua fondazione «Ricostruiamo il Paese» (oggetto di critiche dentro il Carroccio: «Fa il segretario della Lega veneta e o quello della sua Fondazione?»). Quando è spuntata l’ipotesi di Salvini candidato leader del centrodestra («Non mi tiro indietro»), si è creata una frizione con Tosi, poi rientrata. Ma dalle parti del sindaco di Verona considerano Salvini un gradino sotto: «Ha sempre fatto soltanto l’opposizione, urlare è facile, Tosi invece governa da sette anni. È un po’ diverso...». A tutto si aggiunge la crisi «finanziaria» della Lega, che cerca un compratore per i 7mila mq di via Bellerio (ma chi?), mentre Telepadania è in liquidazione e si avvia il licenziamento di tre quarti dei dipendenti, con strascichi inevitabili. Gestire un partito, mestiere complicato.