Nicola Imberti, Il Tempo 1/8/2014, 1 agosto 2014
BISIGNANI: «DE BORTOLI VA VIA IN PRIMAVERA? AVREMO DUE PAPI ANCHE AL CORRIERE»
È un giorno da ricordare questo 31 luglio. Al Senato rispuntano i «101» che impallinarono Romano Prodi nella corsa al Quirinale (copyright dell’eurodeputata Pd Pina Picierno), Matteo Renzi non sembra più tanto solido come qualche mese fa, il commissario Carlo Cottarelli e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan lanciano allarmi preoccupanti in vista dell’autunno. Come se non bastasse, dopo mesi di voci, il direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli lascia la sua poltrona. In realtà «traghetterà» il quotidiano fino alla primavera 2015. La buonuscita è fissata: 2,5 milioni di euro. E comunque, ci tiene a sottolineare, non è stato lui a dare le dimissioni. Incontriamo Luigi Bisignani ad un tavolino della Galleria Alberto Sordi a Roma. «L’uomo che sussurrava ai potenti» ordina una bottiglietta d’acqua e un bicchiere con una fettina di limone, poggia il suo iPad mini sul tavolo e comincia. «Ormai accendo la televisione per vedere quello che succede in Senato - esordisce sorridendo - un misto tra Scherzi a Parte e Paperissima. In pochi, a parte gli addetti ai lavori, capiscono di cosa si discute. Il resto sono urla e canguri di peluche».
Intanto oggi il governo è stato battuto in Aula.
«Io non capisco come una persona mediaticamente intelligente come Matteo Renzi possa accettare di farsi massacrare così. È ormai chiaro che è in atto un attacco pazzesco nei suoi confronti. Basta leggere i giornali».
Sembra meravigliato.
«In realtà me l’aspettavo. In tempi non sospetti dissi che Renzi doveva passare da Peter Pan a Harry Potter. Doveva cominciare a studiare. E soprattutto, piuttosto che concentrarsi sul Senato, doveva riformare la presidenza del Consiglio».
In che senso?
«Doveva dire che avevano ragione Nenni e Berlusconi. Che in questo Paese il presidente del Consiglio non conta niente. E correggere questa anomalia. Glielo avrebbero fatto fare».
Invece si è incaponito su Palazzo Madama.
«Mi sembra che Renzi abbia le idee un po’ confuse. Non si può attaccare la burocrazia senza avere propri uomini da mettere negli snodi fondamentali. È come don Chisciotte contro i mulini a vento. Come fa a non vedere cosa gli sta cadendo addosso? Ma io ho una mia teoria».
Spari.
«Secondo me ci sono due scenari possibili. Il primo è che Renzi sia felice di questa situazione».
Addirittura felice? Cos’è masochista?
«No, semplicemente potrà presentarsi tra qualche settimana davanti alle telecamere dimesso, con la faccia contrita e dire: l’Italia così è ingovernabile. O andiamo ad elezioni e mi date la fiducia per fare ciò che serve, o mi ritiro».
Gli italiani gli crederebbero?
«Gli italiani non l’hanno ancora capito bene. Gli darebbero il 40%, forse più. E lui potrebbe "cucirsi addosso" un Parlamento su misura».
Il secondo scenario?
«Forza la mano, approva la riforma del Senato e si elegge subito il suo presidente della Repubblica. In questo momento, dopotutto, la presidenza della Repubblica è l’unico faro. In ogni caso i due scenari possono anche essere consequenziali: prima le elezioni, quindi un Parlamento e un Capo dello Stato renziani doc».
Chi sarebbe il presidente renziano doc?
«Un po’ tutti fanno il nome di Roberta Pinotti».
Intanto, però, un «antirenziano doc» come il direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli lascia. Vorrà pur dire qualcosa?
«Sono l’ultima persona che vuole polemizzare con De Bortoli. Ma quello che è accaduto è ridicolo».
Perché?
«C’è un direttore che non parla con l’amministratore delegato. Che da mesi ha pronta la lettera di dimissioni e all’improvviso annuncia che se ne andrà. Ma non domani, tra sei mesi. Le pare normale?»
In effetti è piuttosto strano.
«È il primo caso di direttore di un quotidiano che inizia il "semestre bianco". Speriamo solo che, come accaduto in Vaticano, non ci si ritrovi con due Papi: uno nelle stanze di via Rizzoli, l’altro a via Solferino».
Come spiega tutto questo?
«Nel mio libro Il direttore ho provato a raccontare, parlando di un giornale fantomatico, questa anomalia di azionisti che non sono editori ma gruppi di potere. Finora gli azionisti del Corriere non sono riusciti a trovare un altro direttore. Ma in questo modo si destabilizza l’intero gruppo».
Un nome per il successore?
«Ce l’ho ma non lo dico, altrimenti lo brucio».
Torniamo a Renzi. I gruppi di potere, come li chiama lei, sembrano essersi un po’ stufati.
«Quando generi tanto entusiamo, la delusione è inevitabile. Dopotutto in questi mesi Renzi non ha fatto altro che alzare sempre più l’asticella poi, invece di saltare l’ostacolo, passava sotto e allungava i tempi. Vedrà che non farà nemmeno la legge di Stabilità. Con questa maggioranza non può fare niente. Anche perché i suoi principali oppositori sono proprio i presidenti di Camera e Senato».
Anche in Europa non va benissimo. La nomina di Mogherini è diventata un’impresa impossibile.
«Le faccio io una domanda: perché facciamo questa battaglia assurda per un ministro europeo che non conta niente?»
Che alternativa abbiamo?
«Andreotti diceva che la politica non deve fissarsi su un obiettivo. Sarebbe molto più intelligente battersi per ottenere il commissario all’Agricoltura che è un dicastero economico centrale per il nostro Paese. Soprattutto in vista dell’Expo 2015. Gli Esteri, tra l’altro, non li vuole nessuno».
Forse la battaglia per Mogherini serve per arrivare ad un rimpasto.
«Sicuramente spostando lei ci sarebbe la possibilità di portare Alfano agli Esteri e Delrio, che a Palazzo Chigi non sopporta più nessuno, agli Interni».
E Berlusconi che ruolo ha in questo schema?
«Berlusconi è uno che stava affogando, l’hanno riportato a galla e ora è in camera iperbarica. Io continuo a pensare che l’unica sua speranza resti Marina».