Luca Cifoni, Il Messaggero 1/8/2014, 1 agosto 2014
SPENDING REVIEW ANCORA TUTTA IN SALITA
SU 32 MILIARDI NE SONO STATI TROVATI 3 –
I CONTI
ROMA Le proposte per disboscare la giungla delle società partecipate, come lui stesso l’aveva definita, Carlo Cottarelli le dovrebbe presentare alla fine della prossima settimana. Quel piano, previsto espressamente da un articolo di legge (la scadenza in realtà era fissata a ieri) potrebbe essere per il commissario alla revisione della spesa una sorta di testamento, magari da leggere insieme ai circa 25 documenti di lavoro messi insieme dai vari gruppi tecnici e finora mai resi noti dall’esecutivo.
Ma soprattutto l’ex capo dipartimento del Fmi, se la sua uscita di scena sarà confermata, lascerà in eredità a chi resta gli ambiziosi obiettivi della spending review, riassunti nella terrificante scaletta 4,5-17-32: ossia gli importi in miliardi (cumulati) che bisogna mettere insieme rispettivamente quest’anno, nel 2015 e nel 2016. Quanti di questi soldi sono stati assicurati al bilancio pubblico? Sulla carta, un po’ più di 3 miliardi, scritti nel cosiddetto decreto Irpef: ma si tratta di norme ancora in via di attuazione, che devono essere concretizzate con successivi provvedimenti in materia di spesa per beni e servizi. Cose non del tutto scontate, come l’unificazione delle centrali di acquisto, che proprio pochi giorni fa ha subito uno stop in Parlamento. Il risparmio atteso è comunque di 2,1 miliardi per quest’anno, equamente divisi tra Stato centrale, Regioni e Comuni. Dal 2015 in poi l’importo dovrebbe diventare permanente, rapportato all’intero anno invece che a soli sette mesi: si arriva intorno ai 3 miliardi e mezzo. Da qui ai 17 previsti, poi destinati a lievitare fino a 32 l’anno successivo, la strada è lunga. In più vanno reperite ulteriori fondi (fino 1,9 miliardi nel 2016) indicati dal precedente esecutivo, anche per finanziare la rinuncia al taglio lineare delle detrazioni Irpef (voce quest’ultima che compare tra quelle di cui si lamenta Cottarelli nel suo post). Le indicazioni devono arrivare dalla seconda fase della revisione della spesa, quella che nelle intenzioni del commissario doveva partire quest’autunno e trasformarsi in appuntamento stabile per la manutenzione dei conti.
In ogni caso si tratta di somme alle quali il governo non è in grado di rinunciare, tanto più che risultano in buona parte già impegnate per fare fronte sia all’esigenza di garantire la copertura degli sgravi Irpef, sia quella di evitare aumenti di entrata già previsti con l’ultima legge di stabilità. Senza contare, come ha ricordato la Banca d’Italia, gli aumenti di spesa difficilmente evitabili e la necessità di garantire la riduzione del deficit.
LE PREOCCUPAZIONI
Al di là dell’aspetto strettamente contabile ce n’è uno più politico: dopo le varie false partenza degli ultimi anni - iniziando dal libro verde di Padoa-Schioppa accantonato nel 2008 - il nostro Paese non può permettersi di ricominciare da zero sul tema spending review. La credibilità di tutta l’operazione ne verrebbe minata in modo forse irrimediabile. Per farsi un’idea di come queste vicende siano al centro dei riflettori dei mercati internazionali è sufficiente leggere il comunicato di ieri dell’Aibe, l’associazione delle banche estere: il presidente Guido Rosa cita esplicitamente «le difficoltà che riscontra il commissario Cottarelli» e collocando quanto avviene in Italia in un contesto globale già reso turbolento dal probabile default argentino paventa il rischio di «un contraccolpo che determini un abbandono degli operatori internazionali nella sottoscrizione dei titoli di Stato». Scenario da brividi.