Notizie tratte da: Eva Cantarella # Ippopotami e sirene # Utet 2014 # pp. 142, 14 euro., 1 agosto 2014
Notizie tratte da: Eva Cantarella, Ippopotami e sirene, Utet 2014, pp. 142, 14 euro.Erodoto Erodoto nacque tra il 490 a
Notizie tratte da: Eva Cantarella, Ippopotami e sirene, Utet 2014, pp. 142, 14 euro.
Erodoto Erodoto nacque tra il 490 a.C. e il 480 a.C. (probabilmente il 484 a.C.) ad Alicarnasso, colonia greca in Caria, sulle coste dell’Asia Minore, a quell’epoca sotto il governo della regina Artemisia. Pare che il padre fosse persiano, la madre greca. Famiglia benestante e fortemente ellenizzata, come suggerito dai nomi dei figli, Erodoto e Teodoro.
Viaggi Attorno al 460 a.C., Erodoto intraprende una lunga serie di viaggi «interminabili, avventurosi, pericolosi. Le coste del Mar Nero, la Colchide, la Scizia, Babilonia, la Macedonia, più a sud la Siria, la Libia e Cirene. E poi l’Egitto, forse l’ultima delle sue esplorazioni». All’epoca, «al di fuori delle grandi strade, le altre erano in terra battuta. Il problema del pernottamento era tutt’altro che facile da risolvere: gli alberghi erano in buona parte poco sicuri, e probabilmente molto scomodi».
Storie L’oggetto delle Storie, come dichiara Erodoto nel proemio al Libro I, è il racconto delle guerre persiane. «Erodoto è il primo storico greco, “il padre della Storia”. Cosa non da poco, ma che non basta a descriverlo. La storia che egli racconta, infatti, è una storia speciale, molto diversa da quella che, per secoli, dominerà il panorama della disciplina: accanto alla descrizione degli avvenimenti, nella sua opera trovano ampio spazio miti, racconti e descrizioni geo-etnografiche».
Lotofagi Nell’Odissea si parla dei Lotofagi, popolo che si nutre di un frutto magico che fa dimenticare qualunque cosa a chi lo consuma: alcuni compagni di Ulisse lo assaggiano e non vogliono più tornare a casa. Così Omero: «Chi di loro mangiò del loto il dolcissimo frutto, non voleva portar notizie indietro e tornare, ma voleva là, tra i mangiatori di loto, a pascer loto restare e scordare il ritorno». Dei Lotofagi parla anche Erodoto: secondo lo storico abitavano nella Libia occidentale, più precisamente in Tripolitania.
Corna Accanto ai Lotofagi – racconta Erodoto – abitavano i Garamanti, i cui buoi pascolano a ritroso perché le loro corna, curvate in avanti, si conficcherebbero nel terreno se non camminassero al contrario.
Bastoni Erodoto scrive che in Libia i Nasamoni usano rendere pubblici i loro rapporti piantando un bastone innanzi alla casa della donna con cui si stanno accoppiando.
Turni Quando i Nasamoni si sposano, la moglie passa la notte congiungendosi a turno con tutti i convitati: «Hanno la consuetudine di avere ciascuno più mogli, che mettono in comune, in modo simile ai Massageti: piantano un bastone davanti all’abitazione e poi si accoppiano con loro. Quando un Nasamone si sposa per la prima volta, vige l’usanza che durante la prima notte la sposa faccia il giro degli invitati unendosi a tutti: e ognuno, dopo essere stato con lei, le consegna il dono che ha portato da casa».
Fratelli Ugualmente promiscui gli Agatirsi, altro popolo libico: essi «praticano la comunanza delle donne al fine di essere tutti fratelli tra loro e quindi, essendo tutti parenti, di non nutrire né invidia né odio reciproco».
Somiglianze Sempre in Libia, gli Ausei «non contraggono matrimoni, ma si accoppiano come le bestie. Appena il figlio di una donna è cresciuto, entro il terzo mese gli uomini si riuniscono e il bambino viene considerato figlio dell’uomo a cui assomiglia di più».
Anelli Sulle donne dei Gindani (altro popolo libico): «Portano ognuna molti anelli di cuoio intorno alle caviglie, in base (a quanto si dice) al seguente criterio: mettono un anello per ogni uomo con cui hanno avuto rapporti sessuali; quella che ne ha di più è ritenuta la migliore, poiché è stata amata dal maggior numero di uomini».
Geografia 1 Per quanto riguarda il viaggio di Ulisse nell’Odissea, se si escludono la tappa iniziale e quella finale – rispettivamente Troia e Itaca –, tutte le altre località del viaggio sono immaginarie, irreali, favolistiche, servono a raccontare storie e avventure didascaliche, la cui ambientazione geografica e paesaggistica è irrilevante ai fini del senso. L’unica eccezione è rappresentata dalla terra dei Ciclopi. Una descrizione precisa e dettagliata di quel presunto paese si trova, infatti, all’interno del racconto fatto da Ulisse, giunto all’isola dei Feaci, al re di questa, Alcinoo, alla regina Arete e ai membri della corte che lo ospita: «Un’isola piatta davanti al porto si stende, non vicina, né molto lontana dalla terra dei Ciclopi, boscosa, e vi nascono capre infinite, libere: passo d’uomini mai le spaventa, né i cacciatori le inseguono, che tra le selve sopportano stenti, correndo le cime dei monti. Né da pastori son possedute, né da aratori, ché l’isola, sempre inseminata e inarata, d’uomini è vuota, nutre capre belanti. […] Vi sono prati, del mare schiumoso lungo le rive, umidi e morbidi: e vigne durevoli potrebbero crescervi. […] In capo al porto scorre acqua limpida, una sorgente sotto le grotte: pioppi crescono intorno».
Geografia 2 Nelle Storie di Erodoto le informazioni storiche, non sempre attendibili, si mescolano con quelle geografiche, relativamente accurate. «Erodoto cerca di fornire notizie quanto più possibile veritiere riguardo alla geografia dei luoghi che ha visitato o su cui ha raccolto informazioni viaggiando, e anche quando riporta storie che gli sembrano incredibili, lo segnala con onestà. Per esempio, a proposito del fiume Oceano, che dovrebbe stare alla fine ultima delle terre del mondo, così
commenta: “Chi poi ha parlato dell’Oceano, poiché ha portato il discorso
nel campo dell’ignoto, si sottrae a ogni confutazione: per quanto mi riguarda non mi risulta che esista un fiume Oceano, ma credo che Omero o qualcuno dei poeti precedenti abbia inventato questo nome e l’abbia introdotto in poesia”».
Babilonia 1 Babilonia descritta da Erodoto: «È situata in una vasta pianura, ha forma quadrata e ogni lato misura centoventi stadi: perciò il perimetro della città raggiunge in totale i quattrocentottanta stadi [circa novanta chilometri, N.d.A.]. Tale è l’estensione della città di Babilonia; il suo assetto armonioso, poi, non ha uguali in nessun’altra città che conosciamo. Innanzitutto, la circonda un fossato ampio e profondo, pieno d’acqua, e poi un muro largo cinquanta cubiti reali e alto duecento. Il cubito reale è di tre dita più lungo del cubito ordinario [il muro si sarebbe dunque esteso per ventisei metri di larghezza e più di cento in altezza, N.d.A.] […] Vi è poi un’altra città, distante da Babilonia otto giorni di cammino: si chiama Is. Là scorre un fiume non grande e si chiama anch’esso Is; sbocca nell’Eufrate. Il fiume Is trasporta nelle sue acque molti granelli di asfalto e da lì fu tratto l’asfalto per le mura di Babilonia. Così dunque Babilonia fu cinta di mura. La città è formata da due settori: è
infatti divisa a metà da un fiume che si chiama Eufrate: esso proviene dal paese degli Armeni, è grande, profondo e rapido; sfocia nel Mare Eritreo».
Babilonia 2 Eva Cantarella a proposito di Babilonia descritta da Erodoto: «Le informazioni fornite da Erodoto – non serve essere archeologi per capirlo, basta il buonsenso – sono decisamente poco credibili. Babilonia non aveva un perimetro di novanta chilometri (quasi nove volte quello della Milano spagnola), né le sue mura potevano essere alte cento metri, una misura da grattacielo. Eppure, alcune delle cose che Erodoto scrive sono esatte. Esatta è la descrizione del corso dell’Eufrate: sebbene la definizione di Paese degli Armeni sia vaga, è certo che esso si getti, in effetti, nel Golfo Persico, che Erodoto chiama Mare Eritreo. E gli edifici che nomina in gran parte esistono, anche se non somigliano molto alle descrizioni che le Storie ne danno».
Belle e brutte Un lungo passaggio delle Storie riporta le leggi babilonesi in materia di matrimonio: «In ogni villaggio, una volta all’anno, si faceva così: le ragazze in età da marito le conducevano insieme in un unico luogo, per radunarle tutte quante; intorno ad esse vi era una folla di uomini. Un banditore le faceva alzare una dopo l’altra e le metteva in vendita: prima la più bella di tutte, poi, quando questa era stata venduta a caro prezzo, ne metteva all’asta un’altra, quella che per bellezza veniva subito dopo. La vendita avveniva a scopo matrimoniale. I Babilonesi ricchi in età da prender moglie, gareggiando tra loro con offerte sempre più alte, compravano le più belle; invece i popolani in età da matrimonio, i quali non sapevano che farsene di un bell’aspetto, si prendevano il denaro e le ragazze più brutte. Infatti, appena il banditore aveva finito di vendere le più belle, faceva alzare la più brutta o, se c’era, una storpia e la offriva a chi fosse disposto a sposarla per il compenso più basso, finché essa non veniva aggiudicata a chi si accontentava della cifra più modesta. Il denaro proveniva dalla vendita delle ragazze di bell’aspetto e così erano le belle che trovavano un marito alle brutte e alle storpie».
Egitto 1 L’Egitto descritto da Erodoto: «L’estensione dell’Egitto lungo la costa è di sessanta scheni [circa 650 chilometri; in realtà meno di 500, N.d.A], se si prendono per confini dell’Egitto, come facciamo noi, il golfo Plintinete e il lago Serbonide, presso il quale si estende il monte Casio: a partire da questo lago sono dunque sessanta scheni. I popoli che hanno poca terra la misurano a orge; quelli che ne hanno di più, a stadi; quelli che ne hanno molta, a parasanghe; e quelli che ne hanno in quantità sterminata, in scheni. La parasanga equivale a trenta stadi, mentre uno scheno, che è una misura egiziana, equivale a sessanta stadi. Perciò la costa dell’Egitto misurerebbe tremilaseicento stadi».
Egitto 2 Eva Cantarella sull’Egitto descritto da Erodoto: «Inutile dire che nel valutare l’attendibilità del passo – e di altre misurazioni – bisogna tenere conto del fatto che, a quei tempi, fornire le misure di grandi distanze era cosa molto difficile. Non essendovi alcun modo per misurare la lunghezza di una costa o l’altezza di un monte, le stime erano basate ull’osservazione e sull’impressione dei viaggiatori e degli abitanti delle località. Eppure, la misura della costa dell’Egitto che Erodoto fornisce è sbagliata di meno di duecento ch lometri: verrebbe da dire “solo”. E comunque, oggettivamente poco dati i mezzi di misurazione».
Mummie Racconta Erodoto che in Egitto, quando i convitati si alzano da tavola durante gli incontri dei ricchi, una persona porta in giro una mummia (raffigurata in legno) nella sua bara e mostrandola a ciascuno dei convitati dice: «Guardala, bevi e stai allegro: dopo morto sarai anche tu così».
Animali Nel II Libro delle Storie, Erodoto racconta che tutti gli egiziani sono designati ad allevare un animale. Chi abita in città, quando fa voti al dio al quale appartiene l’animale, rasa tutta la testa ai figli, o la metà o un terzo della propria. Mette poi su un piatto della bilancia i capelli tagliati e sull’altro dell’argento, e dà il peso che ne risulta alla custode dell’animale, che in cambio taglia alcuni pesci a pezzi e li dà in pasto all’animale.
Gatti Nelle Storie Erodoto ricorda che quando i gatti morivano, gli egizi si radevano le sopracciglia in segno di lutto, e che i loro cadaveri venivano imbalsamati e sepolti in luoghi sacri.
Coccodrilli Dei coccodrilli, che i Greci non conoscevano, Erodoto fornisce una descrizione dell’aspetto e delle abitudini molto accurata, anche se non realistica in tutti i dettagli. Durante i quattro mesi invernali non mangia nulla; è un quadrupede e vive sia sulla terraferma sia in acque tranquille: depone e fa schiudere le uova sulla terra e trascorre la maggior parte dell’intera giornata all’asciutto, ma l’intera notte nel fiume, perché l’acqua è più calda dell’aria e della rugiada. Di tutti gli esseri che conosciamo è quello che dalle dimensioni più piccole arriva alle più grandi: infatti depone uova non molto più grosse di quelle dell’oca e il piccolo è in proporzione all’uovo, ma crescendo raggiunge i diciassette cubiti e oltre. Ha occhi di maiale, denti grandi e zanne proporzionate al corpo. Unico tra gli animali, non possiede lingua; la mascella inferiore non è mobile, ma, unico fra gli animali anche in questo, accosta la mascella superiore a quella inferiore. Ha unghie robuste e, sul dorso, una pelle a squame impenetrabile».
Ippopotamo Erodoto, stupefatto anche dai cavalli di fiume, o ippopotami: «È un quadrupede, con lo zoccolo fesso come il bue, con il muso rincagnato e con una criniera equina; ha zanne sporgenti, coda e voce da cavallo; le sue dimensioni sono quelle di un bue di taglia massima».
Sacri Il coccodrillo è sacro a Tebe, dice lo storico, e l’ippopotamo a Papremis.
Indovini Nei poemi omerici gli indovini sono definiti “lavoratori” , più precisamente “pubblici lavoratori” (demioergoi). Nei poemi omerici, infatti, alcuni lavori sono svolti nel comune interesse, e dunque chi li svolge gode di uno status particolare.
Pubblici lavoratori Quando, nell’Odissea, Antinoo rimprovera Eumeo per aver condotto un mendicante alla reggia di Itaca – non sa che il mendicante è Ulisse – Eumeo risponde di non ritener giusto che si invitino solo i pubblici lavoratori, come gli indovini, i medici, i carpentieri e gli aedi.
Oracolo 1 Fuori dalla Grecia, già in tempi antichissimi, esisteva, secondo quanto riferisce Erodoto, un oracolo in Libia – ovvero quello del santuario del dio Amon nell’Oasi di Siwa, oggi al confine fra la Libia e l’Egitto. Secondo la leggenda, essi furono fondati da due sorelle, due sacerdotesse tebane, rapite dai Fenici: «I sacerdoti di Zeus Tebano mi raccontarono che […] esse erano state vendute una in Libia e l’altra in Grecia: e furono queste donne che per prime istituirono gli oracoli presso i popoli sud detti. […] Questo è quanto ho sentito raccontare dai sacerdoti di Tebe; ciò che segue, invece, lo dicono le profetesse di Dodona. Da Tebe d’Egitto avrebbero spiccato il volo due colombe nere e sarebbero giunte una in Libia e l’altra a Dodona: quest’ultima, posatasi su una quercia, avrebbe proclamato con voce umana che in quel luogo doveva sorgere un oracolo di Zeus».
Oracolo 2 «Io non posso contestare agli oracoli di non essere veritieri». (Erodo nel Libro VIII delle Storie)