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 2014  luglio 31 Giovedì calendario

RENZI IMPALLINA L’OPA AL 25%

Potrebbe saltare la nuova soglia per l’opa obbligatoria, che dovrebbe scattare quando a forza di acquisti si raggiunge il 25% del capitale di una società quotata (in assenza di un altro socio che abbia la stessa quota). E non è l’unica novità, tra quelle introdotte nel decreto Competitività al Senato, che la Camera potrebbe cancellare. Ieri, infatti, il governo ha annunciato alle commissioni riunite Industria e Ambiente di Montecitorio l’intenzione di presentare un maxi emendamento soppressivo di diverse delle modifiche inserite dall’altro ramo del Parlamento. Nella tagliola dovrebbero incappare anche le norme che hanno semplificato alle blue chip l’adozione del voto plurimo. Il Senato, infatti, aveva lasciato alle società già quotate di dimensioni medio-grandi una finestra fino al 31 gennaio 2015 per decidere in assemblea a maggioranza semplice a quante e quali azioni concedere di raddoppiare il proprio voto. Nel testo originale del governo per votare una modifica statutaria del genere ci sarebbe voluta una maggioranza del 75%.
Nei tagli del maxi emendamento del governo, poi, potrebbe finire anche la restituzione a Poste Italiane di 535 milioni di euro e potrebbe essere riscritto anche il nuovo meccanismo di spalmatura degli incentivi per la produzione di energia fotovoltaica. Il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, Ivan Scalfarotto, ha cercato di minimizzare, affermando che l’intenzione è quella «di asciugare un provvedimento che con le modifiche apportate dal Senato era divenuto troppo eterogeneo e distante da quanto varato dal Consiglio dei ministri, ma questo non denuncia da parte dell’esecutivo una volontà di cestinare norme che possono essere anche utili e condivisibili e che potranno confluire eventualmente in altri provvedimenti o in appositi disegni di legge». Una motivazione che rafforzerebbe le voci che parlano di un’irritazione del Capo dello Stato, già manifestata del resto in passato, per l’abitudine di trasformare i decreti legge in provvedimenti omnibus, inserendo a colpi di emendamento anche contenuti diversi da quelli originari.
Di voci, però, ne girano anche altre. Si parla, infatti, anche di un difficile colloquio tra il premier Matteo Renzi e il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, in cui il primo non avrebbe affatto gradito il parere favorevole o quantomeno la non opposizione di via XX Settembre agli emendamenti approvati in Senato.
Molte delle modifiche, tra l’altro, erano state proposte dal presidente della commissione Industria, Massimo Mucchetti, che fa parte del gruppo dei dissidenti Pd che ostacola l’approvazione della riforma del Senato stesso. Altri indicano nel trasferimento dei 535 milioni alle Poste uno dei motivi dell’irritazione di Palazzo Chigi, una sorta di ritorsione contro l’irrigidimento dell’ad, Francesco Caio, nella vicenda Alitalia, ma il motivo potrebbe essere anche nel fatto che quella cifra è stata coperta riducendo il fondo stanziato per accelerare i pagamenti arretrati delle p.a., altri ancora parlano della ricerca di un casus belli per arrivare al voto in ottobre. Quali che siano le ragioni, però, adesso la conversione stessa del decreto è a rischio. Oltre al maxiemendamento del governo, che dovrebbe essere stato depositato in nottata, questa mattina inizierà l’esame degli 800 emendamenti presentati dai gruppi parlamentari, ma i lavori delle commissioni dovrebbero esaurirsi entro il fine settimana, perché lunedì 4 agosto il testo dovrà approdare in aula, dove il governo metterà la fiducia. Ma poi, proprio le modifiche introdotte costringeranno il testo a un nuovo passaggio al Senato, dove l’ingorgo delle votazioni, tra riforma Costituzionale e decreto p.a., sarà notevole, mentre la dead line per l’approvazione è fissata al 23 agosto. Passata quella data l’intero decreto decadrebbe, con tutte le riforme che ha dentro: oltre quelle già citate ci sono tutte le misure per favorire la quotazione delle Pmi.
Antonio Satta, MilanoFinanza 31/7/2014