Carlo Tecce, il Fatto Quotidiano 31/7/2014, 31 luglio 2014
UOMINI DI POLITICA E DI GOVERNO: BALLETTO “SGOMBERO” SUL TEATRO VALLE
Ci siamo, questione di ore. Ignazio Marino, sindaco di Roma, chirurgico, ha fissato una data di scadenza; il ministro Dario Franceschini ha evocato la legalità: il Teatro Valle Occupato, che seduceva la sinistra in epoca di destra (c’era Gianni Alemanno in Campidoglio), va liberato e poi chissà. Il balletto sgombero sì o sgombero no ha attraversato tre anni, elogi, critiche, tensioni: all’improvviso, il tempo sembra finito. E in questo tempo, due settimane fa, la Corte dei Conti ha aperto un fascicolo che potrebbe rilevare un danno erariale consumato in questo triennio (che, di certo, ha abbattuto sprechi enormi di gestione pubblica). Un’ipotesi che agita diversi protagonisti di questa vicenda.
Senza entrare nei dettagli e senza esaminare le ragioni di ciascuno, può tornare istruttivo ripercorre questi tre anni con tre documenti. Il primo è datato 11 novembre 2011, l’estate precedente gli attori e gli artisti si sono presi il Teatro Valle. Il mittente è Francesco Giro, oggi senatore di Forza Italia, allora sottosegretario ai Beni Culturali; il governo di Silvio Berlusconi cadde la settimana successiva. Giro spedisce il fax al prefetto Giuseppe Pecoraro (è in carica) e al questore Francesco Tagliente, ricorda che un protocollo ministero-Comune del 22 giugno 2011 prevede che il Valle sia amministrato da Roma Capitale: “Si pregano le signorie loro di voler adottare tutte le necessarie iniziative volte a far cessare lo stato di occupazione abusiva”. Non accadde nulla. Fermi. Giro spiega: “Era una forma di cautela, anche per evitare che quel ministero e il governo fossero chiamati in causa per un’eventuale danno erariale”. Forse l’avrà pensato e temuto anche Gianni Alemanno che, il 22 agosto 2012, va in Questura e presenta un esposto-denuncia: “D’intesa con il Mibac (il ministro era Lorenzo Ornaghi, ndr) chiediamo che vengano poste in essere tutte le iniziative utili a perseguire personalmente i responsabili (...) e consentire la consegna dell’immobile a Roma Capitale”. Racconta Alemanno: “Aspettammo un anno per evitare soluzioni drastiche. Poi il prefetto mi consigliò di rivolgermi alla Procura passando per la Questura. Ma la risposta credo sia arrivata a Marino soltanto ad aprile 2014”.
Nel maggio 2013, in Campidoglio viene eletto il senatore Marino. Lo scorso marzo viene negato il riconoscimento di personalità giuridica alla Fondazione Teatro Valle Bene Comune. L’esecutivo di Matteo Renzi è insediato da un paio di mesi e il ministro competente Franceschini, il 28 di aprile, scrive poche righe a Marino: “Spetta al Comune di Roma dare adeguata e piena attuazione alla suddetta convenzione - quella del giugno 2011 - (...) nel rispetto della normativa vigente a tutela del bene culturale che il Teatro Valle rappresenta”. In tre anni s’annota gente che si sfila, che si mette in salvo, che ambisce invano, che cambia posizione. Marino s’è fatto coraggioso e scandisce ultimatum. Ma ci sono tanti fatti ancora da spiegare. Troppi per un ultimatum.
Carlo Tecce, il Fatto Quotidiano 31/7/2014