Andrea Giordano, Panorama 31/7/2014, 31 luglio 2014
IO, LA GRANDE BELLEZZA DI JEP GAMBARDELLA
[Anna Luisa Capasa]
Nella Grande bellezza, sospesa com’è in un’atmosfera magica, unico e autentico amore del giovanissimo Jep Gambardella-Toni Servillo prima che diventi un inguaribile cinico. Elisa De Santis-Anna Luisa Capasa risulta davvero il prototipo della donna angelicata. Eccezion fatta per il diamantino incastonato nei denti e un animo cosmopolita. Ecco che l’attrice, che compirà 19 anni a dicembre, ha meritato il suo spazio nella galleria di volti del film da Oscar («Ai provini non sapere nemmeno chi fosse Paolo Sorrentino mi ha aiutata»). Origini per metà salentine e per metà serbe (è figlia di Ennio Capasa, creatore e fashion designer di Costume National, e dell’ex modella Dragana Kunjadic), idealmente è in equilibrio tra Otranto e Belgrado, con una vita già movimentata tra moda, laboratori teatrali e viaggi, che in concreto si svolge a Milano.
Nel cinema ha debuttato quasi per caso, nel 2010, con A Woman di Giada Colagrande, a cui è seguito L’amore fa male di Mirca Viola («Avevo una gran paura: per fortuna mi è sempre stata accanto mia zia, Stefania Rocca, compagna di mio zio Carlo»). È anche indossatrice e designer «sostenibile», ma il cinema resta il pensiero dominante («A settembre andrò a studiare alla New York Film Academy di Los Angeles e lì valuterò anche nuovi progetti di film»).
Quanto conta per lei questa doppia natura, tra Italia e mondo slavo?
È fondamentale per la mia sensibilità, anche nella recitazione. E devo ringraziare mia madre se riesco a coltivare queste radici, quando siamo insieme parliamo in serbo. Lei, da bambina, ha vissuto la guerra nell’ex Jugoslavia in prima persona: ha sofferto molto come i miei nonni, che avevano una fabbrica di legno e hanno perso tutto. Ora le cose sono cambiate: i giovani cercano di creare qualcosa di nuovo a Belgrado. Lì abbiamo una casa e, negli ultimi anni, ho visto la città modernizzarsi, arricchirsi di eventi. Come l’Exit Festival, che si svolge nella fortezza di Petrovaradin, a Novi Sad. È un appuntamento musicale unico: 30 palchi e artisti che arrivano da tutto il mondo.
Scorrendo la sua biografia, la musica per lei non sembra soltanto un hobby.
Suono da molti anni la chitarra acustica. Mi ero fissata, pur non avendo aspirazioni da rockstar. Agli amici faccio sentire dei classici, dai Doors a Lou Reed. Intanto aggiorno la mia libreria di iTunes.
Ha raccontato di Belgrado. Ma lei conosce bene anche New York?
Non ho la confidenza che vorrei con i suoi club di tendenza... Il fatto è che non ho ancora 21 anni e i miei non si fidano a farmi andare da sola. Però amo Soho, la sua mappa di gallerie d’arte. Molto meglio di certi locali rumorosi. Mi piace anche la zona di Brooklyn: è lì che ho conosciuto il mio attuale ragazzo.
Ha iniziato come modella. La bellezza l’ha aiutata in ciò che ha fatto finora?
Se sei bella ma non sei interessante, la gente neppure ti guarda. In questo mondo vali se hai qualcosa di forte da raccontare e, soprattutto, se risulti credibile.
Non ha mai pensato di lavorare nell’azienda di famiglia?
Con mio padre parliamo molto. La cosa interessante è che cerca di includermi nelle sue scelte creative. È tutta la mia famiglia a essere coinvolta, compreso mio fratello Anton che sfila, ma ha comunque un approccio più business. Se dovesse capitare l’occasione, mi concentrerei sulla moda donna: è il terreno su cui sono più a mio agio. Ma sarebbe anche interessante guardare il nostro brand in maniera più artistica e attiva.
Tornando al cinema, com’è arrivata a recitare per Paolo Sorrentino? Un esordio niente male per una che strimpella appena la chitarra...
Avevo 15 anni ed è stata la mia agenzia a propormi il provino. Ricordo Paolo che mi riprendeva con una videocamera, col sigaro in bocca acceso in uno studio dove però aveva fatto scrivere «non fumare». Ho improvvisato un paio di scene e dopo una settimana sono stata richiamata. Avevo la parte. Abbiamo girato all’isola del Giglio, a Punta Capel Rosso. Paolo non mi ha fatto avere il copione, ma solo le mie battute, per via del set blindato. Chi s’immaginava di essere in un film da Oscar.