Gianluca Comin, Lettera43 30/7/2014, 30 luglio 2014
K STREET, LOBBISTI CORTEGGIATI COME STAR DELLO SPORT
C’è un gran movimento in questi mesi a K Street, il cosiddetto centro dell’industria della lobby, dei think thank e dei gruppi di pressione a Washington. Un rivolgimento degli equilibri che fa parlare gli osservatori di vero e proprio «terremoto nell’industria della lobby».
Ogni giorno ci sono annunci di acquisizioni, fusioni o di professionisti blasonati che passano da questa a quella prestigiosa sigla del firmamento lobbistico e fanno parlare di sé come quando le star del calcio passano da una squadra all’altra.
È una competizione esasperata in un campo di gioco già molto concorrenziale e che occupa oltre 33 mila professionisti e muove decine di miliardi di euro l’anno. Un mondo che dall’Italia guardiamo con curiosità e invidia. Le piccole scosse telluriche diventano poi veri e propri terremoti quando raggiungono quello che è definito il firmamento della lobby americana.
È recente, infatti, la commentatissima fusione tra Patton Boggs e lo studio legale Squire Sanders.
L’operazione ha portato a un esodo di personale verso almeno tre concorrenti - Holland & Knight, Akin Gump Strauss Hauer & Feld e Jones Day – che hanno accolto a braccia aperte i professionisti in uscita.
Ma ci sono stati diversi altri scossoni che mostrano quanto sia diventata volatile l’attività di lobbying.
Lo studio legale Dickstein Shapiro ha visto più di una dozzina di suoi lobbisti uscire dalla porta ed essere accolti in Greenberg Traurig. Qui, per esempio, è entrato Andrew Zausner, portando con sé 12 lobbisti e un cliente da 2,8 milioni dollari, la società del tabacco Lorillard, quella del pacchetto Kent.
Ma non sono i soli. Nella sede di Washington di Greenberg Traurig ne sono entrati altri 28 di lobbisti, a conferma che crescere nel settore è ancora importante.
E, poco tempo fa, cinque professionisti di Williams & Jensen hanno dato vita a una propria impresa, Alignment Government Strategies, e a loro si è unito uno storico cliente dello studio, Leo Jardot, il lobbista interno di Pfizer.
«Quando c’è il sangue in acqua, gli squali iniziano a girare in cerchio e le imprese cercano di prendere le persone migliori», dice Mike House, il responsabile della practice legislativa in Hogan Lovells.
I veterani della lobby osservano con curiosità, ma anche con preoccupazione, un fenomeno che ha raggiunto un ritmo e una frequenza del tutto inusuali.
Il primo profondo cambiamento in K Street si è osservato tra i gli Anni 90 e i primi del 2000, quando si assistette a una ristrutturazione del settore simile a quella avvenuta con la chiusura dei piccoli supermercati e la nascita dei centri commerciali.
Akin Gump, l’anno scorso, ha raggiunto i 33,8 milioni dollari e quest’anno cresce ancora con l’aggiunta di nuovi lobbisti, tra cui 11 esperti del settore sanitario.
«Le star della lobby non sono diverse dalle star dello sport che cercano la squadra giusta nella quale possono eccellere», dice l’head hunter specializzato nel settore Ivan Adler. Tutto questo rende il mercato più competitivo e difficile e rende i professionisti sempre più professionisti.