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 2014  luglio 31 Giovedì calendario

MEGLIO CLEMENTE CHE RENZI. METAMORFOSI DI DON DIEGO

Diego Della Valle non è Diego de la Vega, non ruba ai ricchi per dare ai poveri, come faceva Zorro. No, DDV, acronimo che vale una firma, è imprenditore marchigiano, produce scarpe, è azionista del Corriere e patron, assieme al fratello Andrea (che ne è il presidente onorario), della Fiorentina, che ancora non ha vinto niente, più o meno come le capita da oltre trent’anni, a parte qualche trofeo minore, persino nell’era (tanto bistrattata) di Vittorio Cecchi Gori, che la portò però nel baratro da cui DDV la riprese, ricominciando dalla C2 e con un nome brutto assai: Florentia Viola. «I professionisti di Della Valle - spiegò Eugenio Giani, all’epoca (agosto del 2002) assessore allo Sport di Firenze - hanno suggerito di cambiare momentaneamente la denominazione della nuova società per evitare il rischio che possa essere ipotizzata una sorta di continuazione con la vecchia. Questo per scongiurare il pericolo di eventuali cause, come quella intentata dal giocatore Mijatovic, che potrebbero far ricadere sulla nuova Fiorentina precedenti debiti contratti dalla società di Vittorio Cecchi Gori». Parliamo di Della Valle perché martedì scorso, in una conferenza stampa sul restauro del Colosseo, Diego l’ha buttata lì da moralizzatore qual è me quale si crede di essere: «Presidente Napolitano, la Costituzione è stata scritta da persone come Einaudi, non la facciamo cambiare dall’ultimo arrivato seduto in un bar con un gelato in mano. Bisogna stare molto attenti a queste cose». Chi sia l’uomo col gelato in mano in molti l’hanno pensato e in pochi l’hanno scritto: Matteo Renzi, l’amichetto suo fino a poco tempo fa. Non sappiamo se il rottamatore sia goloso di gelati e francamente poco importa, ma se fosse lui, perché appellarsi in questo modo al Capo dello Stato? In fondo Della Valle e Renzi sembravano avere un buon rapporto, nonostante la differenza d’età e di formazione, uno imprenditore e l’altro politico. Ed allora? Certo, come leader politico non si può dire che Renzi assomigli a Clemente Mastella da Ceppaloni, caro amico di Della Valle (un’amicizia basata anche sullo scambio di prelibatezze culinarie), l’uomo che anni fa, nel 2000, il giorno del conferimento della laurea ad honorem in economia a DDV, all’Università di Ancona, arrivò a confessare di avergli chiesto di scendere in politica per le sue qualità eccellenti ma lui «non mi dà retta». «Comunque - aggiunse Mastella - continuo a sostenerlo, essendo io uno che in politica ha scelto il ruolo di centrocampista e quindi in questo caso il lancio andrebbe nei suoi confronti, Della Valle potrebbe essere il centravanti di una eventuale squadra di governo. Ma lui preferisce fare quello che fa e credo che ora la Borsa gli dia una certa euforia». Ora, una domanda per Diego Della Valle che con Mastella e tanti come lui è cresciuto nella Prima Repubblica: non è meglio Renzi di Mastella come centrocampista? Sul centravanti, poi, resta da vedere: se uno vuole scendere in campo, scende. Ma non si può giocare stando in tribuna come troppo spesso, in Italia, anche nel passato, hanno fatto molti, troppi imprenditori. Scherzando, sempre Mastella, parlando del suo amico Diego ricordava che «lui è nato a Casette d’ Ete, io invece a San Giovanni, frazione di Ceppaloni». La provincia italiana. Quella dello Strapaese di Maccari e Longanesi, fotografata in un sapido aforisma (da Longanesi): «In Italia tutti sono estremisti per prudenza». E chissà se in quel gelataio dal sen fuggito c’entri qualcosa la prossima visita in Usa, annunciata da Renzi, negli stabilimenti Fiat Chrysler, con Marchionne ed Elkann. Roba che a Diego deve aver fatto venire in mente il Benigni di «Johnny Stecchino», quando nel bagno si accorge che la compagna l’ha tradito per un suo sosia: «Ed io che l’ho fatta studiare a Detroit». A Zorro non sarebbe accaduto.