Valentina Conti, Il Tempo 31/7/2014, 31 luglio 2014
DA MASTELLA A BOSSI E DI PIETRO
Nepotismo e politica, una grande passione italiana. Di padre in figlio, di zio in nipote, di marito in moglie e via discorrendo: un virus che praticamente si tramanda da generazioni nella gestione della cosa pubblica. Gli esempi di raccomandati dai cognomi noti, non si contano proprio sulle dita di una mano. Panta Rei, diceva Eraclito, per scomodare la filosofia: tutto scorre, cambia e si trasforma. Ma la politica «made in family» è una delle poche certezze rimaste. Prima Repubblica o meno. Si potrebbe girare un film per quanto materiale si ha a disposizione.
Chi può dimenticare Renzo Bossi, figlio del Senatùr, alias il Trota. Consigliere regionale a 21 anni con la benedizione del papà: 12 mila voti al suo debutto. Cosa si ricorda di lui? Le fidanzate in cerca d’autore e alcune frasi rimaste indelebili. Oltre, of course, alle scadenti performance scolastiche (69/100 alla maturità), che hanno comunque fatto la gioia di tanti giovani svogliati. Alla faccia di chi si ostina a pensare che prima o poi competenze e meriti possano fare la differenza.
È della cerchia pure Elio, il figlio del navigato ex Guardasigilli Clemente Mastella, «sceso» in politica sempre grazie a papy (mamma Sandra c’era già). Ha scatenato, a suo tempo, la rivolta nell’Idv la candidatura di Cristiano Di Pietro, figlio di Tonino, con l’ex magistrato in veste di genitore protettivo che ha da subito messo le mani avanti per giustificare la «discesa» in campo del suo erede, rimarcando: «Non è come il Trota, lui ha fatto tutta la gavetta». Andando parecchio indietro, poi, i casi sono numerosi: è passato alla storia quello del figlio di Forlani, solo per citarne uno dei più famosi su cui si sono sprecati fiumi di inchiostro per analizzare il rapporto tra «familiarità politiche» spesso a uso e consumo. Fino ad arrivare all’attuale candidato più papabile per il Commissariamento della Federcalcio: Giulio Napolitano, figlio di Re Giorgio, proprio l’inquilino del Quirinale. Passando per il figlio di Manuela Repetti (anche lei in politica), compagna dell’ex ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi: lui è stato assunto alla direzione generale del cinema. Approdando alle candidature pentastellate (e non solo) di mogli e mariti e piazzamenti in società regionali di ogni colore. Ancora, il fidanzato dell’ex ministra del Turismo, Michela Vittoria Brambilla, grazie alla rossa animalista promotrice dei Circoli della Libertà, si è ritrovato membro del Cda dell’Aci: Report docet. Non era il marito, ma fa lo stesso. Il figlio dell’ex sottosegretario Malinconico ha trovato lavoro al Ministero dell’Ambiente. La figlia della ex discussa ministra Fornero, Silvia (non proprio molto choosy), ha, invece, tra gli altri incarichi, una cattedra all’Università di Torino, dove, casualmente, madre e padre sono professori ordinari. Non molto lontane sono le polemiche per la sorella del premier rottamatore Matteo Renzi inserita nella giunta di Castenaso, piccolo comune del bolognese. E le ultime bordate dei grillini ululanti alla sistemazione della moglie di Matteo Salvini in Regione Lombardia («Siete dei poveretti», ha commentato lui).
Tutti figli, mogli, fidanzate, generi, cognati, cugini di. E chi più ne ha più ne metta. Tutto ricadente nel grande calderone del circo della politica. Per ruoli di rilievo e perfino (in pochi casi, per la verità) precari. D’altronde, più del 70% del lavoro nel Belpaese si trova per segnalazione. Il mondo va così. E i nostri politici ci hanno messo un nanosecondo ad approfittare a fare un favore ai loro cari. Alcuni, vabbè, omettendo le giuste referenze dei curricula. Ma, ormai, si sa, si sono trasformati in optional. E comunque, in caso, c’è mamma o papà che supporta in qualità di mentore, o giù di lì. Il sindacalista piazzato alla direzione nazionale di Ncd, mandato dalla sorella Lorenzin, che ha fatto notizia è solo l’ultimo di una lunga lunga serie. Ricordiamocelo.