Andrea Barcariol, Il Tempo 31/7/2014, 31 luglio 2014
PRIMI AL MONDO PER SITI CULTURALI, MA INCAPACI DI SFRUTTARLI
La percentuale dei beni culturali situati in Italia rispetto al totale nel mondo è impossibile da quantificare con precisione. Un dato però è certo: siamo il Paese che ne possiede nettamente di più. Eppure secondo la classifica mondiale per arrivi da turismo internazionale, restiamo ancora lontani non solo dalla Francia e dagli Stati Uniti, ma anche da Paesi come la Spagna e la Cina. Segno evidente che tanti, troppi, errori sono stati commessi.
«Il turismo è un settore che ha potenzialità enormi per anni rimaste incomprese dalla classe politica - ha spiegato ieri il ministro Dario Franceschini alla presentazione, presso il Mibact, dei dati dell’Osservatorio Nazionale del Turismo – Erroneamente si è pensato che, grazie alla straordinaria presenza di siti di prestigio, non fosse necessario investire in questo settore». E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: siti di eccezionale valore, come Pompei e la Reggia di Caserta, versano in uno stato di vergognoso degrado, tanti musei non sono adeguatamente valorizzati e ospitano un numero irrisorio di visitatori rispetto alle loro potenzialità, le (poche) iniziative di aperture straordinarie falliscono a causa di beghe sindacali.
Particolarmente critica la situazione nelle regioni del Sud che raccolgono solo il 13% della spesa turistica proveniente d’oltrealpe che complessivamente, nel 2013, si è attestata intorno ai 33 miliardi di euro (un miliardo in più rispetto al 2012). Introiti che per il 60% finiscono in sole quattro regioni (Lazio, Lombardia, Veneto e Toscana).
«È assurdo che il Sud abbia una capacità di attrazione così bassa, pur avendo un patrimonio immenso – sottolinea Franceschini - Nel futuro dobbiamo lavorare sulla digitalizzazione, perché siamo molto indietro rispetto agli altri Paesi, sulla riqualificazione dell’ospitalità, sulla promozione all’estero dell’Italia e sulla differenziazione dell’offerta culturale, evitando le concentrazioni sempre negli stessi luoghi».
Ritardi che hanno fatto sì che l’attivo turistico, dopo aver toccato un massimo del 1,2% nel 1995, si sia progressivamente ridotto all’1% nel 2001 e allo 0,7% nel 2011. Non solo. Nel decennio 2000 - 2010, la quota di mercato a prezzi e cambi correnti dell’Italia sugli introiti turistici mondiali è scesa del 5,8% al 4,1%. Una diminuzione che, secondo i dati di Infocamere-Unioncamere, ha progressivamente indebolito il settore alberghiero che, nel primo semestre 2014, ha fatto registrare un saldo negativo di 456 imprese. In particolare, secondo i dati dell’Istat, sono le strutture extra-alberghiere ad aver avuto il calo maggiore (- 8,4%).
Un timido risveglio, secondo la fotografia scattata dall’indagine Confesercenti -SWG, sembra arrivare grazie al turismo interno con l’aumento di 1,5 milioni di vacanzieri rispetto al 2013, disposti però a spendere circa il 18% in meno rispetto all’anno precedente. Alle vacanze, insomma non si rinuncia ma con un occhio molto attento al portafoglio.
Riguardo invece al turismo internazionale, dai dati dell’Osservatorio Nazionale, emerge che in testa alla top ten dei Paesi che in Italia spendono di più c’è la Germania, seguita dagli Stati Uniti, dalla Francia, dal Regno Unito e dalla Svizzera. In ascesa la Russia che fa il suo ingresso in questa classifica piazzandosi all’ottavo posto, mentre tra i Paesi extraeuropei è in forte crescita il Brasile (+33,4%).
Sono le città d’arte a catturare l’attenzione dei turisti. È questa la tipologia di vacanza preferita dal 58,4% degli stranieri che visitano il nostro Paese. Una predilezione, quella per la cultura, confermata anche dagli arrivi negli aeroporti italiani nel primo semestre del 2014, con la capitale che fa la parte del leone e gli scali di Ciampino e Fiumicino che fanno registrare rispettivamento un + 12,1% e un +3,5%. Complessivamente sommando la spesa turistica degli stranieri (33 miliardi di euro) con quella dei turisti italiani (63,9 miliardi di euro) si ha l’idea dell’impatto e delle potenzialità enormi che questo settore potrebbe avere sull’economia nazionale. Potenzialità, purtroppo, ancora inespresse.