Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  luglio 31 Giovedì calendario

COTTARELLI SMASCHERA RENZI: SPENDE SOLDI CHE NON HA


Nessun passo indietro. Non adesso, almeno: «Non ho intenzione di rinunciare al lavoro che sto portando avanti», fa sapere Carlo Cottarelli. Qualche sassolino dalle scarpe, però, il commissario per la spending review se lo toglie. Perché non ci sta a passare, come scritto dall’economista Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera di ieri, per l’uomo del mistero. «Il mistero Cottarelli». Anche perché, fa sapere conversando con Libero, lui quello che doveva fare l’ha fatto. «Le mie proposte sono state chiaramente indicate a marzo. Il documento non è mai stato pubblicato ufficialmente», rivela, «perché non spetta a me, ma si trova sul web». Si tratta, aggiunge, «delle famose slides riportate ampiamente dai giornali». Quelle con le quali Cottarelli individua, per il triennio 2014-2016, risparmi per sette miliardi di euro nel 2014, 18 nel 2015 e 34 nel 2016. Un piano, si difende il commissario, che lui «sta aggiornando. Per cui non so proprio perché Giavazzi non ne fosse al corrente».
Il problema, semmai, è dell’esecutivo. Che non solo non ha mai messo il timbro dell’ufficialità al documento composto dalle 72 slides «attendiamo l’ok del governo...», si lascia scappare Cottarelli ma rispetto al cronoprogramma messo a punto con il governo Letta il 25 novembre 2013 ha accumulato ritardi su ritardi.
Secondo quel piano, infatti, nei mesi di maggio-luglio 2014 era prevista l’implementazione delle misure a livello legislativo. Con effetti distribuiti fin dal 2014 e poi nel corso del biennio successivo. «Io sono tenuto a riportare al governo, o meglio al comitato interministeriale per la revisione della spesa», si difende Cottarelli. Invece da quando a Palazzo Chigi si è insediato Matteo Renzi, a febbraio,quel comitato non si è praticamente mai riunito. Eppure lui, ricorda, ha partecipato «a una decina di commissioni parlamentari in cui ho reiterato gli stessi punti».
E non è finita qui. Con il presidente del Consiglio ci sono stati anche altri motivi di attrito. L’annunciato trasferimento del suo ufficio (lui e sette persone dello staff) dai locali del ministero dell’Economia e delle Finanze, in via XX Settembre 97, a Palazzo Chigi non è mai avvenuto. Un segnale di distacco che Cottarelli, nominato da Letta e da Fabrizio Saccomanni, ha immediatamente avvertito. Così come non gli è sfuggito il significato dell’arrivo, a Palazzo Chigi, di una sorta di cabina di regia sui temi economici affidata ai fedelissimi del premier Yoram Gutgeld e Filippo Taddei. Una task force destinata a restringere il campo d’azione del commissario. Da qui, nella giornata di ieri, le voci sulle possibili dimissioni. Un passo indietro smentito informalmente da Cottarelli, rimasto al lavoro a XX Settembre dove ha partecipato a varie riunioni, anche insieme al viceministro dell’Economia, Luigi Casero, che infatti cade dalle nuvole: «Abbiamo lavorato insieme, non ne ho proprio sentore».
Fatto sta che Cottarelli, a sera, sgancia la vera bomba su Palazzo Chigi. Lo fa rimettendo mano al suo blog, fermo al 7 luglio. Un post di una cartella e mezza per bocciare la modalità utilizzata dall’esecutivo in sede di decreto legge sulla competitività. «Si sta diffondendo la pratica di autorizzare nuove spese indicando che la copertura sarà trovata attraverso future operazioni di revisione della spesa». Una pratica che Palazzo Chigi ha utilizzato, denuncia, «per finanziare il pensionamento di alcuni lavoratori arrivati alla cosiddetta quota 96», ovvero una combinazione tra età e anni di servizio raggiunta la quale alcuni lavoratori pubblici potranno derogare alla riforma Fornero e andare in pensione secondo le vecchie regole. «Il totale delle risorse che sono state spese prima di essere state risparmiate per effetto di queste decisioni», calcola Cottarelli, «ammonta ora a 1,6 miliardi per il 2016».
Con un paradosso, attacca il commissario per la spending review: «La revisione della spesa, futura, viene utilizzata per facilitare l’introduzione di nuove spese». Invece il Parlamento, sostiene, «dovrebbe contestualmente» coprire le nuove spese «con tagli di spesa non lineare di pari entità, individuandoli per esempio tra le proposte di revisione della spesa già presentate dal Commissario in passato». Di questo passo, avverte, «se si utilizzano risorse provenienti da risparmi sulla spesa per aumentare la spesa stessa, il risparmio non potrà essere utilizzato per ridurre la tassazione sul lavoro». Una sconfessione del modus operandi del governo che provoca la piccata reazione di Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera (Pd): «Se il commissario Cottarelli è in vena di dare consigli sull’utilizzo dei risparmi di spesa sulle pensioni, gli consiglio vivamente di rivolgersi prima al governo e solo successivamente al Parlamento». Ma Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia, in serata «copre» Cottarelli. Il suo intervento, fa sapere il Tesoro, «è stato utile per ribadire le posizioni» di via XX Settembre e dello stesso governo sulla spending review. Le critiche del commissario investono «alcune prassi parlamentari». Per il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta, invece, «Cottarelli svela l’imbroglio delle coperture di Renzi».