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 2014  luglio 31 Giovedì calendario

INTERVISTA A CAPRAI, IL RE DEI BRACCIALETTI: «MAI UN MIO MONILE AL POLSO DELLA MERKEL»


Quando un paio di anni fa, qualcuno mi regalò per la prima volta un braccialetto Cruciani, ricordo che impiegai tre quarti d’ora per capire come diavolo si allacciasse. Oggi, andando su youtube, scopro che esiste un tutor visitato 92.000 volte che spiega in maniera scientifica come legarlo al polso senza improvvisare nodi da marinaio. Quando, tre anni fa, uscì il primo braccialetto Cruciani, lo sfoggiarono per primi i turisti di Forte dei Marmi, attratti dal bracciale fighetto ma stiloso, casual ma non finto giovane come certi braccialetti di corda al polso di vitelloni attempati al rientro da Ibiza. Oggi, quel braccialetto, ha accarezzato 15 milioni di polsi. Dietro a questo successo, sempre per rimanere in tema di numeri, c’è un uomo che si prende qualche decina di arrabbiature all’ora, qualche centinaio di gocce di Xanax al giorno e un numero imprecisato di querele all’anno. Perché Luca Caprai, 48 anni, patron del marchio Cruciani, è un uomo diretto e sanguigno, uno che non si lega nulla al dito. Casomai al polso. Uno che la vita la affronta di petto. E che delle sue arrabbiature pirotecniche sa ridere. Perché è collerico sì, ma anche autoironico.
«L’ultima volta che mi sono arrabbiato? Stamattina. Ero salito su un taxi a Milano, dopo due minuti ho chiesto di accostare. Il tassista mi ha domandato cosa fosse successo e io ho risposto che gli lasciavo 20 euro. Sei per la corsa e 14 per andare a farsi una doccia, visto che in macchina c’era una puzza di sudore da soffocare».
Non poteva scendere e basta?
«No, perché io so cosa vuol dire avere a che fare con i clienti e i clienti vanno rispettati. Non puoi far salire una persona su un taxi che puzza di cane bagnato. Potrei tacere, ma non ce la faccio».
Altre arrabbiature recenti?
«Con un tizio che su un giornale ha fatto una valutazione ingenerosa dei vini di mio fratello, che è produttore. Qualche tempo dopo ero a Shanghai e ho letto che sempre su quel giornale quella stessa persona elogiava dei vini di pessima qualità. Allora gli ho scritto una gentile mail in cui gli davo del marchettaro mettendo in copia tutti i direttori di riviste e quotidiani del paese».
L’ha querelata?
«No, ci siamo chiariti».
Immagino che non ci sia sempre il lieto fine.
«No, proprio oggi vado a ritirare una querela in polizia». Ma come fa a gestire una vita e una personalità così burrascose?
«Con lo Xanax. Ne prendo cento gocce».
Al giorno?
«No, 100 gocce solo prima di andare a dormire. Ma non lo scriva, non sono un esempio da seguire, a qualcuno potrebbero fare male».
È vero che ha deciso di non fare pubblicità su alcuni giornali perché è entrato in conflitto con direttori e testate?
«Non investo più su Vanity fair America. Tempo fa hanno modificato la grafica di una mia pagina pubblicitaria senza consultarmi».
Era una modifica importante?
«Hanno cambiato il colore dello sfondo a una foto e visto che la foto era di un grande fotografo, Giovanni Gastel, mi sono incazzato. Ho chiesto di incontrare i vertici di Vanity fair America per chiarire la questione, mi hanno risposto di no e io ho smesso di investire lì».
È successo anche con qualche direttore italiano?
«Con Alfonso Signorini. Su Chi non investo più un euro. Mi avevano chiesto un’esclusiva, io per darla a loro l’ho tolta al Corriere della sera e alla fine quel pezzo su Chi non è mai uscito. Ho fatto una brutta figura e poi io sono un uomo di parola, le promesse si mantengono».
Una cantante a cui le piacerebbe vedere indossare un braccialetto Cruciani?
«A Rihanna e Beyoncè. Anche se poi Beyoncè una volta è venuta a Capri e il mio braccialetto l’ha messo. Tra l’altro ora pare che Rihanna abbia rubato il marito a Beyoncè, potrebbero litigare e strapparsi i miei bracciali, sarebbe una pubblicità d’impatto!».
Invece un politico che vorrebbe col suo braccialetto al polso?
«Putin. L’unico che fa politica con rigore e personalità. L’unico tra i non dittatori intendo».
Sicuro che non sia un dittatore?
«Diciamo che è borderline».
E la Merkel con un bel braccialetto Cruciani non ce la vedrebbe?
«Per carità. È brutta, culona e fa i dispetti al nostro paese. E poi non è nel target Cruciani. Una donna lo vede addosso a lei e lo butta. Vuole mettere Gisele con un nostro braccialetto?»
Sì ma se lo dovessero comprare le donne che si riconoscono in Gisele lei ne venderebbe tre pezzi l’anno.
«Anche questo è vero, ma la Merkel non la reggo. Quando lei e Sarkozy si sono messi a ridacchiare mentre Berlusconi parlava io, da italiano, mi sono sentito offeso. Ci vuole rispetto per un premier e per le istituzioni, per cui se la chiamo buzzicona ha poco da offendersi».
Potrebbe querelarla?
«Se mi dovesse suonare la polizia tedesca a casa sarebbe un bel colpo di teatro».
È uscita da poco la nuova borsa Cruciani. A proposito di accessori, il ministro Boschi è un ministro indispensabile o un accessorio?
«È un accessorio stagionale. Non è una cosa inaccettabile come la Minetti in Regione, sia chiaro, ma la politica che governa è un’altra cosa».
Però lei alla Minetti ha fatto fare da testimonial del braccialetto tricolore.
«La scelsi all’epoca perché era nella bufera, pareva la massima rappresentante del marcio in politica, quando i veri scandali erano altrove. A me piace aiutare la gente quando sta nella polvere, non sono nato per salire sul carro del vincitore. Troppo facile».
Se dovesse disegnare un braccialetto per Renzi che simbolo sceglierebbe?
«Tanti piccoli Fonzie cuciti a mano. Non mi piace, non l’ho votato, ma spero riesca a fare qualcosa di buono. In Italia chiudono mille imprese al
giorno, se la politica non fa qualcosa saremo non commissariati, ma stagionali. Diventeremo un paese in cui venire a trascorrere qualche giorno di vacanza, non un posto in cui investire».
Berlusconi l’ha mai messo un braccialetto Cruciani?
«Ne ha acquistati cento proprio qualche giorno fa e sa a chi li ha regalati? Agli anziani di Cesano Boscone. Voleva fare una sorpresa ai vecchietti che intrattiene una volta a settimana».
È felice della sua assoluzione?
«Sì, perché l’accanimento giudiziario è palese».
C’è un mistero che non è mai stato svelato. Non l’ha voluto dire neanche a Nicola Porro che ha provato a estorcerle il segreto in un’intervista su Rai 2. Perché se lei si chiama Luca Caprai, il marchio si chiama Cruciani?
«È un fatto un po’ complesso da raccontare... Diciamo che 25 anni fa ho avuto una grande passione, ricambiata, per una donna di Foligno...».
Esisteva una signorina Cruciani quindi?
«Diciamo che esisteva una signora Cruciani più che altro...».
Ah, tutto chiaro. La sua attuale compagna lo sa?
«Certo, non la conoscevo ancora, il reato è caduto in prescrizione. E poi ormai tutto il mio amore lo riverso su Sofia, mia figlia, che ha cinque anni».
Autoritario anche con lei?
«Macché. È l’unica persona che con me riesce a comandare. E a me va bene così. Sono fuori 25 giorni al mese per lavoro, quando la vedo lascio che sia lei a dare gli ordini».
Rachele, la sua bella assistente, lo fulmina con lo sguardo. «È ora di andare!». Luca Caprai annuisce senza fiatare.
Ci sono molte donne nella sua vita. Non sarà che col sesso femminile si addolcisce?
«Le donne sono mediamente più preparate e più qualificate. E lavorano di più, lo devo ammettere».
Per un attimo mi convinco di aver trovato il lato tenero di questo umbro aspro e simpatico. «Ma le quote rosa sono una grande stronzata. Servono a darvi il contentino, è come darvi delle diversamente abili!». Ecco. Il lato tenero forse non l’ho trovato. Ma quello ironico e schietto, fatto di battute e un gusto allegro per gli aneddoti, mi ha tenuto compagnia per una buona mezz’ora. E comunque, resto dell’idea, che per quanto Luca Caprai possa avere un carattere difficile, è sempre meno difficile che allacciare uno dei suoi bracciali.