Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  luglio 31 Giovedì calendario

«VIETATO RIDERE». LA GAFFE TURCA INDIGNA LE DONNE

«Una risata vi seppellirà», dicevano gli anarchici nel ‘800 e poi nel maggio francese. E ora, decenni dopo in Turchia, sono centinaia di migliaia le risate che vorrebbero seppellire il vicepremier Bülent Arinç, autore di un’apparente gaffe che in realtà tale non è. «Per non essere peccaminosa una donna deve proteggere la sua castità: quando la guardiamo abbasserà gli occhi arrossendo timidamente e non sarà seducente, e non riderà in pubblico», aveva detto lunedì in un comizio il braccio destro del premier Recep Tayyip Erdogan, come lui del partito islamico Akp.
Nell’imminenza delle presidenziali del 10 agosto, che Erdogan si prepara a vincere così come aveva vinto le amministrative in marzo, l’affermazione di Arinç era ovviamente diretta al suo elettorato, contrario come lui al «collasso morale» del Paese e soddisfatto dai successi economici dell’ultimo decennio con l’Akp al potere. Ma altrettanto ovviamente non è stata gradita dalla Turchia laica e femminista, non maggioranza ma importante. E agguerrita.
Centinaia di migliaia di donne si sono così fotografate con enormi sorrisi. Da sole, in coppia o in gruppo, più di 300 mila — e il numero continua a crescere — hanno postato le immagini su Twitter con hashtag contenti la parola kahkaha, che in turco vuol dire risata. Lo stesso sui vari social network, mentre altre hanno diffuso i loro video ridenti, con la sfida aggiuntiva del sonoro, su YouTube .
«Sono libera e decido io se ridere o no», ha scritto su Instagram la 23enne Hazal Naz Beselyici, con foto a 32 denti. «Il mio corpo, la mia decisione» (versione turca dello storico slogan femminista italiano «il corpo è mio e lo gestisco io») ha accompagnato altre immagini. La stessa frase era stata usata contro Erdogan due anni fa, quando il premier aveva definito l’aborto un «omicidio». E in altre occasioni in cui il premier non aveva certo nascosto la sua visione sulla donna in Turchia. Nel 2010, ad esempio, dichiarò che «donna e uomo non sono uguali e i loro ruoli sono complementari».
Accanto all’ondata di donne sorridenti, ridenti, perfino sghignazzanti, nelle ultime ore pure alcuni uomini sono scesi in campo. «Oh Dio, spero sia uno scherzo — ha scritto su Twitter un famoso presentatore televisivo, Fatih Portakal —. Se le donne non possono ridere in pubblico, allora a noi uomini è proibito piangere». Parole non scelte a caso: proprio il vicepremier Bülent Arinç è noto per versare lacrime di commozione durante i discorsi del suo capo Erdogan.
Cecilia Zecchinelli