Federico Fubini, la Repubblica 31/7/2014, 31 luglio 2014
LA MANOVRA SARA’ DA 16 MILIARDI
Carlo Cottarelli ha un piede e mezzo fuori della porta. Ammesso che abbia mai davvero fatto parte della squadra di questo governo, ora di fatto non è già più così. Renzi di recente ha spiegato in incontri privati che lo stesso commissario alla spending review gli ha chiesto di tornare al Fmi, dove aveva lavorato per decenni.
Il premier vuole accontentarlo ad ottobre, nominandolo direttore esecutivo per l’Italia all’Fmi. Certo non farà nulla per trattenerlo e ha già pronto il successore, il fedelissimo consigliere economico Gutgeld. Ai suoi collaboratori il premier ha confidato: “Cottarelli è bravo, ma non decide”.
Certo, le difficoltà fra Renzi e colui che avrebbe dovuto essere il regista dei tagli di spesa non nascono adesso. Sono iniziate fin dal primo giorno in cui i due hanno iniziato a cercare di lavorare insieme. Il fatto che il divorzio si stia consumando solo in queste settimane dimostra solo che su entrambi i fronti si è cercato a più riprese di trovare un terreno d’intesa.
Non è stato possibile e questa constatazione paradossalmente non è quasi più rilevante, già sovrastata com’è dalla realtà che sta per imporsi: a questo punto dell’anno, il governo dovrebbe essere già al lavoro sull’impianto della prossima Legge di stabilità. Matteo Renzi e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan devono vararla entro il 15 ottobre e il premier pensa a una correzione complessiva dei conti da circa 16 miliardi. Non sarà una passeggiata. Va coperto il bonus ai da 80 euro ai redditi medio-bassi, che a velocità di crociera costa 10 miliardi di euro l’anno. Va ridotto ancora il deficit pubblico, perché l’ultimo vertice europeo ha respinto la richiesta dell’Italia di rinviare di un anno (dal 2015 al 2016) il pareggio di bilancio calcolato al netto della frenata economica. Vanno finanziate le missioni militari e i fondi di cassa integrazione per chi non lavora più. In più, parte dei tagli di spesa previsti sono già assorbiti da misure varate sia dal governo di Enrico Letta che da quello di Renzi.
Il premier eredita dal suo predecessore lo schema di una finanziaria che prevederebbe 14 miliardi di tagli di spesa sul 2015 e poi almeno altrettanti l’anno dopo. Ma ora sta arrivando il momento di indicare dove si intende tagliare e perché, chi dovrà affrontare sacrifici e a favore di chi altri. Il mestiere di Cottarelli era quantificare e indicare al governo gli interventi possibili. Per il momento dunque la prossima finanziaria è in cerca d’autore, almeno nel merito delle scelte politiche. Ma non lo resterà a lungo, perché di fatto il cambio della guardia c’è già stato.
Al posto di Cottarelli, Matteo Renzi intende nominare il deputato del Pd e suo consigliere economico Yoram Gutgeld. Master in gestione aziendale all’Università della California, ex direttore e partner di McKinsey a Milano, Gutgeld di fatto ha già preso il posto di Cottarelli con un mandato più ampio su spese ed entrate dello Stato. A Palazzo Chigi, è lui che lavora allo schema e al merito della Legge di stabilità che dovrà essere pronta dopo l’estate.
Secondo i piani attuali del governo, la correzione complessiva dei conti sul 2015 dovrebbe essere appunto di 16 miliardi di euro, poco più dell’1% del prodotto lordo. Non sarebbero tutti e solo tagli di spesa: alcuni miliardi, in numero ancora imprecisato, dovrebbero
venire dal maggiore gettito fiscale derivante dalla lotta all’evasione. Matteo Renzi e la sua squadra puntano molto sull’operato del nuovo direttore dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi.
Molte partite di rilievo restano però aperte. Il governo sa che servirà molta cura nel non ascrivere come proventi certi entrate da lotta all’evasione che per definizione sono incerte, perché riguardano il futuro. C’è poi una questione istituzionale: prima di Renzi, la cabina di regia della finanziaria è sempre stata al Tesoro e il ministro dell’Economia ha sempre guidato il disegno complessivo. Ora non è chiaro come funzionerà la divisione fra i poteri e se essa non produrrà nuovi contrasti, dopo il divorzio di Cottarelli. Infine c’è un’incognita sulle risorse: ad alcuni analisti privati, 16 miliardi di correzione di bilancio sembrano pochi rispetto alle coperture finanziarie che servono. Lo si capirà nei prossimi mesi. In fondo strappo di ieri sulla spending review è solo il colpo d’avvio della campagna d’autunno. Quella in cui l’Italia si gioca la ripresa, la fiducia dei mercati e la tenuta del suo debito pubblico.