Giovanna Casadio, la Repubblica 30/7/2014, 30 luglio 2014
BAGARRE AL SENATO, FALLITA LA MEDIAZIONE RENZI: “TEMONO DI PERDERE LA POLTRONA”
I senatori dell’opposizione con la bibbia del regolamento in mano, brandita contro Grasso. I cori scanditi dai grillini: «Non si può, non si può...», battendo le mani sugli scranni. Per ore il Senato è inchiodato al caos. L’ostruzionismo è fatto di numeri: 1.29, 1.30... Sono tutti emendamenti sulle riforme dei vendoliani che ne hanno, del resto, una scorta di seimila. Sull’1.28 si resta fermi. «Sono 3 ore e mezza che ne parliamo», protesta il forzista Nitto Palma. Si tratta di votarlo per parti separate. Alla fine, con tattica a sorpresa, la capogruppo di Sel, Loredana De Petris lo ritira, come ha già fatto con i tre precedenti.
La confusione cresce. Vincenzo D’Anna (di Gal) cita Krusciov: «Krusceff avrebbe detto... comunque se il Senato non è elettivo sarà di invertebrati». Il leghista Gian Marco Centinaio accusa il presidente del Senato, Piero Grasso di essere «schiavo di Renzi, come l’arbitro Moreno...». Grasso è il bersaglio di attacchi continui. I leghisti gli danno del «fascista ».
Applausi di scherno, grida di vergogna. Luigi Zanda, il capogruppo del Pd alza la voce: «È una gazzarra intollerabile, è un livello di eccitazione senza controllo ». La bagarre non si arresta. Sono quasi le sette di sera quando Palazzo Madama finalmente vota. Sempre un emendamento di Sel. Sempre spacchettato. Sempre con richiesta di voto segreto. È bocciato. La maggioranza tiene. Ecco l’effetto canguro, cioè la caduta degli emendamenti che seguono con lo stesso argomento e simile formulazione. Mille e 400 emendamenti sono così cancellati.
Il governo riprende fiato. Renzi di lì a poco scriverà su Facebook: «Il “canguro” funziona, abbiamo fatto aperture sostanziali alla minoranza ma ci hanno risposto picche con tonnellate di emendamenti, noi si va avanti tranquilli e determinati ». Ma lancia un “affondo”: «Le sceneggiate di oggi dimostrano che alcuni senatori perdono tempo per paura di perdere la poltrona».
Il filo della mediazione sembra interrotto del tutto. Ci aveva provato Vannino Chiti a inizio seduta ieri a tentare una tregua: ritiro degli emendamenti in cambio di più tempo per discutere sulle riforme che si sarebbero state poi votate definitivamente a settembre. Niente da fare. Si discute su chi deve fare il primo passo nella trattativa. «Ma siamo qui a dirci se è nato prima l’uovo o la gallina...», è l’esempio più usato per dire che i circolo è ormai diventato vizioso. I banchi del governo sono affollati. La ministra Maria Elena Boschi siede di lato: «Gli italiani non si meritano le scene che hanno dovuto vedere in Senato. E forse non se le merita neanche l’aula di palazzo Madama», si sfoga. Arrivano anche i sottosegretari alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio e Luca Lotti. Delrio getta acqua sul fuoco ma spiega che il governo non si schioda di un passo. Lotti accende la miccia: «Sel non può dire che usiamo parole irricevibili e poi governiamo insieme tutte le regioni... Eh, no. Non abbiamo mica l’anello al naso». Tensione si somma a tensione. Nichi Vendola risponde con l’hashtag #lottistaisereno.
Accolta da un silenzio attento è la dichiarazione di Chiti: «Sta succedendo quello che temevo, siamo di fronte a una crisi e a un’impotenza, non c’è qui l’orgoglio di una battaglia ». Il senatore dem che con un gruppetto di dodici dissidenti si è battuto per il Senato elettivo, contestando la riforma del governo, premette: «Io, sia con il voto segreto sia con il voto palese, voterò per l’elezione diretta dei senatori, a suffragio universale. Quello che ci tutela sono le regole del nostro partito, di fatti io non sono stato deportato. Mi tutela la Costituzione e mi trovo bene nel mio partito ». È applaudito da quegli stessi che lo hanno contestato. Prima di una breve pausa serale il governo e la maggioranza si dicono soddisfatti: «La questione del Senato elettivo è stata archiviata». I voti segreti sulla tutela delle minoranze, che rappresentavano il cavallo di Troia per l’elettività dei nuovi senatori, sono stati infatti tutti esauriti. Felice Casson, i grillini, Sel, i leghisti contestano l’effettocanguro per le riforme costituzionali. «Non so dove andiamo, non so cosa stiamo facendo», ha un momento di sconforto Vito Crimi. Il forzista Sandro Bondi chiede la parola: «Mostriamo di essere un paese allo sfascio e di essere degli incapaci ». Si affacciano timori, momenti di verità: «Abbiamo superato questi scogli, ma tanto arriverà l’emendamento Candiani... ». È un trappolone in vista. Però il governo è convinto che ce la si possa fare, che le opposizioni dovranno giungere a più miti consigli. «Si chiude l’8 agosto? Dipende se le opposizioni smettono l’ostruzionismo... », ripete la ministra Boschi. Si va avanti a oltranza.