N.B.M., Il Messaggero 30/7/2014, 30 luglio 2014
L’UNITÀ CHIUDE: IL PD CI HA MOLLATO. MA RENZI: LA SALVEREMO
IL CASO
ROMA Nel giorno «di lutto» in cui l’Unità annuncia la fine delle pubblicazioni dal 1° di agosto, il giornale torna inconsapevolmente all’antico, a quell’editoriale del fondatore Antonio Gramsci dal titolo “La via maestra”. Era il 12 febbraio del ’24, la via maestra era il leninismo, ma l’Unità attuale la via maestra la sta ancora cercando. Gli attuali dirigenti ed editori la via non l’hanno trovata, ma il capro espiatorio sì, quello per loro è chiaro: è il Pd di Matteo Renzi. «E’ sorprendente che il Pd non sia riuscito a trovare una soluzione per l’Unità», il j’accuse dell’attuale direttore, Luca Landò. Duro anche il Cdr del giornale: «Fine della corsa. Dopo tre mesi di lotta ci sono riusciti, hanno ucciso l’Unità». Il risultato, pesante, è che un’ottantina di posti di lavoro sono a rischio, sicché il cdr annuncia che continuerà la lotta «guardandosi anche dal fuoco amico». La tesi non è nascosta tra le righe o sussurrata, no, è detta a chiare lettere, gridata quasi: l’Unità chiude perché il Pd l’ha mollata. «Stupisce l’assordante silenzio dell’attuale segretario del Pd», punta il dito Emanuele Macaluso, che dell’Unità è stato direttore. In realtà il premier, con i suoi, ha assicurato: «L’Unità non chiuderà. Non ho detto di puntare sul brand per chiudere una storia che è parte della memoria e del futuro della sinistra». E il tesoriere del Pd, il super-renziano Bonifazi: «Siamo impegnati al 100 per cento, noi riapriremo l’Unità».
LA STORIA
Questa è una storia che viene da lontano, in realtà. Come minimo da quando gli allora Ds decidono di non essere più gli azionisti di maggioranza del giornale che continua a rifarsi a Gramsci, con il tesoriere Ugo Sposetti che decide di affrontare il problema dell’enorme debito accumulato dal quotidiano (si parlava di 130 milioni) affidandosi ad alcuni imprenditori esterni o di area come Marialina Marcucci, Mazzini e altri. Data da allora la scissione del partito dalla proprietà vera e propria dell’Unità, pur rimanendone il riferimento politico ed editoriale. Non la scissione dal debito, però, il grosso fardello che il quotidiano continua a trascinarsi e che terrorizza ogni nuovo o possibile imprenditore che intenda cimentarsi. Ne è seguito un continuo turn over di azionisti, fino a Renato Soru gestione Veltroni; e fino all’ultima cordata, gestione Bersani, formata dagli attuali azionisti che rispondono al nome di Fago, il principale, di Mian, un imprenditore pisano ex proprietario del Pisa calcio, che ha fatto parlare di sé per avere intestato azioni al proprio cane Gunter. Imprenditori, questi ultimi, che sono entrati in rotta di collisione con un gruppo di altri volenterosi imprenditori milanesi che si sono detti pronti a rilevare l’Unità, con la redazione che non ha mosso obiezioni (a differenza della proposta a sorpresa della Santanché, considerata alla stregua di un’Opa blasfema), ma con Fago e soci che si sono messi di traverso.
LE PROSPETTIVE
La speranza della redazione, adesso, è che si tratti di una chiusura a tempo, come quella attuata dalla gestione Veltroni-Folena, che sospese il giornale per poi riaprirlo qualche mese dopo. C’è anche l’ipotesi di una fusione con Europa. «Il Pd sono sicuro troverà una strada, il Pd può aiutare l’Unità a ritrovarla», annuncia Paolo Gentiloni, ex ministro con il pallino dell’editoria, che aggiunge: «Matteo non è il problema, ma la soluzione».