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 2014  luglio 30 Mercoledì calendario

IL MISTERO COTTARELLI

Il magistrato Raffaele Cantone, classe 1963, dall’aprile scorso presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, è una delle buone notizie dell’Italia di Matteo Renzi. Napoletano, esprime il meglio di quella travagliata città. Nel nuovo ruolo ha esordito con la richiesta al prefetto di Milano (che l’ha accolta) di commissariare l’impresa Maltauro finita nelle indagini dell’Expo. Non era mai accaduto. Da qualche giorno si occupa delle aziende venete indagate per gli appalti del Mose.
La qualità dell’uomo e la sua determinazione (dimostrata quando, alla Direzione distrettuale antimafia, condusse le indagini contro il clan dei Casalesi) non sono l’unico motivo del suo successo, che dipende anche dalle norme che regolano la sua attività di contrasto alla corruzione. Innanzitutto il potere di proporre direttamente al prefetto il commissariamento di un’azienda. Inoltre, la possibilità di limitarlo ad un ramo dell’azienda, salvaguardando la normale operatività in altre aree non coinvolte nelle indagini. Questo è molto importante perché gli consente di intervenire anche su grandi aziende delle quali sarebbe più difficile chiedere e gestire un commissariamento totale.
Di fronte alla rapidità con cui si è mosso Cantone, ci si chiede a che punto sia il lavoro dell’altro commissario, Carlo Cottarelli, incaricato di individuare aree in cui ridurre la spesa pubblica, sprechi che spesso vanno a braccetto con la corruzione. Si pensi ad esempio alla sanità e a ciò che spesso si cela dietro le ampie differenze nei prezzi pagati da diversi ospedali per i medesimi strumenti. Da mesi non se ne sa più nulla. Le capacità della persona sono eccellenti. Forse che la sua scarsa incisività, per usare un eufemismo, dipenda dal fatto che i tagli sono una scelta politica? Neppure Cantone può commissariare un’azienda: può solo chiederlo al prefetto, il quale potrebbe negarlo, ma sarebbe obbligato a spiegare perché; nessuno impedisce a Cottarelli di rendere noto dove, come e quanto, secondo lui, si dovrebbe tagliare, mettendo il governo di fronte alla responsabilità di non farlo.
Burocrazia e sindacati stanno facendo una lotta nascosta alla riorganizzazione della pubblica amministrazione. Attraverso il Parlamento stanno cercando di smontare la riforma proposta dal governo. Sulla mobilità obbligatoria, ad esempio, il testo è stato emendato dalla Camera inserendovi eccezioni per le lavoratrici con figli sotto i tre anni, per le quali la mobilità diventa facoltativa. Si mantiene così una differenza di trattamento rispetto al settore privato. Ed è stato inserito l’obbligo di coinvolgere i sindacati nelle procedure di mobilità. Anche le retrocessioni a compiti e stipendi inferiori per gli statali in esubero che (anche qui diversamente dai lavoratori privati) hanno il privilegio di mantenere il posto di lavoro, sono state limitate ad un solo gradino, su 16, nella scala gerarchica. Delle otto sedi distaccate dei Tribunali amministrativi regionali che il governo vuole sopprimere ne sono state salvate 5, almeno fino al 2016.
E sui tagli alla spesa, dove in molti casi il governo potrebbe procedere senza il consenso del Parlamento, ancora nulla. Dottor Cottarelli, le chiediamo un po’ di coraggio! Il suo non è il lavoro di un burocrate. Le è stato chiesto di rientrare da Washington per fare proposte anche controverse. Il presidente del Consiglio si arrabbierà? Niente di male. Se non ha fiducia in lei meglio saperlo oggi che perdere altro tempo. E se possiamo dare un consiglio al premier Renzi, accorpi l’ufficio di Cottarelli all’Autorità presieduta da Cantone. Vedrà che le proposte di tagli alla spesa cominceranno a fioccare.