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 2014  luglio 29 Martedì calendario

LA RIVINCITA DEL PANDA “COSÌ TORNA A RIPRODURSI”

È da decenni il simbolo della natura indifesa e devastata dalla mano dell’uomo. Ma per il panda gigante potrebbe essere arrivato il momento del riscatto: quello in cui diventa simbolo del ritorno alla vita. Una ricerca pubblicata pochi giorni fa sulla rivista Molecular Biology and Evolution dimostra infatti che i programmi di riproduzione del panda in cattività stanno finalmente funzionando. Nel senso che non solo favoriscono la nascita di nuovi cuccioli, ma che questi cuccioli sono geneticamente distanti tra loro, cioè, al più, lontani cugini. Quindi potranno incrociarsi dando vita a nuove generazioni sane e adattabili che, negli anni, ripopoleranno i boschi della Cina.
Lo studio è stato condotto da un gruppo di ricercatori cinesi che ha prelevato il Dna di 240 panda giganti, cioè del 64 per cento di quelli che oggi vivono in cattività, scegliendoli tra gli ospiti dello zoo di Pechino e dei tre grandi centri cinesi per la riproduzione degli animali in via di estinzione: la riserva naturale di Wolong, il centro di ricerca di Chengdu e quello di Louguantai. L’analisi genetica ha dimostrato che il lavoro certosino degli scienziati che curano la riproduzione dei panda sta riuscendo a evitare gli incroci tra consanguinei e a far nascere nuovi esemplari geneticamente molto diversi tra loro. Un dato fondamentale, perché una popolazione con un’alta variabilità genetica (cioè in cui circolano molte varianti degli stessi geni) è più resistente alle malattie e più adattabile alle modificazioni ambientali. Ed è per questo l’obiettivo dei centri in cui si cerca di promuovere la riproduzione delle specie protette prima di reintrodurne nuovi esemplari in natura. Non solo: aver ottenuto questi risultati dimostra che non è necessaria la cattura di nuovi panda giganti tra quei 1596 che vivono ancora liberi nei boschi, e che lì resteranno in attesa del ritorno dei colleghi di città.
«È un dato positivo e interessante — commenta Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf — che getta luce su un problema presente in tutte le specie viventi, cioè quello tecnicamente definito inbreeding: l’incrocio tra individui imparentati tra loro». La debolezza dei figli di individui parenti può emergere con il passare delle generazioni e condurre all’estinzione. «E oggi coinvolge anche animali meno conosciuti del panda, come il ghepardo e il licaone», prosegue Bologna.
Il panda gigante, scientificamente Ailuropoda melanoleuca, cioè piede di gatto nero e bianco, è sotto osservazione più o meno dagli anni Sessanta. Cioè da quando si è capito che i motivi della sua vulnerabilità sono sostanzialmente due: l’impoverimento delle risorse naturali (in particolare, la perdita del bambù) e il bassissimo tasso di natalità. Le femmine, infatti, sono fertili solo pochi giorni all’anno e generalmente non partoriscono più di un cucciolo nel corso della vita. A peggiorare le cose, il fatto che i panda tendono a essere naturalmente consanguinei, perché vivono in gruppi di pochi individui. Ma la consanguineità è in aumento dato che oggi, con il disboscamento e l’espansione di città e autostrade, i panda non riescono più a spostarsi da una valle all’altra. «Per questo il Wwf sta, tra l’altro, costruendo corridoi naturali per il loro passaggio», spiega Bologna.
Comunque far riprodurre una coppia di panda è tutt’altro che facile e gli scienziati ce l’hanno messa tutta per vincere la naturale riluttanza di questo animale a impegnarsi nell’accoppiamento, dalla pornografia (a base di altri panda, ovviamente) all’impiego di viagra. Compresa la fecondazione artificiale, che oggi è ampiamente praticata. I risultati sono stati lenti ad arrivare, ma solo l’anno scorso il centro di Chengdu ha orgogliosamente mostrato alle telecamere i suoi quattordici nuovi cuccioli nati tra giugno e settembre 2013. Cuccioli su cui adesso si concentrano le speranze di ripopolare i boschi cinesi e di scongiurare definitivamente la scomparsa della specie.
Silvia Bencivelli, la Repubblica 29/7/2014