Alessio Schiesari, il Fatto Quotidiano 29/7/2014, 29 luglio 2014
LO STUPEFACENTE RIIS CORREVA PIÙ DI NIBALI
Dagli addetti ai lavori è considerata la tappa del Tour de France più ‘stupefacente’ di sempre: salita dell’Hautacam, anno 1996. Il danese Bjarne Riis brucia tutti: Virenque, Ullrich, Indurain. Sembra un alieno, sempre in piedi sui pedali a macinare rapporti lunghissimi. Quell’impresa, si scoprirà più tardi, era dovuta al talento non del danese ma dei medici della Deutsche Telekom, che avevano portato il suo ematocrito al 64%.
Sulla stessa salita, diciotto anni dopo, Vincenzo Nibali ha messo una mattone importante per portare fino a Parigi la maglia gialla. Il sito internet Chronowatts.com ha comparato i dati del siciliano con quelli di tutti gli altri corridori che hanno scalato l’Hautacam (una salita presente cinque volte nel percorso della Grande Boucle), Riis compreso. Il tempo con cui il siciliano ha staccato tutti (37’25”) è solo il 26imo nella classifica storica. Il migliore, manco a dirlo, è quello di Riis: un assurdo (34’40”). Non per niente la chiamano l’epoca dell’Epo. Nel 1996 Nibali sarebbe arrivato solo 13imo, due anni prima, addirittura 14imo. Leblanc (secondo tempo generale) e Indurain (terzo) completano il podio dei cronometri alieni. Settimo c’è Pantani, nono Ullrich. Nelle altre due edizioni prima di quella di quest’anno – 2000 e 2008 – solo Armstrong ha fatto meglio del siciliano (1’05” in meno), e tutti sappiamo perché.
Comparare i tempi delle scalate in epoche diverse non è un’innovazione. Esperti di tutto il mondo lo fanno ad ogni corsa importante. L’Hautacam però è una salita diversa, se non altro per ricorsi storici. Forse perché porta fino quasi a Lourdes, può considerarsi l’ascesa dei miracoli. Medici però, non sportivi. Tutti quelli che prima del messinese sono arrivati in cima con le braccia alzate, poi hanno subìto cadute rovinose: è successo quattro volte in cinque edizioni (la quinta è quella che si è appena conclusa). Il caso Riis è il più eclatante: quella vittoria fu il sigillo sul suo Tour, ma 11 anni dopo ammise di avere fatto uso di doping. Il calendario è importante: il tempo di prescrizione per gli illeciti è di 10 anni, per questo Riis conserva ancora oggi quella ‘gialla’. Luc Leblanc, che due anni prima di Riis aveva bruciato all’arrivo Indurain, dopo il ritiro ammise di avere assunto Epo. Nel 2008, Leonardo Piepoli a 37 anni compie un’impresa straordinaria. Il tempo che impiega per vincere è più o meno lo stesso di Nibali (7” in più), ma è molto più alto (1’55”) di quello fatto registrare dallo stesso Piepoli nel magico (per i medici sportivi) 1996. Il giorno dopo però viene chiamato per un controllo antidoping e risulta positivo (la pozione magica non si chiama più Epo, ma Cera) e chiude la carriera nell’ignominia. L’unica (semi)eccezione è il 2000. Il tempo migliore sull’ultima salita è quello di Lance Armstrong. L’americano arriva secondo al traguardo, ma la maledizione dell’Hautacam colpisce anche il vincitore di tappa, Javier Otxoa, protagonista di un’epica fuga. La sua è una storia diversa: fatale allo spagnolo non è un controllo antidoping, ma l’incidente che lo manda in coma l’anno successivo. Vincerà ancora una medaglia d’oro, ma ai paralimpici.
Non basta però un tempo inferiore a quello degli anni della flebo allegra per certificare che una vittoria è pulita. I fattori in gioco sono tanti (valore degli avversari, condizioni meteo, evoluzione tecnologica delle bici, posizione della tappa all’interno del Tour – quest’anno i Pirenei si sono corsi dopo le Alpi), ma è un indicatore importante. Alcuni (una parte della stampa francese, ad esempio) obiettano che sul Pla d’Adet Nibali è andato più forte di Ivan Basso e quasi come Lance Armstrong nel 2005. Ma forse il peggio è alle spalle. Lo pensa così anche Danilo Palmucci, 53 mondiali di triathlon disputati e una pluriennale lotta contro gli ‘aiutini’: “Finalmente un Tour bellissimo, perché vero. I tempi parlano chiaro, il ciclismo non è più malato, non come prima almeno. Gli organizzatori hanno intrapreso una sfida che nessun altro Paese e in nessun altro sport era mai stata fatta. Hanno vinto anche loro”.
Alessio Schiesari, il Fatto Quotidiano 29/7/2014