Vittorio Sabadin, La Stampa 29/7/2014, 29 luglio 2014
LE SCUSE SONO FINITE ORA NON PUOI PIÙ RIMANDARE
Uno studio inglese ha confermato quello che già si capiva guardandosi intorno: in media, una persona su quattro pensa che il modo migliore per affrontare i problemi più spinosi sia quello di rinviarli. Immemori dei danni che i temporeggiatori hanno fatto nel corso della storia, sempre più persone posticipano tutto quello che non è legato a una scadenza precisa, cercando una giustificazione nella propria sempre più caotica vita quotidiana.
A volte, rinviare funziona: problemi che sembravano importantissimi, lasciati a decantare per qualche giorno, perdono il loro aspetto minaccioso. Ma nella maggior parte dei casi prendere tempo aggrava il problema e rende più complesse situazioni che si potevano risolvere facilmente al momento giusto.
Fiona Harrold, esperta di strategie e di comportamento nel business, sostiene che i temporeggiatori sono in genere «perfezionisti, che ritengono di non saper svolgere un’attività al meglio delle loro aspettative e per questo trovano in continuazione scuse per rinviarla sempre». Ma ognuno di noi, nella vita quotidiana, si scopre sempre più spesso a pensare che, se non c’è una scadenza, ogni cosa può essere rinviata: dallo svuotare la lavapiatti al mettere in ordine un cassetto o una stanza.
Secondo Catherine Ostler, una scrittrice che ha descritto la sua patologica tendenza al rinvio sul «Daily Mail», la colpa è anche delle mille distrazioni alle quali siamo quotidianamente sottoposti. Non solo gli impegni aumentano, ma tablet, computer e smartphone riescono a non farci sentire mai soli e a trovare continuamente qualcosa da farci fare che sembra molto più interessante di qualunque altra noiosa incombenza.
Gli esperti della materia sono dunque al lavoro per convincere un esercito crescente di temporeggiatori a cambiare abitudini. Poiché tendiamo a rinviare i problemi che non hanno una scadenza, la prima regola è quella di crearsi un elenco di cose da fare, stabilendo per ognuna un termine preciso. Bisogna poi ritagliarsi il tempo necessario, magari spezzettandolo. Fiona Harrold suggerisce di impegnarsi a fare qualcosa per un certo periodo, ad esempio 15 minuti, e poi fare una pausa. La regola base in fatto di tempo, comunque, è che tutto quello che richiede meno di due minuti andrebbe fatto subito: 120 secondi non sopportano scuse. Per gli impegni più gravosi e sgradevoli un buon sistema è anche quello di stabilire una gratificante ricompensa per se stessi: un cibo proibito, un bicchiere di vino, un oggetto che si desiderava comprare.
Per affrontare di petto le incombenze è però necessario liberarsi da qualunque distrazione: la tv accesa, un libro o un settimanale lasciati aperti sul tavolo, telefoni e computer sono una tentazione continua, alla quale si cede facilmente, quando non si ha voglia di fare qualcosa. Se si deve affrontare un problema che richiede una soluzione nel tempo (ad esempio dimagrire, smettere di fumare), è meglio poi comunicare agli amici che si è presa la decisione di procedere: il rischio di perdere la faccia è sempre un ottimo stimolo per andare avanti.
Ai perfezionisti, quelli che sono più inclini a rinviare ogni cosa per paura di farla male, viene dato un consiglio: non misurarsi più con gli altri, perché ci sarà sempre qualcuno più bravo di te, ma fare paragoni solo con se stessi, valutando i miglioramenti compiuti di volta in volta. Procrastinare non è mai la soluzione che produce i migliori risultati, e bisogna sempre pensare alle conseguenze di quello che non si fa. Ma nessuno degli esperti si fa illusioni: la predisposizione al rinvio è una caratteristica delle società moderne evolute e tenderà ad aumentare. In fondo, persino la decisione di non rinviare più nulla può essere facilmente rinviata.
Vittorio Sabadin, La Stampa 29/7/2014