Silvia Ragusa, Pagina99 26/7/2014, 26 luglio 2014
LA FAMIGLIA CHE FA TREMARE IL CONTINENTE. ASCESA E CADUTA DEGLI ESPIRITO SANTO
Ha gli occhi chiari, ma di un colore indefinito. Tendono al verde o forse al color miele. Di certo non sono blu, come il mare che tanto gli è caro. Adesso poi, dopo il tonfo in Borsa che ha scosso tutta l’Eurozona, alcuni dicono si siano ingrigiti. Ricardo Espirito Santo Salgado, 70 anni, sposato, padre di figli già ben cresciuti, è il prodotto di una scuola di banchieri che hanno fatto la storia del Portogallo. Lui, il Dono Disto Tudo (il proprietario di tutto), da 22 anni ha mosso le fila degli affari di famiglia, con succursali dall’Angola al Brasile, passando per il Mozambico, dal Lussemburgo a New York.
Nel giro di poche settimane, la sua banca ha perso la metà del valore e le sue imprese oltre il 70 per cento. L’immagine di fiducia del Banco Espirito Santo (Bes) è crollata come un castello di carte. E Salgado è stato licenziato dal governatore della Banca del Portogallo per gli scandali finanziari nei quali è coinvolto e per evitare che contagino l’istituto privato più potente di Lisbona. Un buco da 7 miliardi di debiti nel cuore della holding di famiglia è ricaduto sul Banco Espirito Santo, sospeso alla Borsa di Lisbona, dopo un crollo di 17 punti. E ha investito i titoli decennali del Paese, proprio quando il Portogallo, uscito dal piano di salvataggio della Troika, rientrava in gioco sui mercati.
Ma tant’è. Salgado non parla e non si lascia vedere in pubblico. L’ultimo banchiere della saga degli Espirito Santo non ama la vanità. Fugge dalle località più in voga, nonostante dal nonno Ricardo, considerato il re dei banchieri, abbia ereditato più che un nome. Quando era solo un bambino aveva già stretto la mano al duca di Windsor, al conte di Parigi con famiglia al seguito, al conte di Barcellona, padre del fu re di Spagna don Juan Carlos. Perfino al re Umberto d’Italia. Tutti ospiti della dimora di famiglia. Dal nonno ha anche ereditato il gusto per le arti nobili, come la pittura moderna e l’amore per i libri antichi.
Per intenderci, Salgado rappresenta la quarta generazione degli Espirito Spirito e, ad eccezione del fondatore, è quello che è rimasto più tempo alla guida della banca, nata nel 1869. Per due decenni ha sempre avuto l’appoggio di cinque rami dinastici, perfino quello di Maria do Carmo Moniz Galvào, l’unica donna del gruppo e la più ricca del Portogallo. Anche lei - vizio di famiglia -, fugge dai fotografi e dalle feste di gala. L’unica passione conosciuta sono le automobili d’alta gamma. E le riunioni del piccolo Bilderberg lusitano.
Da qualche mese però il gruppo si è spaccato. Il cugino José Maria Ricciardi, "lo snob", ha sfidato l’elegante Salgado, osando contendergli il posto. Così i due cugini, cresciuti nella stessa via della città di Cascais, gli stessi che giocavano nella stessa casa mentre le madri oziavano dandosi al bridge, non si parlano e non si siedono più nemmeno allo stesso tavolo.
E pensare che cento anni addietro, vicino a quella strada, nasceva José Maria Espirito Santo Silva. Da un figlio senza padre né madre cominciava la storia di una delle più potenti famiglie finanziarie del mondo: acquisto e vendita di biglietti della lotteria, all’epoca quasi tutta spagnola. Quando morì, a 65 anni, il capostipite lasciava cinque figli, tra cui tre maschi alla direzione della banca fino al 1973. Scesa a patti con qualsiasi forma di governo, dal regime nazista al dittatore Salazar, con la rivoluzione dei garofani, nel 1974, parte della famiglia finisce in carcere. E la banca, l’assicurazione, le imprese, gli interessi petroliferi e alimentari passano in mano allo Stato. Furono le ampie relazioni e i contatti cosmopoliti - dai Rockfeller fino agli Agnelli – ad aiutare gli Espirito Santo a rimettersi in carreggiata, creando una holding con sede in Lussemburgo, la società che nel 1984 ha dato origine alla Espirito Santo Financial Group (Esfg).
Cinque anni dopo erano rientrati in Portogallo e si erano ripresi la banca, grazie all’aiuto della Crédit Agricole, espandendo i loro affari in mezzo mondo. Una serie di filiali sparsi per i continenti e una società a catena: il Bes, controllato per il 25 per cento dal Esfg, a sua volta controllato dalla holding Rioforte, interamente posseduta dalla Esi, la Espirito Santo International, con a capo la famiglia.
È suppergiù al vertice che adesso i conti non tornano: dopo le irregolarità scoperte in Lussemburgo nella controllata Esi, pare che l’esposizione del banco nazionale al Bes Angola ammonti almeno a 3 miliardi di euro, una cifra di gran lunga superiore a quella dichiarata. A cascata tutto il resto. Il default di Rioforte è già ufficiale. E l’insolvenza rischia di contaminare molte grandi aziende portoghesi, alcune pure quotate in Borsa: tre istituti finanziari, tra cui la statale Caixa Geral de Depósitos , la Portugal Telecom, a sua volta alle prese con la fusione col brasiliano Grupo Oi, e altre società, molte delle quali sostengono il settore della sanità, del turismo e delle costruzioni del Portogallo. Mentre l’autorità di vigilanza dei mercati nazionale ha prorogato il divieto di vendite allo scoperto sul titolo Bes, Salgado esce di scena. Il presidente del Banco del Portogallo, Carlos Costa, lo ha già rimpiazzato con Vitor Bento, senza nemmeno aspettare l’assemblea generale prevista per il 31 luglio. Ricardo Espirito Santo Salgado riceverà una pensione annuale di 900 mila euro. Secondo alcuni, una misera uscita per l’ultimo banchiere della famiglia più potente di Lisbona.