Giovanni Sabato, Mente & Cervello 8/2014, 29 luglio 2014
ANSIA DA GAMBERO
Anche gli invertebrati provano ansia. Pascal Fossat e Daniel Cattaert, all’Università di Bordeaux, la hanno indotta in un crostaceo di fiume, il gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii). Quando vengono introdotti in un nuovo acquario, i gamberi prediligono restare per lo più rintanati nell’ombra, e solo ogni tanto vanno a esplorare le zone in luce. Se però vengono stressati con lievi ma ripetute scosse elettriche, per un certo periodo di tempo smettono o quasi di avventurarsi nelle aree luminose, come timorosi di quel che potrebbe succedere. Il tutto è controllato da un circuito ritenuto omologo all’asse ipotalamo-ipofisario dei vertebrati, che nel gambero è regolato dalla serotonina: basta infatti iniettare serotonina negli animali per renderli ansiosi anche senza aver indotto in loro esperienze stressanti.
Se invece dopo le scosse ricevono un ansiolitico, il clordiazepossido – una benzodiazepina, che agisce su vie neurochimiche diverse – riprendono a esplorare l’ambiente.
«Comportamenti d’ansia erano stati osservati soltanto nei vertebrati. Ora abbiamo dimostrato che anche il gambero mostra una reazione ansiosa alle minacce, simile alla nostra nei comportamenti basilari e nelle vie biochimiche. È una risposta più complessa del semplice spavento per evitare un pericolo presente: è una cosiddetta emozione secondaria, che permane anche quando lo stimolo diretto è passato, per prevenire rischi futuri. Anche questa emozione umana – osserva Cattaert su «Science» – discende quindi da meccanismi evolutivi molto antichi, da una sorta di ansia ancestrale».
Giovanni Sabato