Natalia Aspesi, Il Venerdì 25/07/2014, 25 luglio 2014
A QUASI 50 ANNI RESTO FRUTTO NON COLTO. IN TUTTA FIEREZZA
Come la mela rosseggia in cima al ramo più in cima. Il «come» del verso chiama in causa una donna simbolo che rappresenta tutte quelle donne che si possono identificare con quella mela. Se si trovano lassù, immagino, non è perché preferiscono starsene in di sparte o perché sono indifferenti, immobili, lontane e magari anche un po’ snob, ma perché qualcuno, maschio o femmina, non fa differenza, non è stato così bravo, credibile o convincente da riuscire a conquistarle. E così sono rimaste, non per loro colpa, anzi per scelta precisa e senza ripensamenti a rosseggiare in cima al ramo più in cima. «Se ne dimenticarono i raccoglitori? No non se ne dimenticarono. Non poterono arrivarci».
Questa è la conclusione, bellissima come un incantesimo, dei pochi, spogli versi di Saffo. Io non oso paragonarmi a quella mela, al fascino di quel colore nel cielo di un albero, all’emozione di una posizione quasi regale. Non oso paragonarmi? La verità è che ho quasi timore ad intromettermi in quella concisa bellezza di immagini e di significati, ma mi riconosco in questa rappresentazione di valori per niente immaginifici o astratti, una rappresentazione piena di luce, di colore e di verità. Per il resto non ho rimpianti. Ho amici, amiche, una vita piena di interessi, un lavoro amato, ho un carattere dolce e deciso, ho un amico di una quieta piacevolezza, ma la cosa non mi fa né caldo né freddo. Se mi trovo ancora, a quasi cinquant’anni, in cima al ramo più in cima, non è perché cerchi la perfezione dell’amore o più semplicemente la luna, non è perché lì abbia posto il mio amore irraggiungibile o il mio rifugio per una vita appartata o magari sdegnosa. Guardo piuttosto a cose terra terra, a cose normali che siano dote da portare e ricevere: i valori da individuare, da condividere, la propensione alla semplicità, alla trasparenza, al rispetto. E poi l’assenza di ogni forma di espressione e di comportamento, che confini con la superficialità, la banalità. Sai quanti sono pronti ad accendere fuochi d’artificio verbali per indurti a un incontro ai piedi dell’albero, che porti però sbrigativamente a letto? Non fa per me.
Le attese dell’amore, l’infinita pietra su pietra dell’amore, ovvero la sua pazienza/ impazienza, le delusioni dell’amore, le contraddizioni dell’amore. Ho pizzicato alcune di queste corde ma vorrei averle tutte comunque, salvando però la dignità fiera e la bellezza di essere donna anche se in cima.
Massimiliana – Campoformido (Udine)
La sua bella lettera un po’ mi rattrista: lei non cerca, aspetta, ma è così bello anche venirsi incontro, tendersi la mano, osare. Può darsi che io non abbia capito, ma mi pare che lei abbia dell’amore un’idea quasi adolescenziale. Certo l’amore può essere come lo immagina lei, ma anche diverso, meno idilliaco, e, mi scusi, meno soppesato, meno scrutato, oso persino dire, meno banale. Andare a letto con qualcuno non deve essere per forza la meta alla fine di un cammino, ma un improvviso desiderio, un caso, un’opportunità, anche una facile reciproca seduzione se non addirittura un passatempo: poi è come se non fosse successo niente, estranei come prima ma spesso è la sconosciuta scintilla, l’imprevisto fuoco, l’errore che porta a un’inimmaginata felicità, scoperta, inizio di un cammino insieme, cominciando da quella che lei considera la conclusione. Lei ha quasi 50 anni e non posso pensare che se ne sia sempre stata sul più alto dei rami, mi perdoni il paragone, come la principessa sul pisello o Turandot comprabile con la soluzione degli indovinelli. Avrà avuto i suoi amori e le sue delusioni, ma la vita è così: lei cerca semplicità, rispetto, trasparenza, contro ogni banalità e superficialità: ma da lassù, dove forse i meglio non osano raggiungerla, proprio per rispetto della sua lontananza ma anche timore di essere per lei troppo semplici, o addirittura banali naturalmente senza esserlo, è lei che deve scendere, non aspettarsi di essere raggiunta dopo una lunga difficile scalata.