Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  luglio 29 Martedì calendario

SCIOPERI, DEBITI, ASSUNZIONI NEI TEATRI VA IN SCENA IL CRAC


La notizia della possibile liquidazione dell’Opera di Roma è solo la punta dell’iceberg del sistema Fondazioni/Teatri che incassa fondi pubblici a pioggia da sempre, ha debiti grandi come voragini e gestioni fallimentari in tutto il Belpaese. Fiori all’occhiello della cultura italiana e contemporaneamente delle politiche colabrodo dello Stato, le fondazioni sono in tutto 13, più l’Accademia di Santa Cecilia. Hanno incassato negli ultimi 7 anni ben 1 miliardo e 230 milioni di euro solo dallo Stato con il Fus, fondo unico per lo spettacolo, a cui vanno aggiunte altre erogazioni ministeriali più quelle degli enti locali. Leggendo i bilanci depositati ammonta invece a circa 360 milioni di euro il cumulo dei loro debiti. I 47 milioni di passivo della Scala di Milano, i 43 del San Carlo di Napoli come i 37 del Maggio fiorentino sono l’evidenza di gestioni al collasso. Ma a questi va aggiunto un complessivo crollo del già magro numero di spettatori (100mila ingressi in meno nel 2013, solo nella lirica con il totale di 1 milione 369 mila spettatori) e del numero di recite, facendo diventare l’Italia quinta nella classifica mondiale dopo Germania, Usa, Austria e Francia...noi che l’Opera l’abbiamo inventata!
Il sostegno pubblico al settore è in media più dell’88% delle contribuzioni. E resta un miraggio la possibilità per le fondazioni di creare attivi e crescita economica al di là della montagna di debiti. L’allarme, lanciato sui bilanci già del 2010 dalla Corte dei Conti che fotografava un debito di 349 milioni di euro, non ha ottenuto risultati se non un aumento del debito e la legge Bray, detta anche Valore-cultura, voluta dal governo Letta, che nelle intenzioni doveva salvare il settore. Il provvedimento chiede alle Fondazioni in difficoltà di avere i bilanci in pareggio per almeno 3 anni consecutivi pena la non erogazione dei fondi (altri 25mln nel 2013 e 75mln nel 2014) e la conseguente messa in liquidazione dei Teatri.
Ma mentre alcune strutture (Bologna, Cagliari, Genova, Napoli, Palermo, S.Cecilia Roma, Torino) hanno tentanto di ridurre un po’ il deficit, altre (Firenze, Milano, Opera Roma, Trieste, Venezia, Verona) lo hanno addirittura fatto crescere. Tutte le Fondazioni anche se formalmente in pareggio di bilancio, sembrano solo spostare il debito a chi verrà dopo di loro. Le politiche del ministro Franceschini sembrano in totale continuità con il passato e senza grandi risultati nonostante la nomina di un Commissario nazionale ad hoc, Francesco Pinelli. Se guardiamo gli stipend di dirigenti e personale non è difficile capire come il debito si sia creato. Dal 2010 al 2013 il numero di dipendenti è addirittura cresciuto dai 5560 ai 5695! E sapendo che il personale pesa per il 70 percento sui bilanci di ogni Fondazione il risultato è presto fatto. Per non parlare dei dirigenti.
«Che bel vivere, che bel piacere, per un barbiere di qualità... ah no scusate sono il Sovrintendente della Scala di Milano» potrebbe cantare oggi Il Figaro visto lo stipendio decennale da 1 milione di euro annui del Sovrintendente, ormai dimissionario, della Scala di Milano, Stephane Lissner: retribuzione fissa 507 mila euro annui, 155 mila euro in più per raggiungimento obiettivi, affitto pagato dell’appartamento esclusivo da 85 mila euro in centro, il Tfr, la quota Inps, l’auto blu con autista personale, carta di credito e spese di rappresentanza che nessuno sa quantificare e altri oneri. Figura di sicuro competente ma con un onorario fuori dal comune a cui seguono altri 11 dirigenti lautamente remunerati. Un arcipelago composito quello dei dirigenti delle fondazioni: dalla ex sovrintendente del Maggio Fiorentino, Francesca Colombo, voluta dal premier Matteo Renzi, quando era sindaco, con 247 mila euro annui di stipendio al perito agrario Francesco Girondini che sovrintende l’Arena di Verona con circa 250 mila euro più altro stipendio da l’Arena Extra (società privata che gestisce per l’ente la musica leggera) fino a Carlo Fuortes dell’Opera di Roma con i soli 13.000 euro annui più altri 270 mila per altro incarico dell’Ente. «Non c’è sovrintendente nella storia d’Italia che non sia arrivato lì per indicazione politica e solo per quello, altro che competenza!» ci dice il segretario del sindacato Fials dei lavoratori delle Fondazioni Enrico Sciarra. «Ci sono esuberi del personale ma veniamo da decenni di direzioni di incompetenti, tranne rarissimi casi, con politiche disastrose. Chi darebbe 40 milioni di euro l’anno a chi non ha mai fatto quel lavoro? Solo in Italia succede», commenta.