Gloria Satta, Il Messaggero 27/07/2014, 27 luglio 2014
«MASSACRI SENZA TREGUA NON ABBIAMO IMPARATO»
[Intervista a Francesco Rosi] –
«Non abbiamo imparato niente», sospira Francesco Rosi. «La carneficina avvenuta tra il 1914 e il 1918 non ha impedito al mondo di capire quanto le guerre siano assurde, crudeli e insensate. I massacri continuano senza tregua e attraverso i mezzi d’informazione entrano ogni giorno nelle nostre case».
Il maestro compirà 92 anni a novembre ma ha la memoria lucida, la forza morale sempre vigile e la capacità d’indignazione intatta. Nel 1970 dedicò alla Grande Guerra un memorabile film, Uomini contro, liberamente ispirato al romanzo di Emilio Lussu Un anno sull’altipiano: una denuncia spietata e spettacolare della retorica militarista e dei massacri compiuti all’ombra della bandiera in un conflitto che di fatto fu una strage di poveri e sfruttati.
Sceneggiato da Rosi con Tonino Guerra e Raffaele La Capria, interpretato da un grande cast (Gian Maria Volonté, Alain Cuny, Franco Graziosi, Mark Frechette, Pier Paolo Capponi), il film è ambientato nelle trincee dell’Altopiano di Asiago dove si combatté tra il 1916 e il 1917 e illustra la disumana incompetenza degli altri comandi militari, l’inadeguatezza di certi armamenti, il ridicolo degli ordini, l’orrore delle decimazioni.
Perché volle girare quel film?
«Ero rimasto impressionato dal bellissimo romanzo di Lussu e avevo ascoltato i racconti di mio padre e dei miei zii che nelle trincee avevano combattuto. Sono cresciuto con quelle storie di orrore insensato, mentre dentro di me montava il senso di ribellione. Volevo capire, saperne di più, denunciare... l’ho capito da ragazzo: la guerra non è altro che un cumulo di assurdità».
La più grande per quanto riguarda il ’14-18?
«L’aver mandato a morire milioni di innocenti. La trincea era l’anticamera certa della morte. Quando i capi spedivano i soldati all’assalto, sapevano che sarebbero stati falciati dalle mitragliatrici nemiche per poi finire nel mucchio dei cadaveri. Non potevo starmene zitto, queste cose dovevo dirle».
Fu facile realizzare il film?
«Nemmeno per sogno. Prima che entrassero nel progetto Luciano Perugia e Marina Cicogna, molti produttori avevano avuto paura. Fummo costretti a girare in Jugoslavia. Io, pur di fare il film, lavorai gratis».
Gli attori condividevano il suo pacifismo?
«Totalmente. Volonté è stato un meraviglioso tenente Ottolenghi, il militare socialista che in diverse occasioni si oppone agli ordini inutilmente punitivi dei superiori. Alain Cuny interpretava l’incompetente e vanaglorioso generale Leone. Mark Frechette, che presi dopo averlo visto in Zabriskie Point di Antonioni, aveva il ruolo del sottotenente Sassu testimone della follia della guerra».
È vero che lei ebbe dei guai giudiziari?
«Venni denunciato per vilipendio dell’esercito, ma fui assolto in istruttoria. Il film fu boicottato in ogni modo, venne perfino tolto dalle sale con la scusa che erano arrivate telefonate minatorie».
E il pubblico come reagì?
«Bene, la gente ha sempre avuto fame di verità. Apprezzò il film, voleva sapere perché furono mandati al massacro milioni di innocenti».
Uomini contro andò anche a Venezia...
«Partecipò alla Mostra nel 1970, l’anno in cui la contestazione aveva abolito i premi. E la platea si divise tra gli antimilitaristi, entusiasti del film, e quelli che ci accusarono di faziosità».
I giovani, oggi, cosa sanno della Grande Guerra?
«Molto poco, purtroppo. Ed è per questo che Uomini contro andrebbe mostrato nelle scuole ma, al di là dell’iniziativa personale di qualche professore consapevole o sensibile, non è mai stato messo in programma. E se vuole proprio saperlo, in questo anno di celebrazioni per il centenario del conflitto, il mio film non è stato trasmesso dalla tv e tantomeno citato. La cosa mi rattrista, anzi m’indigna proprio».
Andrà in vacanza, maestro?
«Raggiungerò in campagna mia figlia Carolina per qualche giorno. Ma a forza di accendere la tv e assistere alla quotidiana strage di innocenti, ho perso la voglia di svagarmi. Il mondo è stupido, gliel’ho detto, e la lezione della Grande Guerra non l’ha ancora imparata».